TRASFORMISMO, PERSONALIZZAZIONE, DEMOCRAZIA RECITATIVA

di Franco Astengo |

I fatti di Bari, legati alla “questione morale”, colpiscono al cuore l’ipotesi di una nuova alleanza democratica capace di opporsi alla pericolosa ventata di destra in atto nel nostro Paese e sul piano europeo che nella nostra fattispecie punta a demolire la Costituzione e la forma di governo repubblicana.

Ancora una volta è necessaria una riflessione di fondo che investa l’analisi delle cause profonde di questi fenomeni purtroppo emergenti.

Proviamo ad elencare alcune possibili elementi di dibattito:

1) La trasformazione della “forma – partito” da quella “ad integrazione di massa” via via verso il “catch all party”, il “partito azienda” fino al “partito personale” in un quadro di mutamento del concetto stesso di democrazia passata da “rappresentativa” a “del pubblico” contrabbandando una formula deviata di “democrazia diretta” che avrebbe dovuto essere esercitata quasi esclusivamente attraverso il web (su questo punto però stiamo registrando rilevanti passi all’indietro). In questa situazione il PD appare incapace di porre un filtro e sicuramente non appare sufficiente il radical-movimentismo della segreteria Schlein eccessivamente votata – è il caso di dirlo – all’esercizio della “democrazia recitativa”;

2) E’ stata del tutto sottovalutata la costante diminuzione nella partecipazione elettorale frutto diretto di una profonda crisi nel rapporto tra vita civile e vita politica. Questo elemento è quello che consente facili infiltrazioni di gruppi organizzati che fanno della proiezione istituzionale dell’agire politico il luogo del tornaconto di clan dediti ad affari e all’esclusiva detenzione del potere. Una crisi causata da fattori molto complessi primo fra tutti quello di aver introiettato a suo tempo il concetto di “fine della storia” con relativa adozione del “pensiero Unico” proclamando la “fine delle ideologie” a vantaggio della ventata qualunquista;

3) I costanti tentativi di spostare l’asse di riferimento iscritto nella Costituzione della “centralità del Parlamento” e delle altre assemblee elettive verso una “governabilità” ottenuta attraverso vere e proprie forzature di restringimento dell’agibilità della rappresentanza politica. La riflessione in questo senso deve comprendere, oltre ai diversi meccanismi della formula elettorale, anche quelli dell’elezione diretta (in particolare dei presidenti di Regione) posta in rapporto al fattore di personalizzazione della politica e del già citato esercizio della “democrazia recitativa” (elementi che allentano di molto i filtri invitando oggettivamente i candidati a imbarcare nelle loro fila quanti si pongano ” a disposizione” senza provvedere a valutazioni di merito ma soltanto perché disponibili a offrire pacchetti di voti).

4) Sicuramente non hanno aiutato a considerare come valore la moralità della vita pubblica operazioni trasformistiche di rilevanti dimensioni quali il mutamento di finalità e di denominazione della Lega passata dalla posizione separatista a quella nazionalista con vocazione sovranista e la mutazione (che in altri tempi sarebbe stata definita “genetica”) del M5S passato tranquillamente dall’antipolitica al ministerialismo al pretendere l’egemonia di un ipotetico polo progressista. Ancora una volta debbono essere considerati, almeno dal nostro punto di vista, anche gli effetti concreti di una “vocazione maggioritaria” esercitata, in particolare nelle situazioni locali, esclusivamente dal punto di vista della detenzione del potere magari fortemente venata di dimensioni populiste.

5) Naturalmente non si può dimenticare che il trasformismo è stata componente vitale del sistema politico italiano ancora in precedenza all’Unità d’Italia se prendiamo come riferimento il connubio Cavour – Rattazzi nel parlamento subalpino. Le ragioni che si sono tentate di esporre in questo testo risalgono ai fattori emersi nel post “Repubblica dei Partiti” (da Pietro Scoppola) che hanno reso del tutto inedita la situazione attuale. Uno stato di cose in atto ben meritevole di grande attenzione proprio nel momento in cui in fondo al tunnel della scarsa partecipazione e della proposta di sottolineatura istituzionale del personalismo potrebbe esserci l’ipotesi di una “democratura” autoritaria (una sorta di salazarismo di ritorno con il mantenimento di una sorta pluralismo di facciata, appunto esercitato nel solco di quella “democrazia recitativa” di cui appaiono maestri nell’esercizio diversi presidenti di Regione camuffati da “governatori”).