LUCE E GAS COSTI INSOSTENIBILI, DALLA CAMPAGNA ELETTORALE NESSUNA PROPOSTA CONCRETA

di Silvano Veronese – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI |

Due flagelli – tra loro collegati – stanno incendiando la situazione economica delle famiglie e delle imprese sia industriali che commerciali: l’inflazione e il costo, in particolare, del gas e –per trascinamento – dell’energia elettrica.
La prima sta raggiungendo i livelli del 1983 e la stessa irrefrenabilità della sua dinamica che datava da qualche anno prima. Nel 1980, infatti, con il governo Cossiga l’inflazione era arrivata al 21,2 % e poco erano riusciti a fare i successivi governi Forlani, Spadolini e Fanfani che, alla sua conclusione registrava l’inflazione al 14,7 %.

Non solo questo andamento dei prezzi all’ingrosso e al minuto taglieggiava il valore reale di salari e stipendi, ma concorreva ad un forte e grave aumento del debito pubblico per l’alto costo per lo Stato dei titoli pubblici che, per essere piazzati nel mercato, dovevano garantire un tasso di interesse almeno pari all’inflazione.
Una situazione che rischia ora di ripetersi nel duplice aspetto di gravità per i bilanci delle famiglie e delle aziende, oltre che per quello dello Stato italiano, il quale – data questa situazione e la permanenza di alcune sue fragilità – rischia le conseguenze negative di manovre speculative di attori dei mercati finanziari.

Alla fine del 1983, il governo Craxi che aveva ereditato ad agosto le consegne dal precedente governo Fanfani, decise l’avvio di una energica strategia d’urto, da concertare con le parti sociali, di abbassamento e di rigoroso controllo dell’inflazione, accompagnato da misure riguardanti il FISCO, i PREZZI e le TARIFFE, le POLITICHE INDUSTRIALI e del TERZIARIO, il MEZZOGIORNO, il SOSTEGNO ALL’OCCUPAZIONE, l’istituzione di un Fondo di SOLIDARIETA’, misure a sostegno dei SETTORI PRODUTTIVI e delle aree a sviluppo ritardato, oltre che all’avvio di una POLITICA DEI REDDITI che, oltre a prezzi e tariffe, rendesse coerente la dinamica della parte delle retribuzioni collegata alla scala mobile all’andamento programmato dell’inflazione.

Cuore, per l’appunto, di questa strategia antinflattiva era la predeterminazione al ribasso dell’andamento dell’inflazione a cui dovevano strettamente collegarsi l’andamento dei prezzi amministrati e tariffe e la dinamica della contingenza (scala mobile), mentre erano affidati alla responsabilità e a comportamenti coerenti di imprese e sindacati la determinazione dei prezzi liberi e delle retribuzioni contrattuali, pur indicando da parte del Governo qualcosa più di un auspicio affinché dette dinamiche restassero sotto il tasso di inflazione programmato per tre anni.
Per di più le tariffe dei servizi pubblici primari ed essenziali, particolarmente rilevanti per i consumi delle famiglie, dovevano tenersi sensibilmente al di sotto del limite prefissato di inflazione (ho citato testualmente il testo dell’intesa).

L’accordo, venne firmato il giorno di S. Valentino (14.2.1983) – come è arcinoto – dal Governo Craxi e da 20 Organizzazioni imprenditoriali di tutti i settori e da CISL e UIL, ma non dalla CGIL cui segui l’adesione politica all’accordo della componente socialista della stessa.
Gli effetti di questa importante intesa, alla quale seguirono vari incontri (sempre “triangolari”) di verifica e di attuazione degli impegni, per quanto riguarda l’inflazione si registrarono già nel corso dell’anno 1984 con l’inflazione che scese al 10,8 %, nel 1985 al 9,2 %, nel 1986 al 5,8 %.

Praticamente dal 14,7 % in tre anni l’inflazione scese di ben 9 punti percentuali con un recupero significativo del potere d’acquisto dei salari, la ripresa produttiva e dell’occupazione, tanto che in quelli anni, l’Italia superò la Gran Bretagna insediandosi al 5° posto tra le sette maggiori potenze industriali del mondo.
Ora, di fronte ad una analoga grave situazione, non riesco a leggere o sentire da parte dei vari leaders politici impegnati nella campagna elettorale proposte concrete di tale portata ed efficacia e di un loro impegno – se chiamati a governare – per un immediato varo di misure analoghe (riduzione e blocco delle tariffe pubbliche, in particolare di gas ed energia elettrica, controllo rigoroso delle dinamiche coerenti degli altri prezzi, misure di sostegno a lavoratori, pensionati ed imprese più particolarmente colpite da questa congiuntura che segue quella – altrettanto pesante – delle conseguenze della pandemia).

Se l’inflazione non sarà riportata rapidamente a livelli sopportabili e se altrettanto i costi dell’energia (gas ed elettricità), essenziali per procedere con l’attività produttiva di molti importanti settori sia industriali che di servizi e commercio, il Paese rischia la paralisi e risposte ribellistiche incontrollabili.
Resta, poi, inspiegabile come, malgrado i recenti accordi con Algeria e Qatar (che hanno ridotto sensibilmente secondo il Governo la dipendenza dal gas russo) vi sia il rischio di rimanere senza scorte nel prossimo inverno ed il prezzo del gas continui a salire vertiginosamente. Siamo in presenza di una odiosa deriva speculativa senza precedenti, basta guardare agli enormi profitti realizzate dalle aziende del settore, compresa l’azienda leader a partecipazione statale!
Anche su questo, il Paese reale attende spiegazioni credibili e trasparenza nei comportamenti, il tempo degli slogans e delle battute (al posto di programmi e scelte concrete) è finito!