di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Nel maggio di questo anno, l’Eni ha raggiunto il risultato di pagare il gas russo in rubli. “La compagnia energetica italiana «in vista delle imminenti scadenze di pagamento per i prossimi giorni», annuncia di aver avviato in via cautelativa le procedure relative all’apertura presso Gazprom Bank dei due conti correnti denominati K, uno in euro ed uno in rubli, indicati da Gazprom Export secondo quella che viene definita come una «pretesa unilaterale di modifica dei contratti in essere, in coerenza con la nuova procedura per il pagamento del gas disposta» dalla Russia. Una procedura che Eni avverte di aver rigettato, pur avendo deciso di aprire i due conti, in piena condivisione con le istituzioni italiane, nel rispetto del quadro sanzionatorio internazionale e nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export.”

La domanda è, l’Eni continua a comperare gas russo ai prezzi sanzionati dai contratti in essere e che quindi non risentono del delirante sistema del Marginal Price System basato sulle operazioni spot? Ho già scritto un articolo di come funziona il perverso sistema “ordo-liberista” che determina il prezzo del gas. Non mi risulta che l’Eni abbia smesso di acquistare gas russo ai prezzi a suo tempo concordati. Mi risulta che le scorte di gas, per affrontare i prevedibili aumenti di consumi in inverno, stiano rispettando i programmi e abbiano già raggiunto più del 75% del richiesto.

Risulta invece che l’Eni, nei primi mesi di quest’anno, abbia registrato utili per 7 miliardi di € contro un importo di gran lunga inferiore nello stesso periodo dell’anno scorso. C’è da pensare che ENI comperi gas russo a prezzo contrattuale e ne rivenda sul mercato ordo-liberista a prezzi dieci volte più alti

Il governo Draghi (ed anche su questo argomento ho scritto un articolo) ha tassato prima al 10% e poi al 25% gli extraprofitti delle imprese energetiche, circa 40 miliardi, destinando i 10 miliardi di imposta speciale al finanziamento del decreto Aiuti.

Risulta che le imprese energetiche non paghino l’imposta decretata dal governo Draghi mettendo a rischio la fattibilità del decreto stesso. Lo scopo del non pagamento è ovvio: le imprese tassate vogliono essere chiamate in giudizio contando sul fatto che il giudice del processo accoglierà la pregiudiziale di anticostituzionalità dell’imposta sugli extra profitti. Ricordo che un decreto simile fu emanato dal governo Berlusconi in occasione della crisi del petrolio, e che quel decreto fu dichiarato incostituzionale per diverse motivazioni. Il decreto Draghi ha ben tenuto conto, evitandole, delle cause di illegittimità del precedente decreto, ma, come scrivevo nel mio articolo, ci sono molte altre motivazioni che potrebbero reiterare il giudizio di incostituzionalità. Sarebbe un colpo mortale all’agenda Draghi.

Come al solito, il governo Draghi tende, lodevolmente, a sanare i risultati di situazioni palesemente inique senza andare all’origine delle situazioni stesse; incide sui risultati ma non agisce sulle cause.

Ci sono altre strade?  

Intanto ricordo che l’Eni è per il 5% del ministero dell’economia e per i 35% della cassa depositi e prestiti, 18% retail, altri investitori, anche esteri, per il resto.

Riporto l’art. 43 della nostra Costituzione:

“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”

Non credo che debba aggiungere nulla ad una chiara norma costituzionale che risponderebbe nella perfetta legalità costituzionale un approccio al problema che eviti gli errori del decreto Draghi, eviti le inutili ritorsioni delle imprese energetiche, vada alla fonte dei nostri problemi ed eviti la recessione dell’economia nazionale.

Diamo soldi alla Russia che così finanzia la guerra in Ucraina? Mi pare che li stiamo dando comunque e inoltre è noto che sul problema invasione russa ho con un mio articolo indicato altre strade, ben diverse da quelle dell’armata NATO, per ricercare una composizione diplomatica alla questione.