IN MEMORIA DEL PROFESSOR LAURENT BOUVET, SOCIALISTA REPUBBLICANO

di Nicolino Corrado |

Il 18 dicembre, a Parigi,  si è spento a 53 anni il politologo Laurent Bouvet, una delle personalità più brillanti del dibattito pubblico francese. A Bouvet nel 2019 era stata diagnosticata una SLA o sindrome di Charcot che in breve tempo lo ha privato dell’uso degli arti e della parola, fino a condurlo alla prematura morte.  

Bouvet dal 2002 al 2011 ha insegnato al’università di Nizza, per poi trasferirsi a quella di Versailles. Per oltre vent’anni ha militato nel Partito Socialista e dal 1988 al 2001 è stato il redattore capo della sua rivista teorica, La revue socialiste. Nel 2010 entra nella redazione della Jean Jaurès, la fondazione culturale del PS.

Bouvet si è allontanato dal Partito Socialista nel 2016, dopo gli attentati islamisti del 2015, criticandone “le posizioni liberiste sul piano economico e multiculturaliste sul piano culturale”, per fondare nel 2016 assieme a Gilles Craveul ed a Denis Maillard Printemps republicain (Primavera repubblicana). “movimento che vuole promuovere ciò che è comune ai cittadini e la laicità nel panorama politico francese”, una iniziativa contro l’estrema destra e contro l’islamismo politico.

Era una delle rare voci della sinistra francese impegnate nella lotta per la laicità e contro l’islam politico, il relativismo culturale ed il pensiero de-coloniale.

L’insicurezza culturale

Laurent Bouvet ha creato il concetto di “insicurezza culturale”, che definiva come “l’espressione di una inquietudine, se non di una paura, di fronte a ciò che si vive, vede e percepisce e prova, qui e ora, degli sconvolgimenti dell’ordine del mondo, dei cambiamenti nella società, di ciò che ci può essere, allo stesso tempo, vicino o lontano, familiare o estraneo” (L’insecuritè culturelle, Fayard, 2015). Una insicurezza che si aggiunge a quella economica e sociale, strettamente legata alla globalizzazione ed ai suoi sviluppi conseguenti, quali la violenza del terrorismo jihadista.

L’insicurezza culturale è un concetto che descrive bene  alcune rappresentazioni che i cittadini si fanno dell’attuale società francese contemporanea.  

Infatti, ad una analisi attenta, ci si accorge che popolazioni a priori molto differenti  manifestano identiche preoccupazioni in termini d’insicurezza culturale. 

Petits blancs (i bianchi impoveriti) del périurbain subi (le periferie dimenticate e sofferenti) si esprimono spesso nello stesso modo come  le popolazioni provenienti dall’immigrazione che vivono nelle banlieues: parlano di abbandono e di  oblio da parte dell’”alto” della società, dei responsabili politici ed economici, dei mass-media; vivono nella stessa maniera il confino territoriale e le difficoltà economiche. In definitiva, le distingue solo l’esperienza della discriminazione etnico-razziale.  

Sinistra e popolo 

Per Bouvet, una parte della sinistra – francese, ma il discorso si potrebbe allargare ad altre realtà nazionali – si è allineata al neoliberismo ed alla cosiddetta concorrenza libera e non falsata, imposta dall’attuale costruzione comunitaria europea, a cui sono state devolute crescenti quote di sovranità economica. Ciò conduce alla distruzione dei servici pubblici, che altro non sono se non salario indiretto che corregge le diseguaglianze. Svoltando a destra, questa sinistra ha rinunciato alla propria eredità ed alla propria ragion d’essere, lasciando nella disperazione i più bisognosi.

Ma aggiungeva Bouvet: “Le sinistre, che si tratti della socialdemocrazia o della sinistra radicale, hanno progressivamente dato la priorità ai ceti popolari  provenienti dall’estero nei loro rispettivi progetti” (Marianne, 10/12/2016). 

Gran parte della sinistra s’è rivolta verso il multiculturalismo allo scopo di rendere le minoranze, di genere, etniche, d’orientamento sessuale, il più visibili possibile, privilegiandole nelle politiche pubbliche sulla scuola, sulla città, sull’uguaglianza uomo-donna in nome delle discriminazioni che queste minoranze subiscono. Così, nella sinistra la lotta per l’uguaglianza sociale si è a poco a poco trasformata, sia sul piano del discorso pubblico, sia sul piano dell’azione di governo, in una lotta per il riconoscimento identitario delle minoranze nello spazio pubblico.

Le contraddizioni nella “nuova coalizione progressista” delineata dal think-tank progressista Terra nova, e fatta propria dal Partito Socialista, (donne, giovani, laureati, banlieue..)  sono così  subito venute alla luce al momento della discussione tra “mussulmani di sinistra” e militanti per le nuove forme familiari o per lo sviluppo del “genere”.

Ovviamente, l’arcobaleno multiculturalista  che doveva fungere da base  elettorale alla sinistra per sostituire le classi popolari e medie si è velocemente disgregato. L’idea di uguaglianza, del resto, è  totalmente estranea agli interessi specifici dei gruppi culturalisti che si riteneva lo costituissero.  

Ciò ha determinato il blocco della crescita sociologica della sinistra. Una grande parte del suo elettorato tradizionale (l’elettorato composto dalle classi popolari e medie) non si è più sentito rappresentato né economicamente né “culturalmente” e si è ritirato nell’astensione o ha votato per le più rassicuranti parole d’ordine dell’estrema destra.

Popolo, comunità, laicità e Repubblica

Bouvet ha ricordato che la nazione e la sovranità popolare sono il fondamento della sovranità nazionale. Ciò grazie alla Rivoluzione francese, che alla nazione dell’Ancien Régime, fondata su usi e consuetudini sacralizzati dalla religione, ha sostituito la nazione comunità di diritto, formata da cittadini che danno a se stessi le proprie leggi. Il sovrano ormai non e più il re, ma il popolo.

Il luogo di ciò che è comune non è più solo lo Stato o lo spazio istituzione precostituito, è la comunità dei cittadini, un insieme che non può esistere che in modo collettivo e sovrano allo stesso tempo. Nella comunità dei cittadini si ritrova la definizione originale della repubblica e della libertà repubblicana, che permette di opporsi filosoficamente e nella pratica  alla sola definizione liberale di libertà (quella dell’individuo e delle comunità identitarie).

Lo Stato laico,  per garantire la loro libertà, deve proteggere le persone da ogni pretesa di metterle sotto tutela da parte delle comunità identitarie.

Per Bouvet, dire di una persona che la si confonde con le sue credenze e farne derivare l’idea che bisogna rispettare queste ultime è una forma di cedimento, se non di disprezzo; è la negazione della tolleranza civile. Si tradiscono in una volta la laicità e la libertà d’espressione.

Bouvet cercava di mettere in guardia la sinistra ed il Partito Socialista contro la deriva identitaria di cui era vittima da molti anni, finalizzata a soddisfare le rivendicazioni di un’accozzaglia di minoranze, invece di portare avanti un discorso repubblicano.: “Se si vuole resistere alla pressione di questo mondo individualista, bisogna avere dei principi solidi e inderogabili. In Francia ciò si chiama la repubblica. Il repubblicanesimo alla francese rappresenta una proposta politica capace di limitare gli effetti deleteri dell’individualismo liberista e le disuguaglianze sociali.” (Le péril identitaire”, Éditions de l’observatoire, 2020). 

Bisogna valorizzare innanzitutto ciò che è comune ai cittadini rispetto a ciò che li differenzia e li distingue, riprendere la discussione permanente sulla Francia (e perché no anche sull’Europa) come un progetto politico, civico, mai concluso, in perpetua evoluzione, ma che permette di aggregare chiunque,  quali che siano le sue identità particolari – e noi tutti ne abbiamo molte.   

L’insicurezza culturale è legata alla crescita del comunitarismo e del pericolo identitario, dal malessere provocato dall’affermazione di comunitarismi che sfidano le leggi dello Stato. I comunitarismi annientano la libertà individuale, in quanto ogni persona è tenuta a conformare la propria vita alla tutela religiosa  che proclama di incarnare quella determinata comunità.  La libertà personale viene così spogliata di ogni identità propria in nome di una identità collettiva immaginaria e imposta da altri.

Inoltre, si crea il rischio di scontri tra due o più comunità, poiché i loro particolarismi consuetudinari, sacralizzati, hanno la prevalenza sulla Repubblica.

Il significato statico della parola cultura come insieme degli usi e costumi tradizionali cancella il suo significato dinamico di libero processo attraverso il quale ogni individuo sceglie il proprio essere e la propria identità. Al contrario di questa detenzione agli arresti domiciliari, la Repubblica non è assolutamente una scelta identitaria, ma una cornice giuridica comune, che permette ad ogni persona di definire la propria identità nel rispetto delle leggi comuni.

Come ha scritto il filosofo Henry Pena-Ruiz, per Bouvet “la lotta per la laicità e la lotta sociale erano indissolubili ed e da vero socialista che egli ha coniugato questi due assi militanti. Di fronte alle più grandi sfide del nostro tempo, Laurent Bouvet ha tradotto in modo originale l’idea di Repubblica laica e sociale cara a Jean Jaurès”.