STIAMO ANCORA VIVENDO IN UNO STATO DI EMERGENZA!

 

 

di  Gianmarco Rodighiero – Circolo Bruno Buozzi Socialismo XXI Vicenza |

 

Di certo il nostro futuro alla luce di questo dramma dovrà essere un futuro che mette in discussione in primo luogo il nostro modello di sviluppo, e poi le scelte scellerate sul diritto alla salute di questi ultimi decenni. Pertanto la politica dovrebbe avviare tempestivamente una inversione di rotta abbandonando la scelte passate di riduzione dei posti letto negli Ospedali pubblici, e quello di cedere alla sanità privata  importanti segmenti di servizi sanitari.

Stiamo pagando il mancato avvio e potenziamento della medicina territoriale, non siamo stati in grado di ripensare alla cura dell’età anziana, si sono evidenziate invece  in maniera drammatica le carenze strutturali dell’assistenza alle persone anziane nel nostro Paese, in particolar modo per quanto riguarda le cure a lungo termine, e nemmeno di  riattivare i consultori e  una seria prevenzione sanitaria e ambientale che l’emergenza Covid ha evidenziato in modo drastico. Tra le città più inquinate d’Europa, quattro sono italiane e a poca distanza tra di loro. Si trovano tutte in Pianura Padana: il centro abitato più inquinato d’Italia (e il secondo del continente) è Cremona, seguita da Pavia, Brescia e Vicenza.

La riforma fiscale dovrebbe servire anche a finanziare quei beni pubblici fondamentali (scuola, sanità, trasporti, casa) che sono la vera riforma di struttura che serve al paese per tornare ad essere civile.

Condivido la riflessione di Alberto Leoni del 17 dicembre quando sostiene che nulla è paragonabile a un anno fa (almeno per ora!) e che bisogna cambiare strategia perché così si sta minando la coesione avvenuta anche attraverso  una molteplicità di decreti-legge, che di volta in volta, hanno introdotto misure destinate al contrasto dello stesso e che hanno inciso sempre di più sulla sfera individuale di tutti noi.

Lentamente questa lunga emergenza ci sta rendendo consapevolmente disposti  a sacrificare e a limitare le nostre condizioni normali di vita, mi riferisco ai nostri rapporti sociali, al lavoro, alle amicizie e ai nostri affetti familiari finanche alle nostre convinzioni religiose e politiche, con il timore che vi sia il pericolo di ammalarci.

La domanda che mi pongo è:  quanto siamo disposti a cedere e a ridimensionare la nostra vita in tutti i suoi aspetti pur di salvaguardare le nostra salute e la nostra vita?

Molti di noi si stanno sempre più chiedendo che cosa ne sarà del nostro futuro.

Il filosofo Foucault nei corsi tenuti a Parigi negli anni  1977e 1979 aveva sviluppato una riflessione oggi tristemente attuale su quali possono essere le trasformazioni delle forme di potere politico governando semplicemente sui fenomeni naturali come la salute.

Forse non è il nostro caso, ma certamente non fa male riflettere su quali drammi politici e sociali  potrebbe causare il perdurare per molto tempo di questa emergenza pandemica.

Mi chiedo in che modo sia possibile affrontare e superare questo “stato d’eccezione”, tenendo bene a mente ciò che il Presidente della Corte costituzionale ha ribadito in modo semplice e chiaro (la nostra Carta fondamentale non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza) anche se non è insensibile al variare delle contingenze anzi prende atto della possibilità dell’emergere di situazioni di crisi o di straordinaria urgenza, dando la possibilità al Governo di adottare provvedimenti “provvisori” con forza di legge.

In altri momenti gravi la nostra Repubblica ha attraversato situazioni di emergenza e di crisi, che però sono state sempre affrontate senza mai sospendere l’ordine costituzionale.

Ci si rende conto di quanto la Carta costituzionale sia perfetta così e di come essa metta a disposizione, sempre, strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base alle specifiche esigenze.

Non è possibile immaginare un diritto eccezionale, figuriamoci un diritto eccezionale perpetuo, perché se fosse così diventerebbe strumento di controllo politico.

Sta a noi vigilare con la massima attenzione che questa pandemia con le suo innumerevoli varianti rimanga sempre e solo un problema sanitario con lo scopo precipuo di bloccare e reprimere la diffusione del virus. 

E, scusami Alberto se prendo ancora in prestito una tua riflessione (sarebbe molto opportuno che nessuno (a differenza di quanto successo nel 2021) dicesse “questa è l’unica arma che abbiamo”, le cose non stanno così. Non esiste un ‘unica arma. Ma ci deve essere una strategia sanitaria, sociale, economica per imparare a convivere con il virus).