PER UNA GIUSTIZIA GIUSTA E PER UNA MAGISTRATURA CHE STIA AL SUO POSTO

Pubblichiamo questo coraggioso articolo del compagno Claudio NEGRO, che va valutato e diffuso perché denuncia puntualmente come si sia giunti ad una modifica di fatto del nostro sistema democratico ed istituzionale con il consolidamento al vertice dello Stato di un potere quasi assoluto di una parte dell’Ordine (quello giudiziario) che sovrasta – con i suoi comportamenti – gli Organi democratici istituzionalmente previsti dalla Costituzione e votati dai cittadini. Il problema è racchiuso in quelle poche, ma illuminanti affermazioni dell’autorevole ex-giudice costituzionale e già Ministro Sabino CASSESE, insigne giurista, riportate nell’articolo.

Silvano Veronese – Vice Presidente Socialismo XXI


LA GROTTESCA PACIFICAZIONE TRA LA MAGISTRATURA E I SUOI CRITICI SOLLECITATA DAL CORRIERE DELLA SERA E LE SUE FINALITA’

di Claudio Negro – Fondazione Kuliscioff Milano |

Il Corriere di sabato 20 ci riserva un coup de theatre nella discussione su Mani Pulite e la crisi della Giustizia: un’esortazione all’armistizio tra fazioni e tesi contrapposte, la cui esistenza, par di capire, è all’origine dei guai in cui si trascina da trent’anni il rapporto tra il sistema giudiziario e il Paese e della crisi di credibilità che sta colpendo la Magistratura.

In sostanza, teorizza un’articolessa nella pagina di Commenti, è necessario che la Politica la pianti di pensare di essere stata vittima di un golpe con finalità di sovversione istituzionale e politica, e che da parte sua la Magistratura smetta di pensare di essere stata impedita a compiere la sua opera di pulizia da una congiura tra Partiti e poteri istituzionali.

Di questa seconda recriminazione, a dire il vero, non esistono tracce percettibili: ferve infatti festosa l’offensiva della Procura di Firenze sul caso Open, è recentissima la notizia delle attenzioni rivolte da Gratteri all’on. Cesa, non accenna a finire la caccia della Procura di Milano a Berlusconi e al Sindaco Sala. Francamente sembra un artificio retorico per poter mettere sullo stesso piano la Magistratura e i suoi critici e poter invocare un bel pareggio e vogliamoci di nuovo bene tutti.

Un punto di vista talmente patetico e fuori dalla realtà da chiedersi a cosa miri effettivamente. Mani Pulite ha provocato la morte politica dei Partiti che hanno fondato la Repubblica (nonché quella fisica di un po’ di persone); ha generato il dilagare nella Magistratura della dottrina Davigo: il giudizio è quello del PM alla fine dell’indagine, il processo è uno strattagemma per allungare i tempi e consentire a qualche colpevole di farla franca (infatti, ha sempre sostenuto lo stesso Piercamillo, “non esistono innocenti ma soltanto colpevoli non scoperti”); ha creato un clima barbarico nel quale tutta una serie di PM hanno potuto inseguire trame di fantasia, sbizzarrirsi in indagini surreali, cercarsi pubblicità tentando di incriminare personaggi pubblici, inondare i mezzi d’informazione di dossier e intercettazioni intese a creare opinione pubblica, e infine usare le inchieste come strumento di intervento nella politica. Come ha detto un autorevole collaboratore del Corriere, Sabino Cassese, già giudice costituzionale “La magistratura è diventata uno stato nello stato. L’indipendenza è diventata autogoverno, l’accusa del PM  è diventata giudizio e i poteri, invece di essere separati, sono concentrati all’interno dell’ordine giudiziario. Non c’è più consonanza tra il paese e la giustizia”.

Un effetto collaterale di questa situazione è la guerra per bande che dilania la Magistratura, dal “sistema” rivelato da Palamara alle recenti dichiarazioni di Di Matteo.

In queste condizioni non si capisce davvero chi e su cosa dovrebbe fare la pace con l’0rdine giudiziario. La priorità appare decisamente un’altra: riformare il sistema, riportandolo al dettato costituzionale, bonificare gli Organismi che lo reggono, ricreare fiducia nell’operato della Magistratura, al posto della compiaciuta soddisfazione a seconda di chi colpisce.

Resta il dubbio su perché il Corriere abbia ospitato con tanto spazio da lasciar pensare che si tratti di un’idea condivisa ai piani alti del giornale un monito così surreale e inverosimile come quello dell’articolo in questione. Certo, se teniamo conto dell’atteggiamento sempre più palesemente ostile a Renzi che emerge dagli articoli più recenti, della benevola tolleranza di cui godono Letta e Conte, della riesumazione di Rosy Bindi, del contegno signorilmente riservato con cui si commenta l’operato di Draghi, viene il dubbio che il Corrierone fiuti l’odore di opportunità a esercitarsi nel vezzo congenito dell’editoria italiana: quello di sentirsi la missione storica di influenzare, con più o meno understatement a seconda dell’editore, la Storia del Paese. In questo contesto una baggianata come l’articolo in questione acquista un suo senso, dislocando il Corriere su un terreno condivisibile da chi si sta adoperando per unire PD e M5S in un “Nuovo Ulivo” e fornendo a questo scopo un argomento sfruttabile.

Di solito queste strategie elaborate nelle Redazioni o nei salotti che le pagano finiscono in gran pugni di mosche! Ho fiducia che finisca così anche stavolta. Nel frattempo privilegerò la lettura della Gazzetta dello Sport.