di Alberto Leoni – Coordinatore regionale Socialismo XXI Veneto |
Ieri mattina, sorseggiando un caffè al bar, un amico che segue poco le vicende politiche, persona semplice, mi diceva con irritata ironia, in dialetto veneto: ..ma per fare il Presidente della repubblica abbiamo solo Draghi e Mattarella?
Tra 60 milioni di italiani possibile che non ce siano altri capaci di svolgere questo ruolo? E perchè? Confesso che, al momento, non ho trovato parole giuste per i suoi dubbi. Nemmeno ora le ho. Ma alla fine, passeggiando come faccio ogni giorno nella campagna breganzese, mi è passato davanti il film di questi trenta anni della vita politica italiana – l’ascesa ed il declino degli “eroi” di Mani Pulite, il volto radioso di Berlusconi del marzo 1994 e le sue “volontarie” dimissioni nel drammatico novembre 2011; lo sguardo apparentemente bonario di Prodi e la lunga lista di privatizzazioni varata dal suo Governo tra il 1996 ed il 1999. La grinta lucida e spregiudicata di Renzi che prende il campanello dalle mani di un Letta cupo, febbraio 2014; l’ascesa e la caduta del fiorentino inciampato su un referendum istituzionale gestito male e l’arrivo della “rivoluzione” del 4 marzo 2028: un movimento antistema che con il 33% dei voti intende aprire il Parlamento come una scatola di sardine –.
Come stia finendo è sotto gli occhi di tutti, socialisti europei compresi che oggi devono decidere se accogliere un manipolo di scappati di casa nelle loro fila per far mettere loro la “testa a posto” o lasciarli andare al loro destino.
In 30 anni sono nati e morti decine e decine di piccoli partitini, spesso legati ad una persona. Sono nati da scissioni parlamentari e poi squagliati nelle cabine elettorali. Oggi di fatto ne esistono 5: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Pd, Movimento 5 Stelle. Tutti gli altri sono sotto alla soglia di sbarramento per entrare in Parlamento.
Chi sono stati e da dove sono venuti i politici più influenti? Dalla Banca d’Italia e dalle grandi Banche d’affari (uno per tutti Ciampi, ma anche Monti, oggi Draghi), dal mondo dei boiardi di Stato, dalla Magistratura che ne ha forniti a iosa (uno per tutti Di Pietro), dallo spettacolo-intrattenimento (Grillo), dall’impresa legata alle concessioni pubbliche (Berlusconi), dagli apparati di partito (Lega e Pd).
Dopo la caduta della Prima repubblica una nemesi storica ha colpito i partiti. La parola partito è quasi diventata impronunciabile. E sono diventati, nella migliore della ipotesi, comitati elettorali dove l’unica vera funzione era quella di predisporre le liste elettorali. Ma è finita la stagione dei partiti che selezionavano la classe dirigente, dalla sezione del piccolo paese fino a Roma. E la selezionavano abbastanza bene: – non facevi il Sindaco, il consigliere comunale, regionale, il parlamentare, l’amministratore di enti pubblici se non facevi gavetta e se non sapevi ciò di cui ti saresti occupato. –
L’errore tragico è stato quello di non regolamentare la vita dei Partiti, certificare i bilanci, verificare gli Statuti ed il funzionamento degli organismi direttivi.
E’ da trenta anni che la classe dirigente politica o è il residuo della Prima Repubblica sopravvissuta o è fatta da persone completamente inesperte e spesso con scarse competenze. I “migliori” disdegnano l’impegno politico preferendo altri mondi ed incorrendo in quella giusta critica che Platone muoveva nel IV libro della Repubblica: non lamentatevi per essere governati da gente peggiore di voi se avete deciso di non impegnarvi nella cosa pubblica. Quando dico “i migliori” mi riferisco alle persone portatrici di saperi, di competenze, ma anche di visione politica (non tutti possono farla, questo il grande inganno), dell’arte di organizzare la convivenza civile, di trovare l’equilibrio tra i vari portatori di interessi. Fare politica, essere dirigente politico non è uno scherzo. Richiede sacrificio, tempo da dedicare, passione. Sì, una parola che farà sorridere i miei improbabili lettori: passione! Senza passione non fai politica.
E allora aveva ragione il mio amico breganzese: possibile che se discutiamo di Presidenza della Repubblica abbiamo solo Mattarella o Draghi?
Forse esagerava, forse alla fine qualche altro nome prestigioso uscirà, ma la conclusione è chiara: l’Italia che si aggrappa all’uomo solo al comando ha certo bisogno di rassicurazioni e solidi riferimenti umani e politci. Ma se vuol uscire dalla palude in cui ci dibattiamo da trenta anni deve tornare ad impegnarsi. La scelta è tra chiudersi nelle proprie mura domestiche e spendere un po’ di tempo nelle sedi dove si contribuisce al bene comune. Non so se i partiti toneranno ad occuparsi di questo. Se non lo faranno saranno sostituiti da altre lobbies che gestiranno la selezione dei rappresentanti nelle istituzioni. E’ una sfida che tocca anche noi socialisti, famiglia inquieta, ma appassionata. La partecipazione, a partire dai nostri Comuni, dalle nostre Regioni, anche con un comune impegno a fianco di altre forze sociali contigue ai nostri valori, è sempre stato un nostro valore. Non lasciamolo appassire.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.