Nelle 14 “province speciali” italiane, che si sviluppano attorno ai centri abitati più grandi, le elezioni dirette del sindaco metropolitano e del Consiglio non sono mai state disciplinate. E dunque di fatto sospese. Una ferita profonda al tessuto democratico del Paese
di Felice Besostri |
Si dovevano abolire le Province, o almeno accorparle, non ci sono riusciti, anche grazie al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che ha respinto l’espunzione delle Province dall’elenco delle parti costitutive della Repubblica secondo l’articolo 114 della Costituzione. In compenso, però, con la legge n. 56 del 2014 si sono abolite le elezioni universali, popolari e dirette degli organi provinciali e rimandate ad un futuro indeterminato quelle del sindaco e del consiglio delle città metropolitane.
La città metropolitana è una nuova articolazione territoriale, prevista per la prima volta dalla le 14:e n. 142 del 1990, che ha assunto dignità costituzionale con la modifica del Titolo V della Costituzione operata, anzi improvvisata senza la necessaria meditazione, tramite le costituzionale nel 2001. Tale legge è la responsabile della complicazione dei rapporti tra Stato e Regioni, che ha impedito, o comunque ritardato, un intervento tempestivo ed efficace di contrasto alla pandemia, inoltre le forme di autonomia differenziata previste dall’art. 116 della Costituzione hanno permesso la produzione di un trattamento estremamente ineguale di diritti costituzionali dei cittadini, secondo la regione di residenza.
Negli oltre sette anni dall’entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, nelle ex province e nelle quattordici città metropolitane la situazione si è incancrenita. Esse hanno ancora una struttura provvisoria, mancano le necessarie leggi statali e regionali previste dal primo articolo della legge. E nulla si é fatto neppure per le tre città metropolitane con più di tre milioni di abitanti, Roma, Milano, e Napoli, che potevano procedere più celermente ai sensi della norma e i cui Statuti prevedono tutti l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano.
Solo gli elettori della città capoluogo scelgono il proprio sindaco che è di diritto anche sindaco metropolitano
Le prossime elezioni amministrative, rinviate all’autunno dal decreto legge n. 25 del 2021, prevedono anche un turno di regionali, in Calabria, e elezioni parlamentari suppletive alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Siena. Tra le elezioni comunali ci sono cinque città metropolitane, Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna; gli abitanti me-tropolitani coinvolti, se ci fosse l’elezione diretta degli organi metropolitani sarebbero 13.727.602 che sono il 23,09% dei 59.433.744 abitanti dall’ultimo censimento generale della popolazione, cioè più di un quinto e meno di quarto della popolazione italiana, un bel campione rappresentativo, ma saranno chiamati al voto solo gli abitanti dei comuni capoluogo, cioè Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, quindi appena 6.365.123 persone, cioè il 10,70% della popolazione.
Però si potrebbe far votare direttamente per il sindaco metropolitano almeno i cittadini delle tre città metropolitane maggiori, che avendo più di tre milioni di abitanti hanno bisogno di un intervento normativo semplice, limitato al primo articolo della legge n. 56 del 2014, che prevede, che «il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo» cui basterebbe aggiungere «e alla sua elezione diretta, se prevista dallo Statuto della Città metropolitana, partecipano i cittadini, iscritti nelle liste elettorali dei comuni, che ne fanno parte».
La previsione dell’elezione diretta è contenuta negli Statuti metropolitani di Roma, Milano e Napoli e non in quelli di Torino e Bologna. La popolazione delle tre città metropolitane maggiori ascen-de a 10.495.067 abitanti, pari al 17,65% dell’intera popolazione italiana, poco più di un sesto, distribuita su 346 Comuni molto differenziati, tra piccoli, medi e grandi e collocati al Nord, al Centro e al Sud. Si tratta di una seria, attendibile e qualificata rappresentanza della popolazione italiana e dovrebbe essere interesse di tutti, specie nel semestre bianco, conoscere le intenzioni di voto.
Sarebbe parzialmente superata una ferita alla democrazia costituzionale e agli articoli 3, 48 e 51 della Costituzione. Infatti solo gli elettori della città capoluogo scelgono il proprio sindaco, che è di diritto anche sindaco metropolitano. Tuttavia se a Roma gli abitanti del comune capoluogo (2.783.804), sono più numerosi di quelli metropolitani non romani (1.443.784), quasi il doppio, nelle altre due città metropolitane la situazione è rovesciata. In un Paese con la giustizia amministrativa funzionante sarebbe rapido e semplice far annullare le elezioni di Roma, Milano e Napoli, poiché i Prefetti hanno convocato le elezioni con lo stesso decreto degli altri comuni della Città metropolitana, ma gli altri elettori non eleggono il sindaco metropolitano e i candidati sindaci sono “a loro insaputa” anche candidati sindaci metropolitani. A Milano, infatti, 1.397.715 abitanti, pari al 43%, decidono chi sarà il sindaco metropolitano di una città metropolitana di 3.249.821 abitanti, di cui 1.852.106 non milanesi, il 56,99%.
A Napoli, invece, 940.940 partenopei, pari al 31,18%, decideranno il sindaco metropolitano di 3.017.658 cittadine e cittadini, ben 2.077.658 in più, 1168,82%. Possibile che lo scandalo sia tollerato e passivamente accettato da liste e candidati sindaci?
Pubblicato su Left
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