LA PRIMAVERA DI PRAGA: IL SOCIALISMO DAL VOLTO UMANO

di Christian Vannozzi |

La spietata dittatura sovietica iniziava a vedere la reazione delle repubbliche sorelle. Come era capitato a Budapest anche Praga, capitale della Cecoslovacchia, iniziava a mal sopportare la semi occupazione russa, e il suo regime dispotico, tanto che nel 1967, al congresso del partito comunista, il delegato Alexander Dubcek chiede ad alta voce maggiore democrazia e un socialismo dal volto umano.

L’intervento di Dubcek scatenò un vero e proprio terremoto politico all’interno del partito comunista cecoslovacco, tanto che proprio lo stesso Alexander fu nominato nuovo segretario politico, con il compito di democratizzare la nazione.

Il nuovo leader non mancò le aspettative dei democratici e della popolazione, abolendo la censura, introducendo il voto segreto alle assemblee del partito e ricostituendo il partito socialdemocratico, che era stato la vera spina nel fianco dei comunisti quando si instaurò la dittatura sovietica nella repubblica.

Il clou delle riforme socialiste portate avanti da Dubcek si ebbe nella primavera del 1968, che passerà alla storia come Primavera di Praga, una vera e propria rinascita in senso democratico della nazione, che vide la partecipazione attiva della popolazione della capitale alla nascente democrazia.

Tutto questo però attirò la prepotente attenzione di Mosca, che intimò a Dubcek di rivedere le sue decisioni libertarie, cosa che fu disattesa da parte dei cecoslovacchi, che nel mese di agosto del 1968 subirono una violenta invasione da parte dell’Armata Rossa, che entrò nella capitale con i suoi carri armati per ristabilire la dittatura.

Praga cercò di resistere, con i cittadini che iniziarono a manifestare e a opporsi a tale occupazione. I negozianti si rifiutarono di vendere prodotti agli occupanti sovietici, e alcuni studenti si diedero fuoco in pubblico. Jan Palach, primo protagonista di questo gesto estremo, divenne l’emblema di questa lotta per la libertà, che fu naturalmente repressa nel sangue dai sovietici.

La figura di Palach, quasi dimenticata nei successivi anni di dittatura, risalì alla ribalta dopo il crollo del regime a Mosca, ed è ora uno dei simboli della democrazia della Repubblica Ceca.