UNA PROGRAMMAZIONE A LUNGO TERMINE

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Con l’arrivo dei 209 miliardi il mondo della politica è chiamato a misurare sul campo la propria capacità di essere statisti (quelli che pensano ai prossimi 50 anni) o di essere politicanti (quelli che pensano alle prossime elezioni).

I rumori iniziali vanno dalle urla di Bonomi che vuole bloccare gli stipendi, liberare i licenziamenti, eliminare i provvedimenti a pioggia (famiglie, vacanze, monopattini, cassintegrati, disoccupati, operatori turismo etc.)  per dirottarli in contributi a fondo perduto per le imprese; Salvini promette un 2020 fiscalmente in bianco e nei prossimi anni il 15% di flat tax per tutti; altri più ragionevoli chiedono una strategia per evitare l’assalto alla diligenza; altri ritengono che il bonus ristrutturazioni al 110% sia un provvedimento “green” e quindi finanziabile con il recovery plan.

 Altri sostengono che non si può avere come strategia il ricostruire il sistema economico come era nel pre-covid perché quel sistema era poco produttivo, in stagnazione e tendente alla recessione per sfociare nella depressione. Convengo con questa impostazione e quindi nella necessità di concentrare gli investimenti in attività di lungo termine, ad alto moltiplicatore keynesiano e che quindi richieda un aumento di produttività che non si è visto negli ultimi trenta anni.

Abbiamo bisogno di:

● un nuovo ruolo imprenditoriale dello stato che diventi “stato innovatore”, con capitali pazienti e prospettive a lungo termine,

● superare il nanismo delle nostre imprese,

● superare il familismo delle dirigenze imprenditoriali,

● aumentare la produttività;

● coordinare pubblico e privato ad un piano economico che si sbarazzi dalle decisioni marginalistiche del mercato.

Ritengo comunque che volendo avere una visione ad alto livello, dobbiamo partire dalla consapevolezza che il nostro problema incombente è quello dell’invecchiamento della popolazione.

L’invecchiamento della popolazione

Il nostro paese, insieme a quello giapponese, è quello che fa riscontrare i maggiori effetti dell’invecchiamento della popolazione; questo fenomeno comporta i seguenti effetti:

● saldo naturale tra nascite e decessi con il segno negativo;

● diminuzione della popolazione totale (al netto dei flussi migratori)

● aumento della quota degli over 65

● diminuzione della quota tra 0 e 14 anni

● diminuzione delle persone attive

● calo delle nascite conseguenti alla diminuzione delle persone attive

● aumento delle pensioni da pagare agli over 65

● aumento dei pensionati rispetto agli attivi

● necessità di produrre di più per ogni attivo per mantenere lo stesso Pil

● necessità di incrementare la produttività dei fattori della produzione.

Riassumendo se i decessi eccedono le nascite (accantoniamo il tema immigrazioni/emigrazioni) la popolazione diminuisce, e nella composizione della diminuzione aumentano gli over 65, cioè quelli che non producono più e vivono di pensione. Conseguentemente aumenta il rapporto tra numero dei pensionati e numero delle persone attive, ma non diminuisce il PIL necessario a mantenere tutti. Ne consegue che chi è attivo deve produrre unitariamente di più di quanto producesse in precedenza; occorre cioè puntare sull’aumento della produttività.

Per fortuna che esiste la rivoluzione 4.0 che come scopo ha appunto l’aumento della produttività non solo per competere sui mercati internazionali, ma anche per affrontare il tema dell’invecchiamento della popolazione. Ma la rivoluzione 4.0 non può avere successo se non si ripensa ad uno stato che si faccia carico di investire là dove il privato non investirà mai per eccesso di rischi di insuccesso e comunque con tempi di pay-back inaccettabili dal capitale privato. La rivoluzione 4.0 deve quindi essere il campo operativo di un nuovo “stato innovatore” (alla Mariana Mazzucato) che richiede alle sue spalle una classe dirigente politica con una chiara visione del suo compito storico.

Vorrei allora riportare un prospetto che proietta i dati demografici dal 2019 fino al 2040, l’elaborazione è mia ed è sicuramente incorretta, ma il senso ed il succo del discorso è sicuramente vero.

anno

Popol. (000)

0/14 (000)

Attivi   (000)

Over 65 (000)

PIL  pro capite

Produttività.

over 65/ attivi

2019

60.224

7.893

38.600

13.731

44.041

100.00

0.36

2025

58.736

7.969

35.260

15.506

48.215

109.50

0.44

2030

56.982

7.938

32.291

16.752

52.645

119.50

0.52

2035

54.767

7.904

29.132

17.751

58.354

132.50

0.61

2040

52.201

7.868

25.835

18.749

65.755

149.30

0.71

 

 

 

 

 

 

 

 

Quindi nei prossimi 20 anni la produttività deve aumentare di quasi il 50%,  per compensare il peso pensionistico che passa da 0.36 a 0.71.