di Anna Rito – Coordinatrice Socialismo XXI Basilicata |

 

Il governo italiano, a differenza dei governi di altri Stati europei, dopo la crisi del Covid19 ha istituito come prima mossa la Commissione Colao e, successivamente, ha convocato gli Stati generali, più adatti a una monarchia che a una repubblica. Perché una simile scelta?

Un governo dovrebbe essere in grado di guardare lontano, perché dovrebbe avere un’Idea del Paese, curare i suoi mali endemici e prospettare il futuro. Non pare questo il caso nostro. Da anni, la politica italiana è priva di anima. Non saranno capi di governo, pur dotati di intelligenza, di buon eloquio e di bella presenza a salvarci dai pericoli che incombono. La politica ha bisogno di contenuti, di precisa visione della società tutta e di etica della responsabilità, di autonomia dei principi e delle regole di azione.

Concezione dell’azione politica che sembra essersi dissolta progressivamente sotto i nostri occhi, dissolvendo anche il patrimonio storico del modo di essere della politica e dei suoi attori. A quel patrimonio non si fa più riferimento, se non col contagocce e da forze politiche che sono scese nel consenso popolare. Mentre movimenti di protesta, cresciuti nelle piazze, lo denigrano in toto e considerano l’effetto della denigrazione il giusto prezzo da pagare per i peccati di cui la politica si è macchiata, così che anche i meriti vengano del tutto dimenticati.

A parte l’ingenuità di considerare la politica senza peccato e di credersene i soli immacolati interpreti (salvo poi a riformulare a proprio uso e consumo il concetto di ‘virtù’ in politica), la sopraffazione della politica da parte della piazza e delle piazzate è il pericolo più grande che la vita civile e l’organizzazione sociale possa correre. Non c’è bisogno di scomodare i classici del pensiero politico per capire che l’azione politica “senza mediazione” rischia di rigettare in quella lotta di tutti contro tutti che il pensiero politico e la conduzione politica delle cose e degli eventi hanno sempre tentato di scongiurare.

Il voler contare tutti in modo non mediato ha portato più di una volta a far contare uno solo. Di questa eterogenesi dei fini in troppi sembrano essere immemori. “Uno vale uno” è il motto del movimento Cinque Stelle che ha poco a vedere con “Una testa un voto” perché nasce da una concezione diretta della democrazia di contro a quella parlamentare, nell’illusione, da parte degli ingenui, che una tastiera sostituisca la piazza dove, in piccole comunità e secondo il sogno di Rousseau, l’alzata di mano e il conteggio risolve le questioni pubbliche. Quanti sono o possono essere però permanentemente davanti ad una tastiera e, cosa ben più grave, non è proprio il gioco delle tastiere (e gli ‘esperti’ che vi stanno dietro) a creare una manipolazione universale senza precedenti?

Per togliere valore alla politica della mediazione e ai suoi “corrotti interpreti” si rischia di gettarsi armi e bagagli nelle braccia di occulti esperti che dietro le quinte conducono un gioco di così elevata complessità da essere non dominabile nella ricaduta degli effetti. Ancora una volta, eterogenesi dei fini: la richiesta di maggior democrazia e partecipazione ha prodotto un mandarinismo telematico tanto potente quanto invisibile.  Come in “La fattoria degli animali” è l’informazione manipolata dai Clarinetti del potere sottratto alla vista che genera dittature con consenso, cioè: la morte della buona politica. Quei solerti maialini scorrazzanti per l’aia e annuncianti ogni volta il nuovo Verbo di un capo invisibile, ma in perenne veglia sulle sorti di tutti, sono pallide e rosee figurine rispetto alla potenza senza confine e controllo delle poco visibili presenze dietro le tastiere.

Per tornare all’attualità, la debolezza del nostro governo, formato da più di un ministro davvero troppo inadeguato/a all’ufficio, si è rivelata, sin dai primi provvedimenti del dopo Covid19, nell’elenco di annunci e di aiuti sempre in ritardo e nell’incapacità di chiudere le vertenze aperte di Alitalia, della ex Ilva di Taranto, di concessioni ad Autostrade. Più che di Stati generali, con quell’inquietante alone di Sovranità (invero storicamente non troppo fortunata), avremmo avuto bisogno di una rapida e operosa risposta su alcune questioni di primaria importanza. Ospedali, scuole, uffici pubblici, giustizia, verde attrezzato, abbisognano di un intervento rapido e incisivo.

Sia la Commissione Colao, sia gli “Stati generali” sembrano troppo servire ad uno scarico di responsabilità, mentre chi fa politica e la fa per convinzione sa che in casi di epocali calamità come il nostro è proprio l’assunzione piena di responsabilità ad essere la prima mossa del politico per Vocazione (il Beruf, di Max Weber). Ci si consulta, certamente, con chi di dovere, ma in primo piano deve esserci la politica non la Consultazione organizzata dalla politica che, oltretutto, ha di proprio le aule parlamentari.