di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
Quello che è forse il decreto più importante tra quelli emessi per la crisi del coronavirus, è stato varato dal governo. Esso prevede:
● Rinvii nei pagamenti di scadenze fiscali
● Crediti d’imposta per spese connesse al coronavirus
● Finanziamenti alle imprese
Sul primo punto
Si tratta di provvedimenti condivisibili perché vengono incontro alle difficoltà delle imprese rinviando le scadenze dei pagamenti dovuti. Non sono cioè accolti gli appelli di Salvini di cancellare tutte le imposte del 2020 indipendentemente dal fatto che le imprese abbiano subito dei danni oppure no (si pensi ad esempio ai supermercati che non perdono, giustamente, neppure un giorno di fatturato e d’altro canto tutto il settore turistico per il quale si prospetta un anno intero senza ricavi). La misura del danno viene determinata dalla perdita di fatturato dei mesi di marzo e aprile inferiore a quello dei corrispondenti mesi del 2019, nella misura del 33% per le imprese con fatturato fino a 50 milioni annui nel 2019 e nella misura del 50% per le imprese con fatturato superiore a 50 milioni annui sempre nel 2019.
Poiché è prevedibile un minor fatturato e quindi un minor utile delle imprese, invece di azzerare l’acconto di imposte di giugno come chiedeva Salvini, si azzerano sanzioni e interessi per acconti basati su imponibili finali presuntivi che non siano inferiori all’80% dell’imponibile effettivo.
Sul secondo punto
Le uniche agevolazioni fiscali previste sono relative all’acquisto di dispositivi di sanificazione, di sicurezza, di materiali anti virus (mascherine, guanti, visiere, occhiali, detergenti e disinfettanti); tali spese effettuate nel corso del 2020 genereranno un credito d’imposta pari al 50% del totale speso.
Sul terzo punto
La SACE SpA operante all’interno della Cassa Depositi e Prestiti fornirà garanzie a favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali per finanziamenti, concessi alle imprese aventi sede in Italia, sotto qualsiasi forma. Lo stanziamento è di 200 miliardi di cui 30 destinati alle piccole e medie imprese. L’importo del finanziamento può arrivare fino al 25% del fatturato annuo ed è garantito da SACE fino al 90%. Le uniche condizioni previste per le imprese che richiedono questo aiuto sono: il divieto di distribuire dividendi nei successivi 12 mesi e la destinazione del finanziamento per sostenere le spese ad attività produttive localizzate in Italia. Garanzie similari sono concesse per l’internazionalizzazione delle imprese e per ampliare il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Non sono previsti finanziamenti a fondo perduto ma gli interessi (anche se non ancora specificati) dovrebbero aggirarsi sul 0.5% e il tempo di restituzione dovrebbe aggirarsi sui 6 anni.
Osservazioni
Il bazooka predisposto dal governo è condivisibile e di ammontare riguardevole (400 miliardi in toto); esso ripercorre il documento Draghi apparso sul Financial Times anche se in quella sede si introduceva l’indicazione per cui occorreva “concentrarsi per tenere in piedi il massimo delle imprese produttive e, soprattutto, le imprese che si impegnano a mantenere i livelli occupazionali che avevano prima della crisi.”
Nel concedere garanzie, il decreto non si propone di cogliere l’occasione per, se non condizionare, almeno indirizzare gli aiuti verso un assetto più innovativo dell’azienda Italia. La struttura del nostro paese è caratterizzata da una eccessiva presenza di micro-imprese che, al contrario di quanto molti sostengono, non sono il punto forte della nostra economia ma, al contrario, ne costituiscono il punto debole. Infatti la piccola dimensione non permette di avere quella struttura critica per poter essere innovativi e produttivi, dovendo per ciò contare su un basso costo della mano d’opera. Quindi non si incentiva l’aggregazione di filiera, come non si incentiva la digitalizzazione, la robotizzazione, l’industria 4.0. Si lascia, ancora una volta, agli animal spirits il compito di trovare quell’assetto che essi ritengono migliore, nella filosofia della libertà imprenditoriale e del cadente liberismo.
Diverso, ad esempio, il provvedimento preso in Germania dove si prevede un fondo (WSF) a favore delle imprese che prevede l’assunzione diretta di partecipazioni societarie.
Quindi, a conclusione di questa analisi, niente fondo perduto a carico dei contribuenti, ma anche nessuna Irizzazione come invece si era ventilato ma che scompare dopo il veto di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, che in una intervista su Repubblica afferma: “ Una nuova Iri? No, non è quella la strada – risponde -. Non mi convince affatto l’idea che da questa crisi si uscirà con lo Stato protagonista dell’economia. Lo stato deve restare regolatore, non gestore”.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.