LE VECCHIE ABITUDINI DELL’EUROPA

 

di Luigi Ferro –  Socialismo XXI Campania |

 

Nel precedente articolo ho affrontato alcune criticità dell’Europa ed esprimevo un cauto ottimismo nella scelta della BCE di stanziare 750 miliardi di euro per l’acquisto di titoli di stato onde finanziare i Paesi impegnati nella duplice emergenza sanitaria ed economica.

Un cambiamento di rotta significativo nel nome della cooperazione e della solidarietà tra Nazioni europee.

Dopo l’ultima riunione dell’Ecofin cè stata una inversione di tendenza e sono tornati i soliti fantasmi.

Alla richiesta italiana di attingere prestiti fino a circa 100 miliardi di euro dal MES (fondo salva-stati), i Paese del Nord Europa, Olanda e Germania in testa, hanno fatto sentire tutta la loro contrarietà e insofferenza verso una maggiore flessibilità dei meccanismi economici europei: si ai prestiti, ma alle solite condizioni che prevedono in tempi rapidi la ristrutturazione del debito in luogo dei 30/40 anni come richiesti dall’Italia, e non solo.

Caduto nel vuoto l’appello del Presidente Mattarella di non creare in questa fase delicatissima ostacoli a quelle comunità nazionali maggiormente in difficoltà come l’Italia, i Paesi più ricchi o meno indebitati, più virtuosi di altri, nel nome di un certo moralismo quantomeno finanziario, con i loro veti rischiano di aggravare la crisi economica nell’eurozona già pesantissima, determinata dalla pandemia internazionale.

Le conseguenze di scelte poco coraggiose, ed il ricorso a certi retaggi, comprometterebbero la ripresa economica per la mancanza di risorse da investire subito e dopo il superamento dell’emergenza da COVID-19.

A sostegno delle tesi italiane, si sono schierate anche la Spagna e la Francia che di fatto ha cancellato il tradizionale asse con Berlino avendo la necessità di reperire risorse per affrontare l’emergenza sanitaria ed economica. Meglio tardi che mai!  

Di fronte alla posizione di alcuni Paesi, la Germania continua nel suo silenzio assordante mantenendo in piedi quel muro impenetrabile che ha caratterizzato l’intera politica continentale fino all’avvento del virus che ha messo in evidenza tutti i limiti dell’UE. Insomma, una nuova cortina di ferro rischia di abbattersi sull’Europa. Il momento è grave poiché la posta in gioco è il futuro dell’Europa.

Le vecchie abitudini di una certa Europa tornano ad aleggiare nel vecchio continente come un fantasma, che non è quello invocato da Marx nel suo “Manifesto del partito comunista”. E’ l’ansia di primeggiare e di rivaleggiare con chi sta messo peggio. Da un lato i virtuosi; dall’altro, gli spreconi, e così si compromette l’unità europea.

Vogliamo una Europa a due velocità? Un Nord e un Sud? Non credo. Ma occorre discontinuità e scelte coraggiose, peraltro, invocate anche da Draghi sul Financial Times. Inevitabilmente è necessario fare debito per salvare l’economia dell’eurozona.

Le affermazioni di qualche giorno fa della Lagarde vanno ben oltre il cattivo gusto perché perseverano su quella visione politica germanocentrica dell’Europa secondo la quale le regole non possono essere cambiate o sospese anche di fronte ad una emergenza senza precedenti.

Dopo l’emergenza sanitaria occorrerà ricostruire il tesuto produttivo e sociale dell’Italia e dell’Europa e ciò richiede inevitabilmente notevoli risorse che non possono essere concesse a condizioni “capestro”. Pena la recessione, o peggio, la depressione economica per anni come nel 1929. Dopo il coronavirus rischiamo di morire di fame.

E’ necessario, pertanto, accantonare gli egoismi e gli interessi nazionali e mettere al centro l’Europa, unita e indivisibile, solidale e giusta, perché solo insieme ce la faremo.

E’ così difficile comprenderlo?