APERICENA E CORONAVIRUS

 

 di Silvano Veronese – Vice presidente di Socialismo XXI  |

 

Condivido l’articolo del New York Times (ripreso da Il Riformista). Il Governo (ed anche qualche Autonomia locale) ha agito allo scoppio dell’epidemia virale con troppa lentezza ed ha mandato segnali contradditori ed incerti sul come procedere ed ha anche insistito in qualche comportamento sbagliato, in particolare per quanto riguarda il sostegno (anche finanziario) alle attività ed ai redditi che venivano meno per l’arresto del lavoro nonché nella comunicazione.

Prima sembrava che l’esigenza primaria fosse “non bloccare la vita e l’economia del  Paese”, poi quando l’emergenza, per quanto riguarda il bene piu’ profondo che sono la vita e la salute dei cittadini, ha assunto dimensioni sconvolgenti, sono stati presi  provvedimenti, ma con gradualità, tendenti all’isolamento dei contagiati e ad impedire la mobilità e i contatti fra cittadini, fra i quali il virus stava diffondendosi rapidamente ed a “macchia d’olio”!

Giusto, ma perché non decidere ed attuare fin da subito e con rigore i forti provvedimenti presi di ieri e che il Ministro Speranza chiedeva da qualche settimana? La comunità scientifica e medica aveva spiegato che la caratteristica principale di questo virus era la facilità e la rapidità nell’espandersi e nel contagiare. Perché non si è dato loro ascolto approntando subito provvedimenti e misure – in particolare “anticontagio” non limitate ai soli divieti alla mobilità extradomiciliare?

 In controtendenza, il “governatore” del Veneto Zaia da qualche settimana  ha obbligato la gente, in particolare nelle aree e nei settori di lavoro piu’ esposti al rischio di contagio, a fare i “tamponi” e a blindare le zone dove erano scoppiati i primi casi come Vo’ Euganeo in provincia di Padova.

La differenza con la Lombardia si vede ora: Lombardia abitanti 10.018.000  tamponi 66.730 alla data odierna, dopo il  disastro  e gli “apericena” alla Zingaretti in centro a Milano a alla Gori sindaco di Bergamo; Veneto abitanti 4.907.000 (meno della metà dei “lumbard”) tamponi 53.700  pari all’81% di Lombardia che ha il doppio di residenti!

I dati conseguenti, purtroppo drammatici, dicono: Lombardia positivi 17.370 di cui la metà in isolamento (in cura?) a casa propria; Veneto positivi 4.214  (se i veneti  avessero seguito gli esempi di Zingaretti e del sindaco di Bergamo sarebbero stati 8.000). I deceduti sono nel Veneto pari al 5% della Lombardia e  non il 50% se avessero seguito  la tendenza della Lombardia. I ricoverati con sintomi in Veneto (compresi quelli in terapia intensiva) sono il 12% di quelli della Lombardia.

Quindi, da subito in Veneto c’è stato piu’ rigore nell’attuare prescrizioni antimobilità ed anticontatto tra persone nonché nel reprimere violazioni delle ordinanze ma anche, fin da subito, si sono messe in piedi con sollecitudine strutture mediche di accoglienza degli infetti da curare, ordinato macchinari (es. i respiratori) e strumenti anticontagio (tamponi per verificare infettati o meno), mascherine, guanti). Non ho mai votato Zaia, però devo riconoscere che sul piano del “fare” e non delle “chiacchere” non ha rivali in tutti gli altri “attori” pubblici nazionali e locali.

Non finiremo mai di ringraziare con commozione ed affetto il personale ospedaliero medico, infermieristico ed ausiliario, in particolare, ma anche le forze dell’ordine, della protezione civile e del volontariato (non poche di queste persone sono state contagiate anche con effetti mortali e altre restano esposte al rischio) per essersi prodigate con abnegazione e senza sosta essendo da tempo “sotto-organico” e con insufficienti strumenti e macchinari a causa dei tagli intervenuti nella Sanità (ben 37 miliardi negli ultimi 10 anni).

Il S.S.N. in  Lombardia, in merito a ciò, data la vastità del drammatico fenomeno, è a rischio del collasso. Paga così la scelta di responsabilità antiche della Regione e di complicità nazionali che hanno indirizzato fino ad oggi non poche risorse verso il settore sanitario privato anziché procedere in direzione di un potenziamento delle strutture sanitarie  pubbliche e del personale medico-infermieristico necessario, non preventivando che, nella vita di un Paese, prima o poi, scoppi di catastrofi  o epidemie possono sempre accadere, e quindi un Paese moderno deve essere sempre pronto a fronteggiarle per le conseguenze che ne possono derivare per la vita e la salute della gente o per l’economia del Paese stesso.

Oggi è il tempo della solidarietà e dell’aiuto reciproco e non dei processi, ma al termine di questa terribile prova a cui siamo stati chiamati, per la quale auspichiamo una conclusione  rapida, dovremo fare una profonda analisi autocritica delle responsabilità e delle scelte sbagliate praticate fino ad oggi e per programmare un profondo rinnovamento nel merito e nel metodo di governo di questo Paese.