LA POLITICA MEDITERRANEA DEL SEGRETARIO DEL PSI

LUISS GUIDO CALVI – LIBERA UNIVERSITA’ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI

DIPARTIMENTO di Scienze Politiche

Cattedra di Teoria e storia dei movimenti e dei partiti politici

LA POLITICA ESTERA DI BETTINO CRAXI NEL MEDITERRANEO: DALLA SEGRETERIA AL GOVERNO

Tesi di: Benedetta Bassetti Matr. n. 068302

Relatore Prof. Vera Capperucci

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

 

CAPITOLO SECONDO

La Politica Mediterranea del Segretario del PSI

2.3 Cooperazione italiana

Secondo la convinzione che, come gli Stati Uniti sollevarono l’Europa con il Piano Marshall nel dopo guerra, un grande piano di aiuti e d’investimenti delle Nazioni Ricche verso quelle in via di sviluppo potesse promuovere una crescita comune ed equilibrata in tutti i continenti; fu il Partito socialista a pretendere che l’Italia rispettasse la percentuale dello 0,70% del PIL da destinare ai paesi poveri (un impegno deciso dall’ONU). A una visione poi meno caritatevole dell’impegno ancora una volta contribuirono in modo decisivo i socialisti che destinarono quella percentuale alla cooperazione italiana istituita presso il Ministero degli Affari Esteri. I paesi che investivano nei paesi poveri si assicuravano anche aree d’influenza e mercati, le opere progettate nel terzo mondo davano da lavorare alle nostre aziende e i poveri di quelle nazioni aiutate a risollevarsi si sarebbero sempre rivolti a chi li aveva soccorsi nel momento del bisogno. Craxi capì che un paese medio come l’Italia aveva l’obbligo di concentrarsi su alcune aree, cosi accanto al Sudamerica dove vi era una forte presenza della nostra antica immigrazione, lo sguardo doveva per contiguità geografica e storica rivolgersi al Mediterraneo, al vicino Medioriente e all’Africa.

Nel Nord Africa (soprattutto la Tunisia) che per la sua estrema vicinanza costituiva un partner naturale. Nei territori del Corno d’Africa, dove l’avventura coloniale italiana aveva almeno lasciato lingua e cultura. Sempre tenendo conto del fatto che la Guerra Fredda, tema affrontato nel capitolo precedente, si consumava anche all’interno dello scenario Mediterraneo e Africano. Non era a caso che l’Unione Sovietica aveva occupato l’Etiopia e lo Yemen del Sud e in questo modo controllasse tutte e due le sponde dello Stretto di Bab el Mendeb, mettendo cosi le dita sulla vena giugulare dell’economia e dei rifornimenti energetici dell’Europa.

I socialisti, e qui si può avere un esempio di come il provincialismo si può sposare con la demagogia, sostennero la Somalia e appoggiarono Siad Barre, per il solo e semplice motivo che costituiva un baluardo dell’occidente contro il regime etiopico del generale Menghistu, che appoggiato dai carri armati dell’URSS combatteva contro di lui nell’Ogaden. Il PCI per i suoi legami con l’URSS fraternizzava con Menghistu, anziché per Siad Barre, che pure con le sue tante colpe, era un amico dell’Italia e aveva studiato alla scuola dei Carabinieri di Firenze.

Quando il regime Somalo crollò la stampa italiana esultò perché era stato appoggiato dai socialisti e applaudì l’avvento della democrazia, dimenticando che nelle società africane con tradizioni tribali solo degli sprovveduti possono immaginare libere elezioni fondate su partiti di stampo occidentale. Il risultato fu invece la definitiva disgregazione della Somalia (sino alle tragedie provocate dall’estremismo dei giorni nostri) con anni di orrori e conflitti tribali per i quali l’Occidente ha pagato un prezzo altissimo. Forse oggi, con gli occhiali della storia gli avvenimenti possono essere letti con maggior obbiettività. La verità è che grazie alla politica di cooperazione finita poi nelle aule dei tribunali l’Italia conquistò una visione e una presenza mondiale. Ci riuscì anche facendo leva su due caratteristiche che ci distinguevano dagli altri paesi occidentali. Primo, soltanto l’Italia non aveva un odioso passato coloniale, secondo l’Italia più di altri aveva esportato decine di milioni di immigrati. Questi italiani o discendenti di italiani avevano lavorato e conquistato nei paesi di accoglienza posizioni importanti. Non chiedevano aiuti o sovvenzioni ma chiedevano piuttosto identità, cultura, senso di appartenenza.

Potevano in cambio diventare la nostra rete di pubbliche relazioni di espansione economica nel mondo, di un Italia apprezzata perché legata all’immagine della moda, del calcio, dell’arte, della buona cucina, della cultura cinematografica: un’immagine magari anche un poco edonista, ma dietro la quale arrivavano le esportazioni di tecnologia, di macchinari, di grandi opere pubbliche e infrastrutture.

Sono stati fatti errori, manifestato una fiducia forse naif nei regimi emersi dopo il colonialismo? Certamente sì. Ma se l’Occidente avesse dovuto trattare solo con i paesi pienamente rispettosi dei suoi standard di libertà e democrazia avrebbe dovuto troncare le relazioni con tutti. Ci sono stati sprechi, ruberie, distorsioni, finanziamenti illegali ai partiti? È probabile, ma quello che è certo è che anche grazie alla politica di cooperazione, l’Italia è diventata una protagonista sulla scena mondiale, il suo sistema economico ha conquistato mercati e lavoro. Chi fa sbaglia, specialmente quando osa e fa per la prima volta, ma tutto ciò va pesato con equità sulla bilancia della storia. 25

2.4 Pace e Medioriente

La politica estera del partito socialista di Craxi voleva essere una politica estera dinamica e ambiziosa questo significa soprattutto una politica che guardasse a Sud con l’obiettivo di fare del mediterraneo un mare di pace, consolidando la funzione dell’Italia come ponte tra l’Europa, il mondo Arabo e l’Africa. Quest’obiettivo a cui l’Italia era spinta da ragioni storiche, culturali, politiche ed economiche richiedeva la pace in Medioriente, l’eliminazione del conflitto tra israeliani e palestinesi. I socialisti italiani dettero il loro contributo con coerenza e testardaggine, potendo parlare con credibilità ed amicizia a tutti i tre protagonisti. Craxi, amico degli israeliani e dei palestinesi era convinto che non ci fosse un’altra strada da perseguire che non quella della paziente perseverante trattativa, disposto a litigare con entrambi gli amici per convincerli, parlando chiaro anche all’alleato americano.

Craxi diventato segretario del PSI dirà “Nel più grave e serio dei conflitti, quello arabo- israeliano, la soluzione non può essere trovata al di fuori di trattative fra tutti i contendenti, che siano fondate sul principio del riconoscimento di tutti i fondamentali diritti degli stati e dei popoli della regione. Resta indiscusso il diritto allo Stato di Israele a vivere entro frontiere riconosciute e sicure, ma in un tale quadro resta anche indiscusso il suo dovere di ritrarsi dai territori occupati dalla forza nel 1967”. 26

Nell’ambito di una politica estera fortemente orientata al mediterraneo, è da ricordare poi anche la forte iniziativa di Craxi diretta a determinare il ritiro delle truppe Turche dall’isola di Cipro e a spingere perché s’iniziassero una serie di trattive fra le due comunità quella greca e quella turca al fine di raggiungere un accordo che preservasse l’indipendenza dell’isola. In quell’occasione Craxi ebbe a dire: “…non meno serio del conflitto arabo-israeliano è quello esistente nell’isola di Cipro e nel quale sono direttamente coinvolti due Paesi che hanno rapporti diretti e particolari con l’Europa, sia nell’ambito della CEE che in quello della NATO.

La serietà e la gravità della situazione cipriota è data in tutta la sue evidenza dall’occupazione militare turca e dalla spartizione di fatto dell’isola. Se un primo giudizio vi è da formulare da parte dei partiti socialisti dell’Europa del sud è che il conflitto cipriota, per arrivare a una sua risoluzione, ha bisogno innanzitutto di una forte iniziativa politica diretta a determinare il ritiro delle truppe turche e l’inizio di una serie trattive fra le due comunità, quella greca e quella turca, al fine di raggiungere una accordo che preservi comunque l’indipendenza dell’isola. La soluzione del problema della forma che dovrà assumere lo Stato cipriota unitario o federale che sia, è questione di secondaria importanza che troverà la sua pratica soluzione nell’accordo fra le due comunità e fra i paesi interessati e al cui raggiungimento devono essere indirizzati tutti gli sforzi.”27

Sempre nell’ambito della riunione dell’Internazionale Socialista tenutasi a Madrid, Craxi esprime il suo appoggio a Malta e ai maltesi e al loro desiderio di indipendenza e neutralità.28 “Un’altra questione destinata a richiedere una particolare attenzione e una presa di posizione è quella riguardante Malta.29 Com’è noto, i compagni del Partito Laburista maltese hanno preannunciato un progetto per il riconoscimento dello status di neutralità più o meno garantita dell’isola a partire dal marzo 1979, epoca in cui verrà a scadere l’accordo dell’affitto della base navale stipulato con la Gran Bretagna e, per certi aspetti finanziari, di fatto con la NATO.

La neutralità garantita di Malta, ampliando di per se i margini della pace nel Mediterraneo, deve essere vista con il massimo favore. A questo progetto i nostri partiti non possono dunque non dare la loro adesione, anche se esso richiederà certamente uno sforzo finanziario congiunto dei paesi europei per permettere all’isola di operare una riconversione della sua economia, oggi notevolmente dipendente dai proventi dell’affitto delle attrezzature navali militari. Il Partito Laburista maltese ha posto con chiarezza la questione di fronte ai governi europei, in particolare della Francia e dell’Italia. Le risposte che sino ad oggi sono state formulate non possono essere considerate soddisfacenti. Malta ha chiesto ai due paesi Europei sopra citati, e contemporaneamente alla Libia e all’Algeria, una dichiarazione politica che riconosca il valore e l’importanza della futura neutralità. Il governo maltese non è disponibile a divenire base militare di potenze straniere e men che meno delle maggiori che già si contendono l’influenza militare nel mare Mediterraneo. È questa una posizione importante che deve spingere i governi europei e arabi più direttamente interessati a cooperare con Malta per consentirle di affrontare prospettive derivanti dal suo nuovo status, senza contraccolpi gravi per la vita economica e sociale dell’isola.”30

 

Note:

25. U. Intini, I socialisti , Gea, Milano, 1996.

26. B. Craxi, Discorso alla riunione dell’Internazionale Socialista, Madrid, 8 Maggio 1977.

27. Ibidem.

28. E. Di Nolfo e M. Gerlini (a cura di) , Il Mediterraneo attuale tra storia e politica , Marsilio, Venezia, 2012.

29. Appunto di Badini sulla questione di Malta. Documento Riservatissimo.

30. B. Craxi, Discorso alla riunione dell’Internazionale Socialista, Madrid, 8 Maggio 1977.