di Anna RitoSocialismo XXI Basilicata |

Ben si sa che la storia non si ripete mai nei medesimi termini. Tuttavia, nel moto di essa si inseriscono eventi ed avvenimenti che, a causa della loro esemplare storicizzazione, possono suggerire a chi si trova in situazione analoghe spunti di riflessione per elaborare categorie politiche, economiche e sociali adatte a tempi nuovi e vicende bisognose di accurate analisi per essere comprese e non conformisticamente valutate e strumentalizzate.

Ebbene, un fatto di grande rilevanza politica che può servire da viatico per affrontare nuove e assai differenti sfide storiche, ma con  l’intento di volgerle nella stessa direzione politica, si svolse nel giugno del 1971 a Épinay -Sur-Seine, un comune della periferia Nord di Parigi. All’interno di un grande centro sportivo vi si tenne “Il Congresso dell’unità” per la rinascita del Partito Socialista francese.


Il manifesto del Congresso di Épinay

Dal 1968, i socialisti francesi parlavano di unificazione di tutte le tendenze all’interno di un unico partito, finalmente si riunirono fisicamente per fronteggiare le divisioni interne e dare un contributo politico unitario. Perciò, prima di conoscere i fatti e lo svolgimento del Congresso di Épinay, penso sia utile ricordare come ci si arrivò.

A Issy-les-Moulineaux, nel maggio e poi a luglio del 1969, furono convocati dalla SFIO (Sezione francese internazionale operaia), dall’Unione dei Clubs per la rinascita della sinistra e alcuni attivisti della Convenzione delle istituzioni repubblicane (CIR), guidato da Francois Mitterand, due congressi che portarono al Nuovo Partito Socialista. L’anno successivo venne indetto un congresso straordinario con l’obiettivo di realizzare l’unità. Un anno dopo, nel giugno 1970, il Nuovo PS organizzò un congresso straordinario a Seine-Sant-Denis con l’obiettivo di vedere realizzata l’unità dei socialisti grazie ad un piano d’azione per una Francia democratica.

Pur riconoscendo la Quinta Repubblica, questo piano proponeva, in opposizione al capitalismo, una nuova economia e una nuova forma di Stato. Inoltre, in vista dell’unione della sinistra in prospettiva di governo, si sarebbe aperto un confronto con le organizzazioni politiche e sindacali. Nonostante che il congresso, come si è detto, fosse stato voluto proprio in prospettiva dell’unificazione della sinistra, il nuovo partito socialista rimase tuttavia diviso. Per un intero anno si ritornò a lavorare per un programma comune con altri partiti di sinistra, con il PCF e i radicali di sinistra. Così la “Delegazione Nazionale per l’Unità dei Socialisti” composta dal Partito Nuovo Socialista, CIR e dai circoli creati al di fuori della SFIO richiesero la partecipazione al “Congresso dell’Unità”, che si tenne nei giorni 11,12,13 giugno a Épinay.

Ben 17 mozioni furono presentate al Congresso, ma il dibattito si concentrò su cinque di esse. Dopo varie trattative, fu chiaro che intorno a Francois Mitterand si stava formando un consenso maggioritario.  La formula che Mitterand espose al Congresso si può riassumere nel concetto di rottura con l’ordine costituito. “Violenta o pacifica, la rivoluzione è prima della rottura. Chi non accetta la rottura – il metodo – è uno che non è disposto a rompere con l’ordine stabilito, e con la società capitalistica, il quale, qui vi dico, non può essere membro del Partito Socialista“.

Quando Mitterand entrò nel Centro Sportivo Lèo-Lagrange, aveva cinquantacinque anni, un passato politico ricco e articolato (11 volte ministro nella quarta Repubblica) in cui le molte luci si confondono con ombre e contraddizioni (gli avversari più accaniti lo sospettavano di collaborazionismo all’epoca di Pètain). Mitterand, lettore appassionato, oratore eccellente, ebbe molti estimatori, ma anche molti nemici. I biografi, non importa se favorevoli o severi, furono d’accordo che il titolo di “fiorentino” datogli da Francois Mouriac, egli lo avesse meritato ampiamente.

Del resto Mitterand amava molto il nostro Rinascimento. Navigando abilmente tra gli scogli delle tradizioni divise e rivali della sinistra francese (socialista, radicale, comunista, e cattolica), Mitterand riescì a unirla e per poterla unire scese, e va rilevato, dalla torre eburnea del suo partito personale, il CIR. Così, Francois Mitterand al congresso di Épinay ribattezzò “Partito Socialista” la SFIO divenendone il segretario e solo in quel momento diventa anche socialista. Poche settimane dopo, nel luglio del 1971, Mitterand presenta il suo primo discorso pubblico e un anno dopo, il 27 giugno 1972, firma insieme a Georges Marchais “il programma comune di governo” tra PS e PCF, che sarà sottoscritto anche dai radicali. Il resto è più o meno storia nota.

Quello che a noi, esponenti dell’ “Associazione Socialismo XXI”, interessa mettere all’attenzione delle compagne e compagni, è la forza dirompente e rivoluzionaria che porta con sé il coraggio di abbandonare visioni settarie, nostalgie fuorvianti, arroccamenti e contemplazioni di tutte le personali ‘sacrosante’ ragioni, i timori di perdere ruoli apicali in piccoli gruppi che nel dibattito politico rasentano l’insignificanza.

Come nella Francia di fine anni ‘60 il gran fiume del socialismo si era rinsecchito ed ebbe bisogno di affluenti che portassero nuove acque per alimentare il ceppo antico e umanitario del socialismo francese, allo stesso modo, oggi, in Italia si avverte drammaticamente e improrogabilmente lo stesso bisogno. Perciò Épinay è diventata un simbolo e un metodo.

Simbolo, per mettere insieme, riunire le parti che sono scisse e metodo per segnare la via da seguire per il raggiungimento del nostro scopo. 

A tutte le altre realtà che si richiamano ai valori del socialismo e della realizzazione delle personalità individuali, ai tanti, ma tanti, elettori delusi, l’“Associazione Socialismo XXI” lancia un messaggio chiaro e univoco: bisogna unire le sinistre, bisogna unirle intorno ai socialisti perché l’Italia ha bisogno, una volta di più, di una forza politica che dialoghi con i cittadini con un linguaggio di verità (contro una mistificazione programmatica dell’informazione) e che agisca sui problemi della nostra società con la passione di un ideale umanitario e con l’intento di una maggiore giustizia sociale.

Se solo lo volessimo, “conquerir le ciel “, conquistare il cielo, è per noi ancora possibile. Mitterand diede questo titolo ambizioso e romantico al suo programma di riforme; per noi socialisti è noto che utopia e razionalità sono la faccia della stessa medaglia che ci chiama all’impegno politico e sociale. Il passato c’insegna che quest’alchimia ha generato le migliori riforme sociali che ancora oggi onorano la storia del socialismo. Una storia che deve continuare.  

Ritroviamoci, allora, a Genova nel 2020 per l’Épinay italiana, per ritornare ad esistere, esistere fisicamente con una nuova organizzazione politica. “Tutto è in questione, tutto è posto di fronte all’alternativa di rinnovarsi o perire”. Queste parole di Pietro Nenni, scritte pochi giorni prima della sua morte, devono essere per noi un richiamo forte e convinto per rialzarci, dopo tanta sofferenza, e riprendere la via.