SANITA’ E DIRITTO ALLA SALUTE

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019

Salvaguardia della salute dei poveri e meno abbienti

Lo stato di salute della salute italiana. Venti anni di aziendalizzazione hanno trasformato il malato in cliente. Così da Servizio è assurto a Sistema, una macrostruttura amministrativa, politica, finanziaria, che ha perso la sua connotazione originaria. L’introduzione dell’intramoenia e delle assicurazioni integrative ha determinato la divisione della popolazione in due grandi categorie: i privilegiati che possono pagare ed avere rapidamente i servizi richiesti e i poveri, che devono spesso affrontare lunghe liste d’attesa.

Se a questa situazione si aggiunge l’introduzione del pagamento del ticket per farmaci, visite ed interventi diagnostici, si perde il concetto di gratuità, uno dei pilastri dell’istituzione del SSN. Infine, la gestione regionale ha creato grande disparità e discriminazione nei servizi disponibili per i cittadini italiani. In conclusione 14 milioni di italiani non accedono alle cure, 4 mln rinunciano alle cure odontoiatriche, 7 mln pagano visite specialistiche cash and black.

I tagli sulla Medicina di base e territoriale hanno distrutto la rete dell’offerta diagnostica e sanitaria nelle periferie nei centri non serviti e soprattutto distanti dal capoluogo. Ne consegue una maggiore difficoltà per i pazienti, specie anziani di recarsi in un centro diagnostico di base e/o terapeutico di base, rapidamente e senza spostamenti sul territorio. Il maggiore affollamento e la creazione di liste d’attesa nasce da questa base.

In questo ambito proponiamo l’Assistenza Domiciliare Integrata che possa prendere in carico almeno l’8% dei pazienti dimessi dall’Ospedale, a partire da quelli fragili, garantendo seriamente le dimissioni “protette”. Le strutture intermedie (Ospedali di comunità, Unità territoriali Riabilitative) per chi ha esisti di ictus, fratture femore o non ha patologie acute, che stanno nascendo o dalla riconversione di ex piccoli ospedali dismessi o all’interno delle Residenze protette, sono strutture essenziali per ridare all’Ospedale il ruolo di presidio destinato all’acuzie. Meno Ospedali ma qualificati ed in rete fra di loro,dotati delle strumentazioni tecnologiche necessarie. Governo degli stessi affidato al Consiglio dei Sanitari, coordinati dal direttore di presidio.

Proposta istituzionale: Le Asl non sono aziende ma enti strumentali delle Regioni e dei Comuni, gestiti sulla base del “governo clinico” e con forte attenzione alla qualità e quantità della spesa.

Quel che maggiormente preoccupa è la distribuzione regionale della compartecipazione, con una spesa pro capite a gravi difformità regionali quasi sempre a gradiente latitudinali. Ci si cura meglio e si spende meno nelle Province autonome di Bolzano e Trento e Valle d’Aosta, dove la spesa sanitari pro capite è la più alta (rispettivamente 2.232, 2.160 e 2.082€) con un disavanzo che va dai 300 ai 400 €/pro capite.

In Campania, Sicilia e Puglia, ove è più alta l’incidenza del ticket pro capite (11.9, 10.8, 10.5% rispettivamente) e più bassa la spesa sanitaria pro capite (Campania 1.662), il livello della prestazione viene giudicato con un basso indice di gradimento da parte dell’utenza, generalmente insoddisfatta.

Proposte:

In uno scenario così complesso è giunto il momento di riordinare tutta la spesa assistenziale oggi così frammentata e non sempre ben distribuita (una Commissione parlamentare al massimo livello con 6 mesi di tempo potrebbe farlo).

Esiste infatti una povertà “strutturale” legata a patologie stabili che impediscono il lavoro e l’autonomia economica o al degrado culturale e sociale molto difficile da aggredire e destinata ad essere “assistita” per tutta la vita. Ed esiste una povertà “temporanea”, legata a scarsità di reddito per assenza o insufficienza di redditi da lavoro, che riguarda persone in età attiva senza problemi di salute. Si valorizzino, pertanto, tutte le ingenti risorse investite, riutilizzando bene le misure che già ci sono (oltre 60), semplificando le procedure, separando in modo definitivo previdenza ed assistenza nei bilanci Inps.

Si ripensino bene e si rafforzino le misure di tutela della non autosufficienza (l’assegno di accompagnamento può continuare ad essere slegato dal reddito?); si portino le misure per la tutela del lavoro nell’ambito delle politiche attive del lavoro stesso e non dell’assistenza.

Si promuovano, infine, reti territoriali per la presa in carico della persona e della famiglia povera (servizi sociali comunali, centri per l’impiego, associazioni di volontariato, servizi dedicati delle Asl, servizi di edilizia residenziale pubblica: saranno queste “reti” il vero motore applicativo delle misure per una vera inclusione sociale. La storia di questi ultimi trenta anni, infatti, ha insegnato che il solo intervento finanziario non è efficace per uscire dalla povertà.