GLI SCHERZI DEL POTERE, DALL’ANTIPOLITICA ALLA PARTITOCRAZIA QUALUNQUISTA

di Franco Astengo |

Svolto l’apprendistato come forza portante dell’antipolitica basata sul regime del Capo, i candidati scelti attraverso il “like” del web, le espulsioni dei dissidenti in base alla logica di un rispetto assoluto dei “valori” enunciati dalle misteriose fonti di origine del Movimento, i 5 stelle di governo hanno scoperto presto lo “spoil sistems” applicando addirittura con ferocia il criterio dell’appartenenza nelle scelte di sottogoverno a tutti i livelli (appartenenza per la quale comunque non si va tanto per il sottile quanto a precedenti e sotto questo aspetto si notano particolari anche clamorosi soprattutto in RAI).

Naturalmente chi li ha preceduti tra “gigli magici” e “cene eleganti” non aveva sicuramente brillato per criteri di competenza e merito (merito: una parola molto difficile da applicare) nelle scelte di questo tipo e non ci troviamo certo nella condizione di rimpiangerne l’operato.

In ogni caso il metodo nell’occupazione del potere da parte di questi neo-giacobini da salotto e da balcone ha avuto però fin qui un andamento impressionante: in testa ai desideri naturalmente la RAI, ma nulla è sfuggito dall’ISTAT al Consiglio Superiore di Sanità fino all’Agenzia del Farmaco e quant’altro, così come avevamo già avuto occasione di osservare la formazione immediata di “cerchi magici” nei Comuni dove i 5 stelle si sono trovati nella ventura di amministrare.

Naturalmente, in questo clima, è sempre molto facile trovare epigoni dall’illustre curriculum (magari costruito a tavolino) disponibili sul classico “mercato delle vacche”.

Ci troviamo quindi dentro ad un pieno ritorno dentro a quella realtà, tanto deprecata, che fu definita come “partitocrazia”.

Di seguito si dedica allora a questi neo-puristi della politica la prima definizione di “partitocrazia” apparsa sulla scena della scienza politica italiana; così tanto per ricordare e ripetere, come ci è capitato già di affermare in altre occasioni: “nihil sub sole novum”.

 Torniamo a Giuseppe Maranini, sano reazionario e inascoltato profeta dell’avvento del “tiranno senza volto”: la partitocrazia.

Nel 1963 Maranini lanciava questo tremendo atto d’accusa: “Senza dubbio la moralità pubblica è infima, l’educazione è pessima. Ma come la moralità e l’educazione possono migliorare, finché operi un sistema politico-amministrativo così caotico e irresponsabile, e dunque tanto diseducativo? Finché nella paralisi della giustizia e nell’assenza di ogni responsabilità politica e amministrativa, proprio gli interessi più solidali e le necessità più moralmente giustificate, debbano affidarsi, per non soccombere, a quella stessa tecnica di ricatto e di intimidazione di cui fa scuola la dominante pirateria politica?”.

La partitocrazia è un male antico connaturato al nostro sistema politico al punto da aver accompagnato la vicenda unitaria del nostro Paese. Da quando Ruggero Bonghi, Francesco De Sanctis, Marco Minghetti l’analizzarono nel profondo, nella seconda metà del XIX secolo, la partitocrazia ha convissuto e convive con le istituzioni in modo da essere considerata elemento permanente del paesaggio politico italiano, fino a connotarsi come una sottile forma di totalitarismo, oppressiva e invadente.

La partitocrazia è connaturata a una democrazia poco vitale nella quale il cittadino conta sempre meno: una “democratie sans peuple”,

Sosteneva Maranini che il problema della lotta alla partitocrazia è da un lato un problema di liberazione dei partiti da elementi inquinanti e, dall’altro, un problema di liberazione dello Stato. Tanto la prima che la seconda, aggiungeva, “sono possibili solo con una radicale revisione delle nostre leggi. Tale revisione può sembrare utopistica e assurda: ma tante tirannie sono cadute, e anche la tirannia partitocratica cadrà”.

Ecco dove sbagliava Maranini:

 “La partitocrazia cadrà il giorno nel quale tutto il Paese sarà diventato consapevole della natura del male e della sua tragica gravità; cadrà il giorno nel quale tutti sentiranno l’illegittimità di un’autorità fondata solo sulla frode e le rifiuteranno ossequio; cadrà il giorno nel quale ciascuno si renderà conto del rapporto di casualità che intercede fra i mille problemi particolari che angustiano la sua vita privata d’ogni giorno e questa cancrena della vita pubblica. Solo un moto di opinione, d’irresistibile forza, potrà imporre quelle forme legislative che strapperanno il potere dalle mani dei suoi attuali illegittimi detentori (di ogni partito). Ma quel moto sicuramente si produrrà”.

Che Maranini avesse  punti di ragione allora come oggi è incontestabile ma sbagliava circa la caduta della partitocrazia.

Non aveva però previsto che fosse proprio quel moto apparente che si è presentato in Italia sotto le vesti dell’antipolitica generasse nuova partitocrazia.

Una partitocrazia senza parlamento: una vera e propria “beffa storica” , quasi una “frode di massa” quella alimentata dal Movimento 5 stelle, con l’aggiunta di aver messo assieme un meccanismo di  gigantesco “voto di scambio”, al riguardo del quale oggi emergono tutte le difficoltà di concretizzazione con i relativi rischi di ribaltamento nel qualunquismo.

In sostanza: un movimento 5 stelle portatore di una inedita forma di “partitocrazia qualunquista”.

Il risultato sarà quello del sorgere di una nuova antipolitica oppure si procederà spediti verso l’occupazione totalitaria del potere:logico sbocco di queste situazioni molto simili a ben note vicende sud-americane?

Come si concilierà questa “nuova partitocrazia” con la democrazia diretta e idee strampalate come quelle del “referendum propositivo” sarà altra materia da analizzare.

Nel frattempo non si può non notare come  ci sia spazio per un’ampia riflessione che probabilmente dovrebbe essere rivolta ancora nella direzione degli studi che aveva portato avanti  Maurice Duverger e dedicati in particolare all’analisi dei sistemi di partito e ancora al rapporto tra i sistemi di partito e i consessi elettivi, così come sarebbe necessario riaffermare (ancora una volta!) i principi portanti della democrazia parlamentare così come contenuti nel testo della Costituzione Repubblicana.

Gli gli esiti evidenti della degenerazione dell’antipolitica italiana in una forma partitocratica consentono di rilanciare il tema dell’organizzazione del sistema partendo dal ruolo dei partiti, come soggetti di promozione e selezione della rappresentanza politica perché il rischio che stiamo correndo adesso è davvero quello, già paventato da altri, di un vero e proprio “dissolvimento” del sistema politico italiano.