LA QUESTIONE SOCIALISTA E QUEL PARTITO CHE MOLTI NON VOGLIONO

di Antonino Martino |

E’ tempo di parlare senza ipocrisie della questione socialista e di quel partito che molti non vogliono.

Chi è che non vuole oggi un partito del Socialismo del XXI Secolo, una riunificazione, su basi nuove di un partito di tal genere, attraverso una vera “Epinay” socialista?

Non lo vuole certamente nessun esponente del Pd, dato che nessuno, fino ad ora, ha avuto il coraggio nemmeno di proclamarsi socialista.

Non lo vuole abbastanza chi celebra un congresso che da solo, come tutte le esperienze politiche fino ad ora in campo, non può bastare, seppure importante, a risolvere il tema di un partito del Socialismo del XXI secolo largo, includente tutte le sensibilità e tendenze politiche che hanno animato il nostro campo in questi anni.

Ma lo vuole ancora di meno, chi fa convegni dove auspica listoni di tutte le forze che si richiamano al Socialismo Europeo.

Non perché fare una lista del Pse non sarebbe ottima cosa, ma perché non si capisce perché in Europa siamo tutti socialisti e poi in Italia invece, ci inventiamo “sigle”  e “siglette” ogni volta per non costruire la Sezione Italiana del Partito del Socialismo Europeo.

Come pure non lo vuole, questo partito, chi proclama che serva un nuovo partito Eco Socialista, e poi, al posto che lanciare una fase costituente, con una strada prestabilita, che si concluda con un congresso vero, convoca assemblee più o meno aperte, più o meno già preimpostate e preconfezionate.

Al fondo, e qui c’è un dato antropologico che però non si può non esplicare se non si vuole ricadere nell’ipocrisia, un partito così non lo vogliono due tipi di dirigenti politici molto presenti nel campo della sinistra in Italia:

da una parte quei dirigenti che per venti anni hanno detenuto le direzioni politiche dei disastri della sinistra post prima Repubblica, inanellando fallimenti, perpetuando una liturgia sempre uguale a sé stessa, perché temono che qualcuno oggi non sia più disposto a rivedere l’ennesimo, noioso film;


dall’altra parte non lo vogliono quella generazione di dirigenti quarantenni, che hanno scelto di accodarsi ad uno di quei dirigenti che detenevano il comando di cui sopra, rinunciando alla costruzione di una proposta politico-ideale autonoma, coltivando una fedeltà tipica di altri contesti ma non certo di una sana politica e che oggi scalpitano perché attendono il loro turno in sala proiezioni, ovviamente per mettere in scena lo stesso film, ovviamente con gli stessi fallimenti, ma stavolta da registi e non da portatori di pop corn.

Tutto ciò deve finire e personalmente, io vado a Rimini anche per questo: per contribuire a creare le condizioni, affinchè si arrivi ad avere un forza autonoma, dove chiunque davvero voglia un partito del Socialismo del XXI secolo, nel quale si possa sentire a casa.