AUSTERITY VERSUS INVESTIMENTI

di Renato Gatti Come funziona il rapporto debito/PIL. Di fronte alla situazione di un paese con un alto rapporto debito PIL, come l’Italia, il cui indice supera il 130%, è bene considerare approfonditamente come funziona questo indice. Partiamo quindi da una situazione in cui il debito sia 130 ed il PIL sia 100; ciò significa che per pagare tutti i suoi debiti l’Italia deve pagare il 130% del suo prodotto lordo interno annuo, dovrebbe cioè usare tutto ciò che produce in un anno e quattro mesi solo per pagare i debiti, dopo di che, sempre che sia sopravvissuto ad un digiuno così lungo, partirebbe vergine senza un euro di debito. Poiché questa dieta è da tutti ritenuta non attuabile, si consiglia, anno per anno, di ridurre le spese e quindi diminuire il debito e quindi rimettersi in linea con i parametri europei. Questa è la strada seguita dal Belgio che anni addietro aveva il ratio debito/PIL uguale all’Italia e che anno dopo anno, come una formichina ha ridotto il suo ratio a livelli accettabili. Il calcolo sarebbe cioè riduzione del numeratore a livelli inferiori a 130 lasciando immutato il denominatore: partendo da 130/100 una serie di avanzi primari riduce il numeratore a 100 senza modificare il denominatore, quindi il ratio scende a 100/100. Questa era la strada iniziata da Prodi, che in effetti ridusse il ratio, ma poi la strada fu abbandonata e il ratio peggiorò. Questa strada, da formichine, funzione se il risparmio primario non incide sui livelli di PIL, ma se il taglio di spese, la spending review, ha delle conseguenze sul PIL tutti i sacrifici fatti a livello di spesa (deficit – debito) potrebbero essere inutili se non dannose. Se ad esempio si riducesse di 10 il debito e di altrettanto si riducesse il PIL, noi avremmo il ratio che da 130/100 passa a 120/90, ovvero 133,33/100. I nostri sacrifici sono serviti a peggiorare il ratio debito/PIL da 130% a 133,33/100. Se al contrario aumentassimo il debito di 10 e di altrettanto aumentasse il PIL, noi avremmo il ratio che da 130/100 passa a 140/110, ovvero 127.27/100. I nostri investimenti produttori di PIL sono serviti a migliorare il ratio debito/PIL da 130% a 127.27/100. Le due alternative che abbiamo sopra riportate sono esattamente le alternative proposte da austerity e sviluppo. Ma attenzione il meccanismo sopra descritto vale fino a quando il debito è superiore al PIL; quando questi due elementi sono 100 e 100 rispettivamente l’effetto sul ratio è indifferente. Quando invece il debito fosse inferiore al PIL l’effetto è contrario. Se ad esempio il ratio fosse 90/100 e si riducesse di 10 il debito e di altrettanto si riducesse il PIL, noi avremmo il ratio che da 90/100 passa a 80/90, ovvero 88,8/100. I nostri sacrifici sono serviti a migliorare il ratio debito/PIL da 90% a 88,8/100. Se al contrario aumentassimo il debito di 10 e di altrettanto aumentasse il PIL, noi avremmo il ratio che da 90/100 passa a 100/110, ovvero 90,9/100. I nostri investimenti produttori di PIL sono serviti a peggiorare il ratio debito/PIL da 90% a 90,9/100. Ciò premesso, e tornando al caso italiano con un ratio ben superiore a 100, voglio al proposito ricordare le elezioni europee nelle quali il PD prese il 40%; quel successo fu interpretato dal premier Renzi come un successo personale che segnò la sua futura carriera politica. Ma se noi ritenessimo che quando si vota non si elegge Miss Italia ma si vota per una opzione piuttosto che per un’altra, se poi realizzassimo che le opzioni di fronte alle quali ci trovavamo erano tre: a) votare lega e uscire dall’euro, b) votare Berlusconi per restare in una Europa merkelianamente austera e c) votare PD o meglio PSE ovvero rimanere in una Europa che punta allo sviluppo, ebbene se noi pensassimo che queste erano le tre opzioni, facilmente converreste con me nel ritenere quel 40% un flop, una sconfitta clamorosa. La sconfitta fu poi aggravata dal fatto che Renzi con la più alta percentuale di voti nell’area del PSE, invece di convocare una convention di tutti i partiti socialisti europei per impostare una piattaforma di lotta politica in Europa, tentò solo di entrare nel duo Merkel-Hollande come terzo soggetto protagonista. Tale strategia narcisistica sfociò in una foto congiunta dei tre a Ventotene (con Renzi che guarda il telefonino) e poi basta. Chiusa questa parentesi comunicativa, torniamo allora ai meccanismi debito/PIL. Abbiamo visto che nel caso in cui il debito sia superiore al PIL, aumentare le spese migliora il ratio debito/PIL se e solo se le spese producono un pari importo di PIL, se cioè hanno un moltiplicatore 1 o maggiore di 1. Ne deriva che se aumentiamo le spese per investimenti con moltiplicatore positivo stiamo sulla strada buona per ridurre il ratio debito/PIL, se invece aumentiamo le spese che non producono aumento del PIL peggioriamo la situazione. Ad esempio i famosi 80 euro, che costano al nostro bilancio circa 10 miliardi l’anno e che non sembrano aver aumentato il PIL sotto forma di maggiori consumi, ovvero di uno degli addendi della domanda aggregata, sono stati a mio parere un pessimo provvedimento che ha non ha migliorato il ratio debito/PIL. Altro errore che mi sembra da evitare è l’affermazione per cui, abbassando le imposte, si favorisce la crescita del Paese; questo mantra sta alla base della scelta strategica fra meccanismo di imposizione attuale e flat tax. Al di là della falsità ideologica che sottende a questa scelta (the trikle.up effect) e all’ignoranza del marginalismo (vedansi al proposito gli scritti di L.Einaudi) quello che non torna in questa impostazione è che: a) con la flat tax i redditi più alti saranno ancora più alti inasprendo ulteriormente l’indice Gini; b) i redditi più alti, privilegiati dalla manovra, sono quelli con minor propensione al consumo, per cui le maggiori disponibilità dei settori più ricchi con molta difficoltà si tradurranno in maggiori consumi, ed inoltre sarebbero favoriti i consumi in beni con alta incidenza di importazioni dall’estero, vanificando così i benefici sul …

INCROCI PERICOLOSI

di Franco Astengo “ Fuorviati dal mito della “brava gente” non colsero la modernità di una politica totalitaria efficace e coerente”. Ho letto questa frase, estrapolata da un contesto di un articolo che sottolineava come – al tempo delle leggi razziali del fascismo (1938) – l’antifascismo avesse sottovalutato il peso di quel provvedimento e anche chi come Nenni e Rosselli avevano intuito la gravità di quella svolta si erano limitati a denunciare la barbarie di Mussolini assolvendo il popolo. La frase in questione appena sopra riportata mi è parsa il miglior commento all’incontro Salvini – Orban di ieri. Non è solo razzismo, è qualcosa di più profondo che sta incontrando consenso e aggregazione nei settori più diversi del popolo: appunto Un quadro totalitario anche in quest’occasione, dopo 80 anni, efficace e coerente. Questo tipo di analisi deve allora rappresentare uno spunto fondamentale di riflessione per chi deve organizzare la Resistenza e l’Alternativa al quadro totalitario che si sta presentando. Bene le manifestazioni, ma non basta la piazza: serve la politica organizzata, serve un accanito contrasto culturale, occorre un esercizio quotidiano di controinformazione e di denuncia del pericolo in tutti i campi. In gioco c’è molto non solo della nostra democrazia, ma anche del nostro pensiero, del nostro modo d’essere individuale e collettivo. Teniamone ben conto agendo con intelligenza politica, comprendendo come quanto ciò che sta accadendo si lega alla condizione materiale di vita (e quindi ai temi della sopraffazione, dello sfruttamento, della crescita esponenziale delle disuguaglianze a tutti i livelli) e di come sia necessario offrire (e praticare) una visione alternativa della società, senza nostalgie ma comprendendo appieno i gravi pericoli in atto e guardando avanti chiamando all’aggregazione sociale e all’elaborazione di un progetto politico. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ASGI SULL’EPILOGO DELLA VICENDA “DICIOTTI”

Comunicato stampa CS – Illegittimo trasferire i migranti in Albania. Unica strada rimane la Riforma del Regolamento di Dublino. Con riferimento alle notizie di stampa riguardanti il destino dei 150 cittadini stranieri illegittimamente trattenuti per 10 giorni sulla nave Diciotti e alle dichiarazioni del Governo in merito, ASGI ritiene doveroso precisare che: – Tutti i migranti arrivati in Italia hanno diritto a chiedere asilo ai sensi dell’art. 10, 3° co., della Costituzione e hanno diritto di essere informati ai sensi dell’art. 8 direttiva 2013/32/UE e degli artt. 10 e 10bis D. Lgs. 25/08 sulla possibilità di proporre domanda di protezione internazionale in Italia; – I migranti giunti in Italia non potranno in alcun modo essere trasferiti in Albania – paese che non è parte dell’Unione Europea e il suo sistema normativo in materia di protezione internazionale non è conforme al Sistema Comune Europeo di Asilo – contro la loro volontà: nessuna norma nazionale o internazionale lo consente; pertanto eventuali trasferimenti in detto paese potranno avvenire solo per effetto della libera scelta del richiedente; – I migranti “affidati alla CEI” restano sul territorio nazionale e, qualora propongano domanda di protezione, hanno diritto di essere inseriti nel sistema pubblico di protezione al pari di qualsiasi altro richiedente: potranno eventualmente avvalersi (come già avviene per i migranti trasferiti in Italia nell’ambito dei cd “corridoi umanitari”) in sostituzione di detto sistema, dell’intervento privato della Chiesa, ma ciò non toglie che anche per loro la procedura di esame della domanda dovrà svolgersi in Italia, quale paese di primo arrivo; – Ai minori sbarcati e attualmente collocati presso le comunità per minori dovrà essere assicurato al più presto l’accesso alle informazioni relative al ricongiungimento con eventuali parenti presenti in altri Paesi dell’UE. Questi inconfutabili dati normativi dimostrano che la scelta governativa di usare ogni arrivo di migranti come arma di pressione sulla UE (a costo di incorrere addirittura in gravissimi reati), è, oltre che totalmente illegittima e irresponsabile, anche inutile rispetto agli obiettivi che il governo dichiara di perseguire. L’unica strada per una gestione comune degli arrivi è quella riforma del regolamento Dublino che giace al Parlamento europeo soprattutto per l’opposizione di quegli stessi Paesi con i quali il Ministro dell’Interno e l‘intero governo vorrebbero ora fare cartello comune. Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL VANGELO SOCIALISTA

Quarant’anni orsono, il 27 agosto 1978, comparve sull’Espresso un lungo articolo di Bettino Craxi dal titolo: “Il vangelo socialista” in risposta ad un precedente intervento di Enrico Berlinguer sul leninismo. Il contenuto segnò una forte divisione tra le due anime della sinistra di allora ed in verità, come ricordato da Massimo Pini in: ”Craxi, una vita un’era politica” le idee del testo furono stese da Luciano Pellicani, ex comunista e docente di sociologia politica, in una raccolta di contributi in onore di Willy Brandt. Inoltre fece epoca l’introduzione forte del pensiero di Proudhon nel pantheon socialista. “La storia del socialismo non è la storia di un fenomeno omogeneo. Nel corso di travagliate vicende sotto le insegne del socialismo si sono raccolti e confusi elementi distinti e persino reciprocamente repulsivi. Statalismo e antistatalismo, collettivismo e individualismo, autoritarismo e anarchismo, queste e altre tendenze ancora si sono incontrate e scontrate nel movimento operaio sin da quando esso cominciò a muovere i suoi primi passi come unità politica e di classe. In certe circostanze storiche le impostazioni ideologiche diverse sono addirittura sfociate in una vera e propria guerra fratricida. È così avvenuto che tutti i partiti, le correnti e le scuole che si sono richiamate al socialismo, si sono poste in antagonismo al capitalismo, ma ciò non è quasi mai stato sufficiente ad eliminare divisioni e contrapposizioni. I modelli di società che indicavano come alternativa alla società capitalistica erano spesso antitetici. La profonda diversità dei «socialismi» apparve con maggiore chiarezza quando i bolscevichi si impossessarono del potere in Russia. Si contrapposero e si scontrarono concezioni opposte. Infatti c’era chi aspirava a riunificare il corpo sociale attraverso l’azione dominante dello Stato e c’era chi auspicava il potenziamento e lo sviluppo del pluralismo sociale e delle libertà individuali. Riemerse così il vecchio dissidio fra statalisti e antistatalisti, autoritari e libertari, collettivistici e non. La divisione si riflesse a grandi linee nell’esistenza di due distinte organizzazioni internazionali. I primi, eredi della tradizione giacobina, si raggrupparono sotto la bandiera del marxismo-leninismo, mentre i secondi volevano rimanere nell’alveo della tradizione pluralistica della civiltà occidentale. A partire dal 1919 il socialismo, anche dal punto di vista organizzativo, sarà attraversato da due grandi correnti e da molti rivoli collaterali, che si potrebbero meglio definire solo analizzando la storia dei singoli partiti. Non sono pochi a ritenere che la scissione, vista nelle sue grandi linee, viene da lontano. C’è chi ne vede le radici nella stessa Rivoluzione francese, durante la quale, mentre era in atto la guerra contro l’Antico Regime, si scontrarono due concezioni della società ideale; quella autoritaria e centralistica e quella libertaria e pluralistica. Già nelle analisi di Proudhon per esempio si tenta l’individuazione delle radici etico-politiche del conflitto latente, che lacerava la sinistra. In Proudhon c’è infatti un’appassionata difesa non solo delle radici ideali della protesta operaia contro lo sfruttamento capitalistico ma anche una percezione acuta della divaricazione sostanziale tra la società socialista e la società comunista. Da un lato il comunismo che vuole la soppressione del mercato, la statalizzazione integrale della società e la cancellazione di ogni traccia di individualismo. Dall’altra il socialismo, che progetta di instaurare il controllo sociale dell’economia e lavora per il potenziamento della società rispetto allo Stato e per il pieno sviluppo della personalità individuale. Proudhon considerava il socialismo come il superamento storico del liberalismo e vedeva nel comunismo una «assurdità antidiluviana» che, se fosse prevalso, avrebbe «asiatizzato» la civiltà europea. Lo stesso Proudhon ci ha lasciato una descrizione profetica di che cosa avrebbe generato l’istituzionalizzazione del rigido modello statalista e collettivistico: «la sfera pubblica porterà alla fine di ogni proprietà; l’associazione provocherà la fine di tutte le associazioni separate e il loro riassorbimento in una sola; la concorrenza, rivolta contro se stessa, porterà alla soppressione della concorrenza; la libertà collettiva, infine, dovrà inglobare le libertà cooperative, locali e particolari». Conseguentemente sarebbe nata «una democrazia compatta fondata in apparenza sulla dittatura delle masse, ma in cui le masse avrebbero avuto solo il potere di garantire la servitù universale, secondo le formule e le parole d’ordine prese a prestito dal vecchio assolutismo riassumibili: Comunione del potere Accentramento Distruzione sistematica di ogni pensiero individuale, cooperativo e locale, ritenuto scissionistico Polizia inquisìtoriale Abolizione o almeno restrizione della famiglia e, a maggior ragione, dell’eredità Suffragio universale organizzato in modo tale da sanzionare continuamente questa sorta di anonima tirannia, basata sul prevalere di soggetti mediocri o perfino incapaci e sul soffocamento degli spiriti indipendenti, denunciati come sospetti e, naturalmente, inferiori di numero». Qui, come si vede, Proudhon indica che cosa non doveva essere il socialismo e contemporaneamente che cosa sarebbe diventata la società se fosse prevalso il modello collettivistico basato sulla statizzazione integrale dei mezzi di produzione e sulla soppressione del mercato. La storia purtroppo ha portato qualche elemento di fatto a sostegno della sua previsione. Il socialismo di Stato, messi in disparte tutti i valori, le istituzioni e i principi della civiltà moderna, li ha sostituiti con un modello di vita collettivistico, burocratico e autoritario, cioè con un sistema pre-moderno. E ciò è tanto vero che molti rappresentanti della cultura del dissenso spingono la loro critica sino al punto di vedere nel comunismo, così come storicamente si è realizzato, una vera e propria «restaurazione asiatica». Ma, per venire ad analisi più recenti, ricordiamo che molti altri intellettuali della sinistra europea hanno sviluppato questo filone critico. Da Russell a Carlo Rosselli a Cole ci perviene un unico stimolo che ci invita a non confondere il socialismo con il comunismo, la piena libertà estesa a tutti gli uomini con la cosiddetta libertà collettiva. Il superamento storico del liberalismo con la sua distruzione Il carattere autoritario di ciò che viene chiamato il «socialismo reale o maturo» non è una deviazione rispetto alla dottrina, una degenerazione frutto di una data somma di errori, bensì la concretizzazione delle implicazioni logiche dell’impostazione rigidamente collettivistica originariamente adottata. L’esame dei fondamenti essenziali del leninismo non può che confermare tale tesi. Fino alla pubblicazione di «Che fare?» Lenin fu sostanzialmente un marxista ortodosso: credeva che …

MIGRAZIONI E RAZIONALITA’

di Dario Allamano Vorrei provare a discutere della questione migranti usando i canoni della razionalità. Premesso che quella che stiamo vivendo è un’epoca che ha pochi raffronti con il passato, forse l’unico periodo storico che si potrebbe prendere a paragone è quello della fine dell’Impero Romano, con i barbari alle porte. La questione migranti va perciò affrontata tenendo ben presente che stiamo parlando di popoli interi che si muovono e che cercano soluzione ai loro gravissimi problemi nel continente più vicino, l’Europa, e che l’Italia è un lungo molo proteso nel Mediterraneo. Sono trentanni che il fenomeno è evidente. Dalle prime migrazioni dall’est europeo e dal naufragio di Porto Palo del 1996. Una delle critiche che si deve fare a chi ha governato il ventennio passato (tutti, nessuno escluso, Lega compresa) è non aver voluto affrontare le questioni partendo dai problemi che li originavano. In molti casi l’occidente ha anzi peggiorato condizioni già molto gravi, basti pensare alla pessima gestione del crollo del comunismo, o alla guerra irakena o a quella libica. In Italia poi si è scambiato la gestione delle migrazioni come un buon affare, ma questo è un altro discorso, che affronterò in altra occasione. Siamo in una condizione difficilissima, ma solo la ragione ci può aiutare ad uscirne, non la propaganda. Secondo me la questione migrazioni va suddivisa in quattro passaggi: 1- Accoglienza 2- Integrazione 3- Sicurezza e rispetto delle norme del paese ospitante 4- Piano per il progresso dei paesi d’origine. L’accoglienza è un principio che per dei socialisti deve essere naturale, se il socialismo è la solidarietà verso chi è più debole questo valore non può essere negato, il negarlo equivale a dichiararsi non più socialista. L’integrazione va valutata avendo ben presenti le situazioni economiche e sociali esistenti. L’incapacità dei Governi del passato (sia quelli del PD sia quelli Lega-ForzaItalia) di affrontare e risolvere i problemi dell’Italia e degli italiani, rende difficile oggi integrare nuovi cittadini, ma è un problema a cui non possiamo sfuggire, né noi italiani né l’Europa. Un modo per finanziare un piano di accoglienza europeo esiste, togliere ai Paesi che rifiutano la collaborazione, a partire da quelli di Visegrad, i Fondi Europei, per utilizzarli a sostegno di piani di chi è disponibile, a partire da un concreto aiuto all’Italia che, comunque, si è fatta carico quasi da sola dei problemi. La garanzia della sicurezza è un compito che spetta ai Ministri dell’Interno e della Giustizia. La sicurezza è però una medaglia a due facce. Occorre esigere dagli immigrati il rispetto delle leggi italiane, a partire dal rispetto della parità tra uomo e donna, ma nel contempo i Ministeri debbono lanciare una battaglia, senza se e senza ma, alle mafie che gestiscono le tratte dei migranti, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Infine occorre mettere in campo tutte le risorse possibili per un vero Piano Marshall per l’Africa, piano che deve far superare il metodo colonialista (che ancora persiste) di sfruttamento delle ricchezze africane, un piano che sappia redistribuire i proventi secondo equità ed infine che sappia fare pulizia di tutte le autocrazie ed i caciccati che ancora comandano in Africa. Sono questioni epocali, che vanno affrontate ben consapevoli degli errori gravissimi fatti in questo trentennio, e che i tempi non saranno brevi, ma solo una politica che sappia fare prevalere la Ragione contro chi usa la Demagogia e le falsità, potrà consentire all’Europa ed all’Africa di progredire in Pace, e questa politica ha un nome solo: Socialismo Democratico! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

INCONTRO DI NENNI E SARAGAT A PRALOGNAN

Circostanze dell’incontro e le dichiarazioni di Saragat Le ferie estive avevano già fatto dimenticare la questione dell’unificazione socialista, quando, la domenica del 26 agosto, si diffuse improvvisamente la notizia dell’incontro Nenni-Saragat. Effettivamente, il 25 agosto 1956, l’on. Saragat, accogliendo l’invito rivoltogli da Nenni agli inizi del mese, da Courmayeur, dove si trovava in vacanza, si recò a Pralognan, nell’Alta Savoia, luogo di villeggiatura del Segretario del PSI, e per 5 ore consecutive (dalle 11 alle 16), all’Hòtel du Glacier, presente l’on. Chiaramello, discusse con lui il problema dell’unificazione. Secondo quanto dichiarò l’on. Saragat, ad Aosta, la sera stessa del 25 agosto, ad un corrispondente de «La Stampa» di Torino, l’incontro fu «estremamente cordiale e positivo, e nel corso del colloquio furono esaminati gli aspetti fondamentali di una politica estera ed interna, su una base socialista e democratica, e su tutti i problemi si è constatata una convergenza dei rispettivi punti di vista. In particolare, Nenni si sarebbe impegnato in forma precisa sui due punti fondamentali seguenti: a) qualsiasi attività di politica estera italiana deve essere fissata entro il quadro della solidarietà delle nazioni democratiche occidentali; b) un partito socialista non formerà mai un governo con i comunisti. Prime dichiarazioni di Nenni Queste dichiarazioni di Saragat provocarono dovunque una profonda impressione, suscitando i più svariati commenti ed interpretazioni, e mettendo in imbarazzo l’on. Nenni, il quale, si affrettò a precisare, o meglio, ad attenuare la portata delle parole di Saragat. In un’intervista, concessa il 27 agosto a E. Corrodi, inviato di de il «Corriere della Sera», Nenni confermò gli «elementi positivi» dell’incontro con Saragat, e una a certa «concordanza di obiettivi» tra lui e il leader del PSDI. Abbiamo avuto l’impressione -dice E. Corrodi- che tale concordanza riguardasse anche la sostanza dei due punti fondamentali, segnalati da Saragat, sebbene sia ovvio che l’ultima parola su tali punti spetta agli organi competenti dei loro Partiti. In particolare, Nenni cercò di indicare i motivi e le tappe dell’azione unificatrice dei due partiti socialisti. a) Motivi dell’azione unificatrice. «C’è una situazione dalla quale bisogna uscire. Essa è, a mio giudizio, più grave di quanto non sembri alla superficie, e comporta elementi di disintegrazione, che fanno pensare al 1922, anche se le forze in azione non sono esattamente quelle di allora. C’è in corso – come reazione a codesta situazione – il processo di unità socialista. Il PSI si è posto questo problema nell’ultimo suo Comitato Centrale, negli atti e nella direzione del Partito, nelle iniziative -non sempre fortunate- delle federazioni, per quanto si riferisca alla formazione delle Giunte comunali. Non è una cosa facile. Colossali interessi cercano di sbarrare la via all’unità socialista. Uno dei mezzi a portata di mano è di porre il problema in termini di scandalo o di teatro …». b) Tappe dell’unificazione. «A giudizio degli organi direttivi del PSI, la via che può condurre all’unità socialista implica: a) la ricerca di concreti motivi di riavvicinamento negli atti immediati, che stanno di fronte a noi; b) una comune piattaforma per le elezioni del 1958 o del 1957, se venissero anticipate; c) la riunificazione come conclusione di un incontro sul piano della democrazia e degli interessi dei lavoratori». Nuove dichiarazioni di Nenni Quanto alle possibili conseguenze del suo incontro con Saragat all’interno del Paese, e quanto alle sue posizioni rispetto al Patto Atlantico e al PCI, Nenni precisò il suo pensiero in un’intervista, concessa il 30 agosto, al settimanale di sinistra francese, «France-Observateur», di cui riportiamo i tratti più importanti. Possibili conseguenze dell’incontro Nenni-Saragat. «Dal mio incontro con Saragat, può derivare, in primo luogo, l’anticipazione delle elezioni generali (che verrebbero fatte nel 1957 anziché nel 1958) … Non so se vi saranno presto dei cambiamenti in seno al Governo, ma l’evoluzione di Saragat può tuttavia determinare una rottura assai rapida della coalizione…» (A questo proposito ricordiamo che Saragat in data 29 agosto, ha escluso in modo assoluto che si verifichino dimissioni in seno al Governo fino al prossimo congresso del PSDI, che dovrebbe aver luogo nella primavera del 1957). Inoltre, [l’evoluzione di Saragat] può precipitare una evoluzione in seno alla DC. Oggi, in Italia, non vi è un pericolo fascista, in quanto tale, ma un pericolo clericale, sotto una forma nuova, più intelligente. Si assiste, cioè, a un duplice fenomeno: da una parte, considerevole evoluzione di certi ambienti cattolici (professori e studenti); dall’altra, un opposto irrigidimento della gerarchia clericale, che vuole arrestare tale evoluzione. Con la scusa di lottare contro il pericolo comunista, essa vuole lottare contro la società moderna…» Posizione dl Nenni rispetto al Patto Atlantico. «Noi rimaniamo neutralisti, ma la nostra posizione rispetto al Patto Atlantico ha subito un’evoluzione, così come è accaduto per lo stesso Patto Atlantico, il quale oggi non è più ciò che era nel 1949. Vi sono, oggi, dei fatti nuovi, ha nostra evoluzione rispetto al Patto Atlantico poteva già venire valutata in una recente riunione del nostro Comitato Centrali. Ma l’Italia lavorerà sempre contro la divisione del mondo in due blocchi» Posizione di Nenni rispetto al PCI. La stampa borghese si è precipitata a gridare allo scandalo e ad annunciare la nostra rottura con i Comunisti. Nelle attuali circostanze un fronte popolare è inconcepibile in Italia. Nel 1948 la nostra alleanza con i Comunisti aveva finito per dare alla DC 13 milioni di voti: oggi sarebbe ancora peggio… Ma non vi è rottura con i Comunisti. Si riprendano le mie recenti dichiarazioni al Comitato Centrale del PSI, e si veda come io abbia che l’istituzione di un nuovo patto di unità d’azione con Togliatti era inutile, e che i nostri rapporti dovevano stabilirsi su fatti reali. Questa resta la mia posizione. Può darsi che i nostri amici comunisti non siano entusiasti dell’evoluzione dei miei rapporti con Saragat, ma ciò susciterà problemi piuttosto di forma che di sostanza. Non faremo che quanto occorre fare nell’interesse della classe operaia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove …

LA LETTERA DEL PROF. CARLO MARIA BELLEI* A DI MAIO

Chiunque può inveire contro il Pd per questo particolare motivo, legittimamente, tranne la Lega. E chiunque può allearsi con chiunque per cambiare questo paese, meno che con la Lega, Forza Italia, il Pd, Fratelli d’Italia, Leu (Bersani e D’Alema stanno lì…) e frattaglie varie fatte di cambiacasacca. Insomma: il Parlamento al completo, in questo momento è un complice. I grillini sono arrivati ultimi, è vero; non hanno preso soldi da Benetton, è vero… Ma se pensano di poter combinare qualcosa insieme a quella compagnia, non hanno capito niente… … “Caro Di Maio, leggo che lei ed il suo Ministro Toninelli siete rimasti perplessi dalle aperture della Lega a Società Autostrade. Se ha un minuto provo a spiegarle come stanno le cose. Se invece di continuare a gridare proclami vi foste presi la briga di approfondire la materia riguardante le concessioni autostradali, vi sareste accorti di una serie di cose interessanti. Prima di tutto il contratto capestro. Non le pare che invece di lanciare le solite accuse a destra e a manca vi sareste dovuti chiedere chi c’era dietro la stipula di condizioni così svantaggiose per lo Stato? È evidente che sia lei che Toninelli non ne sapete nulla. Partiamo dal principio: nella sua breve vita il tanto bistrattato secondo governo Prodi si accorge di alcune anomalie e decide di intervenire per sanarle. L’intervento più importante che viene fatto è del 2006, praticamente si obbligano i gestori privati a legare gli aumenti dei pedaggi a sostanziosi interventi di ammodernamento e manutenzione. Detta in parole povere, se vuoi soldi devi prima metterci soldi. Solo che il governo Prodi cade e, mi ascolti bene caro Di Maio, nel 2008 arrivano Berlusconi e la Lega, già proprio quella Lega con cui oggi governa e nella quale Salvini era già uno degli elementi di spicco. Nel giugno dello stesso anno il centro destra elimina tutti i vincoli, cambia le condizioni della concessione dando vita all’attuale contratto capestro con il quale si affidano le autostrade ai privati. Vuole sapere il perché caro Di Maio? Perché alcuni imprenditori veneti interessati al business della viabilità, fecero molte “pressioni” proprio sulla Lega. Comincia a capire Ministro Di Maio? Vede, alla lunga è difficile occupare un dicastero importante come il suo raccontando tutto ed il contrario di tutto. Capisco che in questi anni giornalisti ed elettori le abbiano fatto credere che nessuno l’avrebbe mai contraddetta, ma questo non è più il tempo in cui inventarsi balle per giustificare ai genitori il fatto di non riuscire a passare gli esami all’Università, questo è il tempo in cui lei ha in mano il futuro di milioni di persone. Spero di esserle stato utile.” Carlo Maria Bellei* – Università degli Studi di Urbino SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SACCO E VANZETTI

Le autorità giudiziarie e politiche americane del Massachusetts, trascinano la decisione sulla sorte dei due martiri, da una settimana all’altra. Sperano forse che il digiuno ed il tormento le tolgano dall’imbarazzo del decidere? O che l’ondata di ottimismo succeduta alle ore di ansia e di sdegno, agevoli la consumazione del delitto? Sappiano i lavoratori che oggi più di ieri la sorte di Sacco e Vanzetti è affidata alla loro protesta. Nulla è stato fatto finché tutto non sarà stato fatto. Il capitalismo americano non abbandona facilmente la preda prescelta alle proprie vendette. E ricordino che combattere per la salvezza di Sacco e Vanzetti significa lottare in favore di tutte le vittime politiche, per la ripresa proletaria in tutto il mondo, per il l proprio avvenire! Avanti!  21 Agosto 1927 Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, pugliese il primo e piemontese il secondo emigrarono negli Stati Uniti nel 1908. Vissero e lavorarono nel Massachusetts facendo i mestieri più disparati come consuetudine in quegli anni per gli immigrati, (alla fine Sacco calzolaio e Vanzetti pescivendolo), professando le loro idee socialiste di colore anarchico e pacifista. Nell’aprile del 1920 in un clima permeato da pregiudizi e da ostilità verso gli stranieri, furono accusati di essere gli autori di una rapina ad una fabbrica di calzature in cui rimasero vittime un cassiere e una guardia armata. Il processo istituito contro di loro non giunse mai alla certezza di provare accusatorie sicure, ma fu fortemente condizionato dall’ansia di placare un opinione pubblica furiosa e avvelenata dalla violenza, a cui bisognava dare dei colpevoli e dal pretesto fornito dall’evento per la scalata al successo personale del giudice Thayer e del pubblico ministero Katzann. Di certo Sacco e Vanzetti pagarono per le loro idee anarchiche, idealiste e pacifiste (al momento dell’intervento americano del conflitto del 15-18 si rifugiarono in Messico per non essere arruolati) e per il fatto di far parte di una minoranza etnica disprezzata ed osteggiata come quella italiana. Non da meno pesarono le azioni violente e terroristiche dell’altra ala del pensiero anarchica dei primi anni del secolo (ad es. Gaetano Bresci e Giovanni Passanante) e non ultime alcune contraddizioni della linea difensiva. Dopo circa un anno di processo il 14 luglio 1921 furono condannati alla sedia elettrica. Sacco e Vanzetti ribadirono fino all’ultimo la loro innocenza, ma nonostante nel 1925 un pregiudicato, tal Celestino Madeiros si accusasse di aver partecipato alla rapina assieme ad altri complici; scagionando completamente i due italiani e nonostante appelli e manifestazioni di solidarietà e di richiesta di assoluzione da parte dell’opinione pubblica mondiale, la notte del 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica. Nel 1977 dopo che il caso era stato più volte riaperto, il governatore del Massachusetts, Michael S. Dukakis, riabilitò le figure di Sacco e Vanzetti, scrivendo nel documento che proclama per il 23 agosto di ogni anno il S.&V. Memorial Day che “il processo e l’esecuzione di Sacco e Vanzetti devono ricordarci sempre che tutti i cittadini dovrebbero stare in guardia contro i propri pregiudizi, l’intolleranza verso le idee non ortodosse, con l’impegno di difendere sempre idiritti delle persone che consideriamo straniere per il rispetto dell’uomo e della verità”. A noi di tutta la vicenda (che per la durata della prigionia e i contorni della fine assume quasi caratteri martirologici) preme far rilevare l’estrema coerenza e convinzione nei valori professati da Sacco e Vanzetti, mai rinnegati fino alla fine e non ultimo il forte legame di amicizia che li tenne uniti e spiritualmente vicini per tutta la loro esistenza, anche nel momento in cui salirono sulla sedia elettrica, con un coraggio, uno stoicismo ed una umanità su cui tutti dovremmo riflettere e confrontarci. Perché in ogni caso la vera memoria ha un futuro dentro ognuno di noi. Fonte: saccoevanzetti.com SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ORDINE SOVIETICO REGNA A PRAGA

di Antonio Gambino – Agosto 1968 Inviato de L’espresso Le truppe di Mosca e del Patto di Varsavia sono entrate nel paese da varie direzioni e lo hanno occupato. Il mondo trattiene il fiato. A trent’anni esatti dai giorni di Monaco la vita nazionale della Cecoslovacchia è stata ancora una volta violata, la sua sovranità manomessa e calpestata. Le truppe russe, polacche, tedesco-orientali, ungheresi e perfino bulgare, sono penetrate, da varie direzioni, nel suo territorio, hanno occupato Praga e le altre città più importanti, si sono schierate al confine con il mondo occidentale. Le notizie della prime ore della mattina di mercoledì 21 agosto (quelle in cui scriviamo) non dicono di più. Ma esse contengono l’essenziale della situazione, mostrano che ancora una volta il piccolo popolo cecoslovacco è vittima di un’aggressione brutale e ingiustificata, è al centro di avvenimenti tragici, certamente destinati ad avere ripercussioni mondiali di portata incalcolabile. Che la tensione tra Praga e Mosca non fosse finita con le formule di compromesso di Cierna e di Bratislava era apparso chiaro fin da principio: evidentemente, quello che si era chiuso all’inizio di agosto era solo il primo round di una partita complessa e lunga. Ma contro la ipotesi di una invasione armata sovietica, diretta ad eliminare con la forza il gruppo dirigente stretto intorno a Dubček e a porre fine alla sua politica rinnovatrice, militavano obiezioni precise: in primo luogo la differenza (sulla quale avevano in particolare insistito i comunisti italiani nei loro colloqui con i dirigenti dei Pcus) tra l’esplosione ungherese del 1965 e l’andamento controllato della evoluzione cecoslovacca. Più in generale, un certo ottimismo (diffuso sia in Occidente che nella stessa Cecoslovacchia) nasceva dall’impossibilità di credere che nel 1968, dopo anni di insistenza sui temi della coesistenza pacifica e di un nuovo assetto continentale (fondato sullo slogan paragollista: “l’Europa agli europei”), i dirigenti di Mosca potessero nuovamente ricorrere ai metodi della tradizione zarista per richiamare all’ordine quelli che essi (oggi non meno che all’epoca di Stalin) considerano gli Stati vassalli e satelliti dell’Urss, la fascia protettiva esterna della grande madre Russia. Queste speranze sembravano fermate dall’improvvisa diminuzione degli attacchi contro la Cecoslovacchia, da parte della stampa sovietica, tedesco-orientale e polacca, avvenuta nella prima metà di agosto. Il periodo di tregua non era però durato a lungo. Già da una settimana i giornali e le riviste di Mosca avevano ricominciato il loro martellamento, aggiungendo alle vecchie accuse contro gli intrighi dei “capitalisti” e dei gruppi antisocialisti interni nuove “rivelazioni” a proposito dei progetti dei “revanscisti di Bonn” per staccare l’ex regione dei Sudeti dal territorio cecoslovacco. Questa ripresa della polemica costituiva, evidentemente, un fenomeno preoccupante. Dopo che Dubček e Breznev avevano chiarito nei quattro giorni di colloqui di Cierna le rispettive posizioni, gli attacchi continui contro la Cecoslovacchia non potevano infatti essere più visti come un mezzo di pressione e di minaccia, sulla cui efficacia non ci si poteva più fare molte illusioni, ma potevano solo costituire la premessa per un intervento armato. Ed in effetti è proprio sul motivo di un pericolo esterno, oltre che sul preteso appello degli stessi dirigenti di Praga, che Mosca ha insistito per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica internazionale la sua aggressione. Un comunismo primitivo I motivi sostanziali sono altri. Essi vanno ricercati innanzi tutto nel fatto che in Cecoslovacchia il regime comunista non solo, come in tutto il resto dell’Europa orientale, ha radici precarie, ma non ha neppure quella forma di giustificazione storica che gli si può riconoscere invece in Romania, in Bulgaria, e perfino in Ungheria e in Polonia, per aver contribuito ad eliminare situazioni arretrate e spesso dichiaratamente feudali. Usciti dal lungo periodo di compressione dello stalinismo e del novotnismo (periodo che ha assunto a Praga caratteri particolarmente tetri e biechi, proprio nel tentativo di cancellare con la violenza la realtà profonda del paese), i cechi e gli slovacchi hanno cominciato un moto evolutivo, di ricerca della propria identità nazionale e culturale, destinato evidentemente ad andare oltre ad ogni schematismo e ad ogni disciplina di partito. Se a tal moto fosse stato permesso di proseguire è certo che, in un tempo più o meno breve, un popolo che prima della seconda guerra mondiale era tra i più moderni e civili di Europa avrebbe finito per rigettare in ogni sua forma quel comunismo autoritario e primitivo che, nato trenta anni prima in un paese infinitamente più arretrato, alla fine della seconda guerra mondiale era stato imposto anche a Praga, in base alla logica della guerra fredda e dei blocchi militari. In un simile sfondo, era difficile che Dubček e i suoi amici potessero offrire a Breznev garanzie esaurienti e credibili. Anche se nelle scorse settimane il Patto di Varsavia non è stato mai in discussione, e non vi era alcun motivo di dubitare del desiderio di Praga di non mutare il sistema di alleanze nè di alterare l’equilibrio continentale, era inevitabile che questi temi sarebbero venuti, col passare del tempo, in primo piano. L’equilibrio di Stalin Né si poteva credere che il germe revisionista, una volta che ad esserne intaccati non erano paesi periferici come la Jugoslavia e la Romania, avrebbe risparmiato gli altri Stati satelliti: in primo luogo l’Ungheria e la Polonia. Infine, in ogni momento, il processo avrebbe potuto avere ripercussioni incontrollabili in Germania orientale, che ancora oggi costituisce il pilastro del cordone protettivo sovietico ma che, per il suo carattere di Stato artificiale, ne è al tempo stesso il punto più debole. Anche al di là delle loro intenzioni, insomma, i leader rinnovatori di Praga mettevano in crisi l’intero equilibrio europeo, concepito e realizzato da Stalin quasi 25 anni fa. Equilibrio la cui lungimiranza e astuzia è stata da molti tanto spesso lodata ma esso, come tutte le costruzioni imposte con la forza (la Germania spaccata in due, le frontiere polacche spostate di cento-duecento chilometri verso ovest, in territori almeno in parte da tempo legati alla storia tedesca, in modo da creare una permanente ragione di dipendenza di Varsavia da Mosca, ecc.), ha una ineliminabile fragilità …

LA RASSEGNA DEI CONCORSI PUBBLICI

Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n.62 del 7.8.2018 e n.63 del 10.8.2018   ENTI LOCALI COMUNE DI ARZAGO D’ADDA CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per titolo ed esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo contabile, categoria D, area economico finanziaria, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07726) COMUNE DI CAMERINO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo ingegnere, categoria D, a tempo indeterminato e pieno, presso il servizio ambiente, manutenzione, lavori pubblici, appalti e contratti, ricostruzione pubblica. (18E07714) COMUNE DI COLOGNO MONZESE CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto di assistente sociale, categoria D, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07662) COMUNE DI GINOSA CONCORSO (scad. 22 agosto 2018) Concorso pubblico per la copertura di un posto di funzionario contabile, categoria D, a tempo pieno e determinato. (18E07727) COMUNE DI LEINI CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Rettifica e riapertura dei termini del bando di concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di collaboratore professionale amministrativo, categoria B3, a tempo pieno ed indeterminato, riservato esclusivamente ai soggetti disabili ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68. (18E07602) COMUNE DI MARANO DI NAPOLI CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per copertura di un posto di funzionario tecnico, categoria D, a tempo pieno e determinato per la durata di un anno. (18E07694) COMUNE DI META CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di tre posti di vigile urbano, categoria C, a tempo indeterminato e part-time verticale al 50%. (18E07688) COMUNE DI NOVELLARA CONCORSO Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di esperto contabile, categoria D, a tempo indeterminato e pieno, per il I Settore affari generali. (18E07658) COMUNE DI OLEGGIO CASTELLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico per la copertura di un posto di agente di polizia locale, categoria C, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07657) COMUNE DI PARMA CONCORSO (scad. 17 settembre 2018) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo tecnico sociale, categoria D, a tempo indeterminato e pieno, con previsione di riserva ai volontari delle Forze armate. (18E07719) COMUNE DI PINEROLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Conferimento, per titoli e colloquio, di un incarico a tempo determinato di dirigente settore lavori pubblici (18E07731) COMUNE DI SAN BENIGNO CANAVESE CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto di istruttore amministrativo-contabile, categoria C, a tempo indeterminato e part-time ventisette ore settimanali. (18E07715) COMUNE DI SASSUOLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di tecnico/disegnatore, area B, a tempo pieno ed indeterminato, per la Sassuolo Gestioni Patrimoniali s.r.l. (18E07631) COMUNE DI SASSUOLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di due posti di addetto ad attivita’ esecutive di carattere gestionale amministrativa, area C, a tempo pieno ed indeterminato, per la Sassuolo Gestioni Patrimoniali s.r.l. (18E07632) COMUNE DI SASSUOLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di addetto amministrativo-gestionale, area B, a tempo pieno ed indeterminato, per la Sassuolo Gestioni Patrimoniali s.r.l. (18E07633) COMUNE DI SASSUOLO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di tecnico, area A, a tempo pieno ed indeterminato, per la Sassuolo Gestioni Patrimoniali s.r.l. (18E07634) COMUNE DI SCORZE’ CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore amministrativo, categoria C, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07730) COMUNE DI SESTO SAN GIOVANNI CONCORSO (scad. 10 settembre 2018) Concorso pubblico per la copertura a tempo indeterminato del posto di direttore dell’area strutturale, qualifica dirigenziale. (18E07690) COMUNE DI VARAZZE CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo informatico, categoria D, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07656) COMUNE DI VIGNATE CONCORSO (scad. 31 agosto 2018) Rettifica e riapertura dei termini del concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo settore economico finanziario, categoria D, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07628) UNIONE DEI COMUNI VALDERA CONCORSO (scad. 23 agosto 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura, a tempo pieno ed indeterminato, di cinque posti di istruttore direttivo amministrativo, categoria D di cui tre per l’Unione Valdera e due per il Comune di Pontedera, con riserva di una unita’ al personale interno dell’Unione Valdera e con riserva di una unita’ al personale interno del Comune di Pontedera. (18E07725) UNIONE MONTANA SPETTABILE REGGENZA DEI SETTE COMUNI DI ASIAGO CONCORSO (scad. 6 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo amministrativo contabile, categoria D1, a tempo pieno ed indeterminato, area economico finanziaria. (18E07659) COMUNE DI CADONEGHE CONCORSO (scad. 9 settembre 2018) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo tecnico, categoria D1, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07760) COMUNE DI CAPACCIO PAESTUM CONCORSO (scad. 9 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di due posti di istruttore direttivo tecnico, categoria D1, a tempo indeterminato, con riserva del 50% dei posti al personale interno. (18E07837) COMUNE DI CAPACCIO PAESTUM CONCORSO (scad. 9 settembre 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di due posti istruttore amministrativo, categoria C1, a tempo indeterminato e parziale part-time 50%. (18E07838) COMUNE DI CASALBORE CONCORSO (scad. 9 settembre 2018) Riapertura dei termini di presentazione delle domande del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore amministrativo, categoria C, a tempo indeterminato e pieno, area amministrativa, servizio affari generali ed istituzionali, pubbliche relazioni, pubblica istruzione, anagrafe e stato civile, elettorale e leva militare ed unioni civili. (18E07780) COMUNE DI CASALOLDO CONCORSO (scad. 9 settembre 2018) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di ufficiale direttivo di polizia locale, categoria D1, a tempo pieno ed indeterminato. (18E07798) COMUNE DI CASSANO ALLO …