di Stefano Betti

Nell’Era dei bulli politico mediatici, che però tanto piacciono, occorre prendere atto che il nostro non è un paese dove possano confrontarsi due ipotesi di governo sul modello anglosassone, come hanno tentato o provato a farci credere negli ultimi 25 anni. L’Italia è il luogo dei mille campanili, dove il processo unitario è figlio più di operazioni militari di uno Stato nei confronti di altri che di un movimento di popolo. Le minoranze del nostro Risorgimento, seppur nobili negli intenti, erano pur sempre minoranze esigue rispetto ai milioni di italiani che assistettero passivamente agli eventi.  Alle spalle divisioni fratricide fino all’ultimo cantone nei borghi d’Italia.

Il paese prova a amalgamarsi, più che con la feroce legislazione centralista post unitaria, con la prima guerra mondiale, dove in trincea, senza capirsi, uomini di Bergamo e Caltanissetta sono costretti a dividere un quotidiano fatto di paura e di morte. Poi il Fascismo generato dalla pancia piccolo borghese del paese, a tentare di plasmare, negli intenti del regime, un italiano che avrebbe rinverdito i fasti dell’Impero romano. La guerra scellerata, la guerra civile, la Liberazione. La Repubblica. Per riprendere l’amalgama ci pensa questa volta Lascia o raddoppia. La tele, con un italiano perfetto o quasi, cerca di dare collante al paese slabbrato, ancora prigioniero fra un nord industriale e un sud agricolo, destinato però a spopolarsi e a rifugiarsi, per chi resta, nell’assistenzialismo clientelare.

Il Paese è fin da subito prigioniero della Guerra fredda. I Costituenti progettano un sistema, che impedisca a una parte di prendere il sopravvento. Temono non solo le conseguenze della divisione in blocchi del mondo, ma che la bottega e la pancia del momento finisca per travolgere tutto. Il sistema si struttura con pesi e contrappesi. La legge elettorale è rigorosamente proporzionale e senza sbarramenti. La Repubblica è parlamentare. Il Parlamento è il luogo dove la democrazia indiretta può contemperare le spinte delle singole forze. Il Presidente è super partes e non è soggetto alle maggioranze del momento, almeno negli intenti. L’arbitro. Repubblica di mediazioni, compromessi, di micro partitini che potevano far cadere un governo col 0.9 per cento.

La destra non riesce a emergere dai fumi della nostalgia del passato regime. La sinistra si logora dietro la contraddizione dell’inversione di consenso fra comunisti e socialisti rispetto al resto d’Europa. Sinistra divisa, rigorosamente.

All’improvviso, a Muro di Berlino caduto, nasce la grande illusione. Finalmente, una piena democrazia sul modello anglosassone, dove si confrontino e si fronteggino due schieramenti, coalizioni o partiti o come volete voi, nel rispetto e riconoscimento reciproco. Insomma, liberali versus socialisti democratici. In realtà niente di tutto questo. Anzi, nella contrapposizione, apparentemente feroce, fra il Berlusconismo e il centro trattino sinistra, si perpetuano i vecchi vizi italici di accordi sotto banco, pastette, bicamerali più o meno sabotate. Poi, la madre di tutte le analisi politiche. “Signori, siamo in un sistema maturo, bipolare. Costruiamo il Partito democratico.” Dall’altra parte il Partito delle Libertà.  Ma qualcosa non funziona. In soffitta finiscono le ideologie del novecento, superate, anzi fastidiose, in nome del pensiero democratico d’ispirazione americana (clintoniana, per l’esattezza). Il tentativo finisce per soffocare sempre di più inevitabilmente le componenti più sensibili alle questioni sociali. Le algebre contabili dei governi di centro trattino sinistra prevalgono su tutto, bisogna “tagliare” la spesa.

Un comico genovese, alleato a un imprenditore vorace nell’uso della nascente invasiva Rete, manda tutto per aria. Sotto gli occhi il presente che è tutto meno che bipolare. È il serpente che si morde la coda. La pancia torna a comandare, ma la colpa è di chi ha governato in precedenza, dicono tutti, soprattutto quelli che sentendosi ancora di sinistra sono un tantino a disagio a coabitare al governo con la Lega. Così viviamo un presente dove immigrazione tasse pensioni e reddito di cittadinanza la fanno da padroni.

Ecco perché occorre che si costituisca un partito socialista unitario che possa proporre una ipotesi di governo fattiva, con proposte precise e soprattutto realizzabili. A ogni problema, una ipotesi di soluzione concreta. Questo sarà il Metodo Socialista per il XXI secolo. Niente più a che vedere con gli intellettuali del novecento, divisi fra Capalbio e la supponenza d’aver avuto ragione ad aver torto per settant’anni. Né coi i “nani e le ballerine” che tanto hanno funestato il passato del socialismo italiano. Ci diranno che siamo degli illusi, dei nostalgici di un pensiero ormai vinto dalla storia, che saremo l’ennesimo partitino da prefisso telefonico. Lasciamoglielo dire. Noi invece faremo.

Un partito di sinistra, socialista, unitario oggi in Italia, in Europa serve come il pane. E senza trattini.