GERMANIA, SPD AL VOTO: IL GIOVANE KÜHNERT «sfida» Martin Schulz

Resa dei conti al congresso: a rischio l’intesa con Angela Merkel per la formazione della nuova alleanza di governo. Il principale ostacolo è un aspirante leader di 28 anni

di Paolo Valentino

Per un giorno la «piccola città in Germania» che John Le Carré rese celebre come una delle capitali della Guerra Fredda, torna al centro del mondo per una ragione che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. A Bonn, in riva al Reno, va in scena oggi una pièce ad alto contenuto drammatico, il cui esito avrà comunque conseguenze globali. In gioco sono non solo il futuro del partito socialdemocratico, ma la stabilità politica della quarta economia del pianeta, il potere di Angela Merkel e in ultima analisi il destino dell’Europa, le sue prospettive di rilancio e integrazione. Seicento delegati della Spd sono chiamati in congresso straordinario ad esprimersi su un solo punto in agenda: approvare o respingere il documento di 28 pagine, negoziato dalla leadership socialdemocratica con la Cdu-Csu della cancelliera, che apre la strada a trattative formali per un nuovo governo di Grosse Koalition.

Non è per nulla scontato che Martin Schulz, il leader del partito, ottenga la maggioranza necessaria per andare avanti. Sostenuto da gran parte del gruppo dirigente e dai deputati al Bundestag, l’accordo è contestato in modo diffuso nelle federazioni, che hanno scelto i delegati. A guidare la «rivolta degli schiavi» è il «new kid on the block» della politica tedesca. Ha appena 28 anni, il tono flautato e il Milchgesicht, la faccia da bambino, secondo la definizione della Bild Zeitung, ma in soli due mesi Kevin Kühnert è diventato il principale ostacolo sulla strada che porta a un nuovo governo di centrosinistra sotto la guida di Angela Merkel. Kühnert è capo degli Jusos, i giovani socialdemocratici e si batte come un forsennato per tenere la Spd fuori da una Grosse Koalition. Ma quello che il ribelle rivendica come segnale di dibattito vivo e appassionato, è in realtà la bomba a orologeria, che potrebbe in un solo boato spaccare il partito e sprofondare la Germania in una fase di incertezza dalle ripercussioni incalcolabili. «Dobbiamo essere nani oggi per essere di nuovo giganti domani», ha detto Kuhnert al congresso della Spd a Bonn. «I temi comuni con l’Unione sono stati esauriti», ha aggiunto, esortando l’assemblea del congresso di partito a votare contro la Grosse Koalition con Angela Merkel.

Erede di una tradizione che ha spesso visto gli Jusos «sparare sul quartier generale», contestando da sinistra la linea ufficiale, dagli euromissili voluti negli Anni Ottanta da Helmut Schmidt all’Agenda 2010 di Gerhard Schröder, Kühnert ha fatto un salto di qualità. Non più solo voce del ribellismo giovanile, ma leader carismatico dell’opposizione interna e punta di lancia del contrasto a Schulz. «La rigenerazione della Spd sarà all’opposizione o non sarà», è il grido di battaglia col quale ha dato voce a tutte le ansie esistenziali e i dubbi identitari della base socialdemocratica, diventando riferimento obbligato di quanti vedono in una nuova esperienza di governo un rischio mortale per il partito.

Eppure, l’intesa spuntata nel negoziato con Merkel e i suoi alleati bavaresi recepisce punti importanti delle proposte socialdemocratiche. Pone in cima all’agenda un maggior impegno politico e finanziario della Germania in Europa, prevede la spesa del surplus di 45 miliardi di euro per le famiglie, i giovani e le infrastrutture. Ma la Spd ha dovuto subire il tetto di 200 mila persone al numero annuale di rifugiati e soprattutto rinunciare all’idea radicale di un’assicurazione sanitaria universale, in luogo del doppio sistema pubblico-privato in vigore attualmente. È quest’ultima rinuncia a fornire ai ribelli l’argomento più forte: l’assenza di una visione, di un progetto che metta il timbro socialdemocratico sul patto di governo.

Schulz si è tuffato con passione nel tentativo di convincere una base scettica e impaurita, viaggiando in tutti i Land. Se il congresso dovesse bocciare i negoziati per una Grosse Koalition, ha ammonito in una intervista a Der Spiegel, la Germania «andrebbe a nuove elezioni e anche rapidamente». Ma attenzione, ha aggiunto, «i partiti che non riescono a formare un governo con le maggioranze disponibili al Bundestag, saranno puniti dagli elettori». I sondaggi più recenti danno la Spd perfino al di sotto del 20%, il minimo storico ottenuto lo scorso settembre.

La prospettiva di elezioni anticipate preoccupa anche la cancelliera. Secondo molti analisti, nel caso di ritorno alle urne potrebbe non essere più Angela Merkel a condurre la Cdu-Csu. Dentro il partito crescerebbe infatti una fronda conservatrice guidata da Jens Spahn, ambizioso vice-ministro uscente dell’Economia, e Alexandr Dobrindts, nuovo capo dei deputati della Csu al Bundestag.

Un tentativo di mediare tra fautori e nemici della Grosse Koalition è partito ieri dalle federazioni socialdemocratiche del Nord Reno Vestfalia e dell’Assia, che insieme esprimono oltre un terzo dei 600 delegati. Secondo la Süddeutsche Zeitung, la loro proposta prevede un sì all’intesa, ma subordinato alla revisione di alcuni punti in tema di assunzioni, sanità e ricongiungimenti familiari per i profughi. Unica obiezione, la signora Merkel ha già detto chiaramente che l’accordo, raggiunto dopo 5 giorni di duro negoziato e quasi subito dalla Cdu-Csu, non può essere cambiato nella sostanza.

Fonte: corriere.it