L’ECCIDIO DI FOGGIA
Com’è il clima politico dell’epoca? «Oppressivo» Qual è il ruolo dei prefetti, dell’esercito, delle forze dell’ordine? «Repressivo» Cosa chiede la gente che sciopera o manifesta? «Migliori condizioni di vita, maggior salario» Quali le risposte? «E sempre eccidi!», come riporta in un sottotitolo de “il Foglietto” di Lucera, un bisettimanale locale, nell’edizione n. 30 del 20 aprile 1905. Sempre eccidi, quasi una costante, perchè quello di Foggia è solo l’ultimo in ordine di tempo e con riferimento alla sola nostra provincia che ha gia visto eccidi a: Candela – 8 settembre 1902 – otto morti Cerignola – 16 maggio 1904 – tre morti San Marco in Lamis – 8 marzo 1905 – quattro morti 18 Aprile 1905 – L’eccidio di Foggia Questa volta non sono nè diseredati, nè braccianti che scendono in lotta, è la categoria dei ferrovieri di Foggia, una delle prime e meglio organizzate, e da Foggia, anche per l’effetto che i tragici fatti avranno, lo sciopero si estenderà a Napoli, Roma, Bologna. Il braccio di ferro fra Governo e ferrovieri dura già da un pò di tempo; a Foggia si attuano forme di ostruzionismo da parte delle maestranze e degli impiegati, e già alcuni giorni prima dell’eccidio, molti ferrovieri, appartenenti ai vari servizi, si erano riuniti nella locale Camera del Lavoro, dove parlò per primo Rodolfo Asdrubali, socialista, applicato ferroviario, chiedendo agli intervenuti se intendevano riprendere l’ostruzionismo o proclamare lo sciopero generale nel caso il Governo non intendesse apportare alcun miglioramento alla classe, ovvero se intendesse applicare leggi restrittive per i ferrovieri. “SCIOPERO GENERALE!!!” deliberò all’unanimità l’assemblea. Prese poi la parola il segretario della Camera del Lavoro, prof. Masciotta, che consigliò la calma, dicendo che il ministro Fortis, in continuità con gli atteggiamenti del precedente Giolitti, non temeva le minacce, nè gli ordini del giorno, quindi era necessario stare in guardia per non lasciarsi sopraffare, ed essere pronti per la battaglia. In previsione del giorno di paga dei ferrovieri, era stato chiesto che tale operazione fosse svolta in locali diversi dalla stazione, in Prefettura o altrove, al fine di evitare assembramenti e possibili disordini. La Società ferroviaria non volle tener conto di questo consiglio, perchè sperava di indurre ciascun ferroviere a riprendere il lavoro, al momento della paga. Anzi, l’amministrazione ferroviaria aveva diramato un invito stampa a tutti gli scioperanti, perchè alle ore 18 ognuno si fosse fatto trovare pronto a casa sua, da dove sarebbe stato rilevato da pattuglie armate e scortato alla stazione. Ma già dalla sera precedente, pattuglioni di Pubblica Sicurezza e Guardia di Finanza, sulla scorta di una lista di nomi appositamente predisposta e fornita, si erano recati da molti ferrovieri per invitarli a seguirli dicendo loro che erano desiderati dalla Direzione. Risultati inutili i consigli di prudenza, già alle 5,30 del mattino, una massa di circa 500 ferrovieri e di altrettanti curiosi, si era radunata innanzi ai cancelli della stazione aspettando ognuno il proprio turno. Nel frattempo, fra due fratelli, tali Russi, uno ferroviere frenatore scioperante e l’altro in servizio, si accese una discussione che degenerò in un tafferuglio terminato con l’arresto di due contadini. Gli scioperanti, immediatamente, reclamarono la liberazione degli arrestati, ma le autorità vi si opposero, e mentre dal lato opposto all’assembramento avanzava la cavalleria, i carabinieri, sguainate le sciabole, cominciarono a tirare piattonate. Fattasi largo, la cavalleria aggirò la folla e la spinse verso il viale principale della stazione. Incominciò un fuggi fuggi generale, la maggior parte delle persone scappò verso la città e solo un centinaio restarono nel piazzale della stazione. La massa di gente, incanalata nel viale , che restava limitato dai cancelli dei giardini della stazione, seguì un percorso in linea retta, ma giunta al termine dei predetti cancelli, nei pressi della barriera daziaria, si sbandò a destra e a sinistra per i campi. In quel mentre dalla stazione giunse un picchetto di fanteria, guardia di finanza e carabinieri che prese posizione formando un cordone da un angolo del giardino all’altro. I carabinieri sciabolarono la folla e ferirono una persona. Volò qualche sasso e pare che dalla massa di gente partisse un colpo di rivoltella che ferì un soldato ad una gamba. All’improvviso, senza alcun preavviso di squillo di tromba, senza invito ad allontanarsi e pare anche senza il comando di far fuoco, i carabinieri e la cavalleria, parte rivolti verso la stazione, parte verso la città, aprirono il fuoco. Nel conseguente sbandamento generale restarono ferite tre persone, un tale Raho Michele, ferito al torace, si trascinò carponi dietro l’Opera Pia Scillitani dove morì. E’ difficile oggi immaginare lo stato dei luoghi dell’epoca, la stazione non è attaccata alla città, c’è un vuoto che la separa. La folla giunta in città si disperse in tutte le direzioni, la cavalleria, schierata avanti alla Villa comunale, avanzò, e un cavalleggero, disarcionato dal proprio cavallo che si era impennato, cadde, risalì in sella, puntò il fucile e fece fuoco ferendo una donna. Due carabinieri, uno all’angolo dello stabilimento Rocco e La Capria, l’altro al riparo del Politeama, vicino ai giardini comunali, incominciarono a sparare all’impazzata. Il primo crivellò di colpi il palazzo Vaccarella, poi colpì a morte tale Gaetano Pinto, barbiere, che trovavasi sul marciapiede del palazzo e ferì gravemente il calzolaio Occhiochiuso Giovanni. L’altro carabiniere ferì gravemente una donna con tre colpi di moschetto, uno al braccio e due alla schiena, uno studente della scuola professionale, tale dario Fares colpito alla gola, ed altri fra cui un ragazzo. Nel frattempo da un cordone di soldati schierati all’imbocco del viale della stazione partirono dei colpi, e un proiettile ferì la cameriera del Sig. Siniscalchi la quale si era affacciata ad un balcone del palazzo Vaccarella. Altri carabinieri spararono nella direzione di Corso Vittorio Emanuele ferendo altra gente fra cui il pizzicagnolo Francesco Conte colpito di striscio al capo dall’indietro in avanti, e Foglio Vincenzo, sarto, con un proiettile che dalla spalla fuoriuscì davanti perforandogli il polmone. Come si vede si spara con determinazione ed intenzione, ad altezza d’uomo, in posti vitali, molti vengono colpiti alle spalle poichè stanno scapppando …