PIETRO NENNI E LA NASCITA DELLA REPUBBLICA

Si avvicina il grande giorno: il 2 giugno. Quel giorno gli italiani decideranno tra la monarchia e la repubblica. E’ una scelta fondamentale: per Nenni lo è più che per chiunque altro. Dalla prima giovinezza ha sognato la repubblica: da quando ha articolato i primi suoni politici ha esaltato la repubblica. E alla repubblica egli ha dedicato la volontà e la passione di ogni sua giornata da quando è tornata la libertà in Italia. il “vento del Nord” e la “lotta contro l’orologio”: il lavoro da lui svolto per la Consulta; le rinunce, i compromessi, il “senno”; tutto è fatto perché si arrivi al voto, al più presto, in condizioni di tranquillità.
Egli sentiva che ogni minuto era un voto in meno alla repubblica perché calava la tensione della Resistenza, il vecchio Stato e le vecchie idee riemergevano, la paura del comunismo cresceva e la repubblica era temuta come l’anticamera del comunismo. La destra rialzava la testa, i moderati, preoccupati dei risultati elettorali, guardavano a destra. Le provocazioni dirette a ritardare il momento della decisione si moltiplicavano. E la sinistra commetteva errori seri: come quello di minacciare per legge una epurazione che era contro i principi fondamentali del diritto e poi di non farla, anzi di concludere con una amnistia, quella di Togliatti, che vanificava tutto, e implicitamente suonava ammissione di errori se non di colpe.
A mano a mano che ci si avvicina alla data del 2 giugno crescono le inquietudini per l’ordine pubblico. Il 9 maggio il re Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio Umberto che diventa re. Grandi furono i timori per questa mossa della monarchia, e si deve a Nenni se prevalse nel Consiglio dei Ministri l’orientamento del “niente è cambiato”. Ma i monarchici intanto sono attivi.
Il 2 giugno Nenni annota nel diario: “Una giornata storica può essere, anche per uno dei suoi protagonisti, una giornata noiosa. Sono stato tappato in casa tutta la giornata. E’ comunque e in ogni caso la ‘mia’ giornata. ad essa è legata l’opera mia di capo di partito e di ministro. Trascorro la serata in solitaria attesa leggendo Le zero et l’infini di Koestler”.
Ma il 5 giugno – finalmente noti i risultati – è “una grande giornata che può bastare per la vita di un militante”. La repubblica ha vinto, seppure di misura, di una misura tanto stretta che si accusò il ministro dell’interno, il socialista Giuseppe Romita, di avere favorito qualche forzatura elettorale. Niente di vero né di verosimile: ma l’esiguità del margine di maggioranza – solo poco più del 4 % – dimostra che le preoccupazioni di Nenni erano fondate: il tempo logorava la battaglia repubblicana, erodeva i margini del consenso della sinistra, che era stato grandissimo dopo la Liberazione. A mano a mano che il filo della “continuità” si irrobustiva, diventava una corda intorno al collo della rivoluzione democratica; a mano a mano che si indeboliva la collaborazione tra le potenze occidentali e l’Unione Sovietica e cresceva la campagna contro il comunismo, le simpatie repubblicane del ceto medio si illanguidivano. La posizione di indifferenza istituzionale assunta dalla Dc consentì all’apparato cattolico, e specie alle parrocchie, di “consigliare” i fedeli a votare trono e altare, monarchia e Dc: la formula perfetta che garantiva contro ogni “avventura” di destra e di sinistra. Aveva ragione Nenni di premere perché si arrivasse al più presto al voto. Il titolo dell’editoriale dell’Avanti! scritto da Silone, “Grazie Nenni”, fu felicissimo; e anche obiettivamente esatto. La maggioranza per la Repubblica è stata striminzita: il 51,01 % dei voti. Ma è fatta ! L’Assemblea Costituente elegge capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola.
Si volta pagina.
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dal libro di Giuseppe Tamburrano “Pietro Nenni”, Laterza 1986
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“Si avvicina il grande giorno: il 2 giugno. Quel giorno gli italiani decideranno tra la monarchia e la repubblica. E’ una scelta fondamentale: per Nenni lo è più che per chiunque altro. Dalla prima giovinezza ha sognato la repubblica: da quando ha articolato i primi suoni politici ha esaltato la repubblica. E alla repubblica egli ha dedicato la volontà e la passione di ogni sua giornata da quando è tornata la libertà in Italia. Il “vento del Nord” e la “lotta contro l’orologio”: il lavoro da lui svolto per la Consulta; le rinunce, i compromessi, il “senno”; tutto è fatto perché si arrivi al voto, al più presto, in condizioni di tranquillità. Egli sentiva che ogni minuto era un voto in meno alla repubblica perché calava la tensione della Resistenza, il vecchio Stato e le vecchie idee riemergevano, la paura del comunismo cresceva e la repubblica era temuta come l’anticamera del comunismo. La destra rialzava la testa, i moderati, preoccupati dei risultati elettorali, guardavano a destra. Le provocazioni dirette a ritardare il momento della decisione si moltiplicavano. E la sinistra commetteva errori seri: come quello di minacciare per legge una epurazione che era contro i principi fondamentali del diritto e poi di non farla, anzi di concludere con una amnistia, quella di Togliatti, che vanificava tutto, e implicitamente suonava ammissione di errori se non di colpe. […]

A mano a mano che ci si avvicina alla data del 2 giugno crescono le inquietudini per l’ordine pubblico. Il 9 maggio il re Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio Umberto che diventa re. Grandi furono i timori per questa mossa della monarchia, e si deve a Nenni se prevalse nel Consiglio dei Ministri l’orientamento del “niente è cambiato”. Ma i monarchici intanto sono attivi. […]

Il 2 giugno Nenni annota nel diario: “Una giornata storica può essere, anche per uno dei suoi protagonisti, una giornata noiosa. Sono stato tappato in casa tutta la giornata. E’ comunque e in ogni caso la ‘mia’ giornata. ad essa è legata l’opera mia di capo di partito e di ministro. Trascorro la serata in solitaria attesa leggendo Le zero et l’infini di Koestler”. Ma il 5 giugno – finalmente noti i risultati – è “una grande giornata che può bastare per la vita di un militante”.

La repubblica ha vinto, seppure di misura, di una misura tanto stretta che si accusò il ministro dell’interno, il socialista Giuseppe Romita, di avere favorito qualche forzatura elettorale. Niente di vero né di verosimile: ma l’esiguità del margine di maggioranza – solo poco più del 4 % – dimostra che le preoccupazioni di Nenni erano fondate: il tempo logorava la battaglia repubblicana, erodeva i margini del consenso della sinistra, che era stato grandissimo dopo la Liberazione. A mano a mano che il filo della “continuità” si irrobustiva, diventava una corda intorno al collo della rivoluzione democratica; a mano a mano che si indeboliva la collaborazione tra le potenze occidentali e l’Unione Sovietica e cresceva la campagna contro il comunismo, le simpatie repubblicane del ceto medio si illanguidivano. La posizione di indifferenza istituzionale assunta dalla Dc consentì all’apparato cattolico, e specie alle parrocchie, di “consigliare” i fedeli a votare trono e altare, monarchia e Dc: la formula perfetta che garantiva contro ogni “avventura” di destra e di sinistra.
Aveva ragione Nenni di premere perché si arrivasse al più presto al voto. Il titolo dell’editoriale dell’Avanti! scritto da Silone, “Grazie Nenni”, fu felicissimo; e anche obiettivamente esatto. […]

Giuseppe Tamburrano

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