CARLO E NELLO ROSSELLI

Carlo e Nello (vero nome Sabatino) Rosselli nascono a Roma, rispettivamente il 16 novembre 1899 e il 29 novembre 1900. Il terzo fratello, Aldo, il primogenito, nato nel 1898, morirà durante la Prima guerra mondiale. La madre, Amelia Pincherle, apparteneva a una facoltosa famiglia della borghesia ebraica veneziana ed era scrittrice di teatro e di letteratura. Il padre, Giuseppe Emanuele, proveniva anch’egli da una nota famiglia ebraica fortemente legata alle vicende del Risorgimento nazionale, amica e sostenitrice di Giuseppe Mazzini nel lungo esilio londinese. Proprio in casa del prozio, Pellegrino Rosselli, a Pisa, era morto Mazzini nel 1872. Amelia, dopo la separazione dal marito, si trasferisce a Firenze nel 1903 con i tre figli, della cui educazione si assumerà tutta la responsabilità, trasmettendo loro il forte senso di una moralità austera, ma non per questo arida di affetto; un affetto che rimarrà saldissimo tra la madre e i figli per tutta la vita. Il profondo legame che, per parte sia di madre sia di padre, unisce la famiglia Rosselli al Risorgimento fa sì che profondo sia il sentimento di italianità che anima i tre fratelli; un sentimento che non si confonde né, da un lato, con il nazionalismo, né, dall’altro, con il sionismo, e che, in occasione del primo conflitto mondiale, viene rafforzandosi, essendo Amelia una fervida interventista. Aldo parte volontario nel giugno 1915, e come ufficiale di fanteria trova la morte in combattimento sulle Alpi Carniche nel marzo 1916. Carlo viene chiamato alle armi nel giugno 1917, svolge il servizio militare come ufficiale nell’artiglieria alpina e viene congedato nel febbraio 1920. Nello, pur non partecipando al conflitto, dall’aprile 1918 svolge il servizio militare e si congeda nel novembre 1919 con il grado di sottotenente.

Per Carlo e Nello, tornati a Firenze, risulta fondamentale l’incontro con Gaetano Salvemini. Per Carlo, che nelle trincee ha scoperto l’Italia proletaria e che si laurea dapprima, nel 1921, in scienze politiche a Firenze e quindi, nel 1923, in legge a Siena, riveste grande importanza anche l’incontro con Alessandro Levi, filosofo politicamente turatiano, tramite il quale scopre il socialismo. Nello, tornato agli studi, nel 1919 si lega di un affetto filiale a Salvemini, confidandogli la propria scelta di dedicarsi alla ricerca storica; nella primavera del 1920 questi gli affida una tesi sull’ultimo periodo della vita di Mazzini, che gli fa stendere per ben tre volte prima di consentirgli di laurearsi, nel marzo 1923, in filosofia e filologia. Nel novembre di quello stesso anno Carlo inizia a insegnare presso l’Università Bocconi di Milano quale assistente nel corso di economia politica di Luigi Einaudi; nel 1924, grazie all’appoggio di Attilio Cabiati, diviene docente incaricato di istituzioni di economia politica presso la facoltà di Economia di Genova. Nel 1926 Carlo sposerà l’inglese Marion Cave, dalla quale avrà tre figli (tra cui la nota poetessa Amelia Rosselli); nello stesso anno Nello sposerà Maria Todesco, dalla quale avrà quattro figli. Entrambi – e con loro Piero Calamandrei – fanno parte sin dalla fondazione del gruppo che, dal 1920, riunito intorno a Salvemini, costituisce il primo nucleo organizzato dell’antifascismo italiano. Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), Carlo aderisce al Partito socialista unitario (PSU), mentre anche l’impegno politico di Nello si intensifica, e nel novembre 1924 a Livorno, dalla tribuna del quarto Congresso giovanile ebraico, egli lancia un messaggio di lotta e di mobilitazione.

Frattanto, dal 1919 a Firenze agisce un fascismo squadristico particolarmente violento e senza scrupoli, che ricorre anche all’assassinio politico; per gli antifascisti non è facile, ed è molto rischioso, trovare le forme per opporvisi. Al fianco di Salvemini, vero leader dell’antifascismo fiorentino in quegli anni difficili, Nello è particolarmente attivo, a partire dal 1920, nel raccogliere intorno allo storico pugliese coloro che desiderano discutere liberamente di argomenti politici, sociali, economici e culturali. Si tratta di un impegno che riscuote un grande consenso, tanto che, nel febbraio 1923, si decide di fondare un Circolo di cultura che inizia la propria attività due mesi dopo. A Firenze, ove si fronteggiano gli squadristi più violenti e antifascisti di grande coraggio, nel giugno 1924 gli interventisti democratici danno vita all’associazione clandestina Italia libera, cui partecipa anche Nello, con un’attività rilevante. Oltre a Calamandrei, vanno ricordati quali membri del gruppo salveminiano Ernesto Rossi, Nello Traquandi e Nello Niccoli, poi tutti aderenti al Partito d’azione; gli ultimi due saranno attivissimi nella cospirazione e nella lotta armata (Niccoli, per es., sarà il comandante del Corpo volontari della libertà della Toscana).

Il fascismo, dopo aver superato la crisi provocata dall’assassinio di Matteotti, si appresta a dare l’assalto definitivo al moribondo Stato liberal-sabaudo e intensifica la propria azione aggressiva contro gli oppositori del regime. A Firenze l’offensiva è particolarmente violenta: il 31 dicembre 1924 gli squadristi assaltano le sedi del quotidiano liberal-democratico «Il nuovo giornale» e del Circolo di cultura; quest’ultimo viene sciolto il 5 gennaio 1925. Carlo e Nello sono tra coloro che con più calore sostengono la necessità, vista la situazione, di passare alle vie illegali, un’idea che trova concordi Traquandi, Ernesto Rossi e altri; così, nel gennaio 1925 vede la luce «Non mollare», giornale clandestino e primo foglio dell’antifascismo italiano. Il giornale uscirà fino a ottobre, ma Nello non ne potrà seguire ogni numero poiché Salvemini in marzo lo invia a Berlino per un periodo di studio. Ed è in Germania che Nello apprende dell’arresto di Salvemini, avvenuto l’8 giugno, e del processo cui è sottoposto, nonché dell’irruzione squadristica nella propria casa, che viene devastata perché i Rosselli – cui i fascisti danno la caccia – sono accusati di aver ospitato Salvemini. Così Nello decide di prolungare la permanenza a Berlino e torna a Firenze solo in agosto, quando la situazione è ormai più tranquilla. La calma, tuttavia, dura poco. Infatti, quando «Non mollare», il 20 settembre, pubblica una lettera a Benito Mussolini di Cesare Rossi, già suo capoufficio stampa, in cui questi minaccia di renderne note le responsabilità dirette nella promozione di azioni illegali e squadristiche contro gli oppositori del regime, a Firenze la violenza fascista dilaga con inaudita forza nella notte tra il 3 e 4 ottobre. Vengono uccisi tre esponenti di primo piano dell’opposizione, Gaetano Pilati, ex deputato socialista e invalido di guerra, Gustavo Console, consigliere provinciale socialista e corrispondente locale dell’«Avanti!», e Giulio Becciolini, militante del Partito repubblicano; vengono devastate molte abitazioni di antifascisti e diverse sedi massoniche, e anche l’associazione Italia libera è costretta a smobilitare. La casa dei Rosselli è oggetto di colpi di arma da fuoco, ma Nello, avvisato della rappresaglia, sin dal giorno prima aveva lasciato la città, trovando rifugio presso amici fuori Firenze. Nello e Carlo sono ormai nel mirino dei fascisti: sospeso «Non mollare» il 5 ottobre, Carlo lascia Firenze e si reca prima a Milano e poi a Genova; nel viaggio incontra Piero Gobetti – che nel 1923 ha fondato «La rivoluzione liberale» – e Max Ascoli.

Dal marzo all’ottobre 1926 Pietro Nenni e Carlo danno vita alla rivista «Il Quarto Stato». Sono gli ultimi mesi della residua, e ormai formale, libertà italiana, caratterizzati dal tentativo di creare un fronte unitario delle forze laiche, repubblicane e socialiste e, quindi, di organizzare l’opposizione unita della democrazia alla dittatura. Anche Nello prende parte all’iniziativa, soprattutto con recensioni. Risale però a questo periodo un articolo da lui scritto per il mensile repubblicano «Critica politica», diretto da Oliviero Zuccarini, e particolarmente indicativo dei suoi interessi storiografici, dal titolo I repubblicani e i socialisti in Italia (dal 1860 ad oggi) (25 luglio e 25 ottobre 1926). Nel dicembre 1926 Carlo organizza, insieme a Ferruccio Parri, Sandro Pertini, Riccardo Bauer e Umberto Ceva, l’espatrio di Filippo Turati; di conseguenza viene condannato a dieci mesi di carcere, e nel settembre 1927 a cinque anni di confino nell’isola di Lipari, dove viene trasferito in dicembre. Nel luglio 1929 fugge da Lipari insieme a Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitti, e giunge a Parigi, dove fonda il periodico «Giustizia e libertà». Nello, aderente all’Unione nazionale di Giovanni Amendola, il 1° giugno 1927 viene arrestato a Firenze; dopo due giorni di permanenza nelle carceri fiorentine delle Murate viene condannato a cinque anni di confino a Ustica, ove aveva chiesto di andare nella speranza di ritrovare il fratello (che vi era stato appena trasferito). Tornato in libertà nel febbraio 1928, dietro la garanzia di Gioacchino Volpe e Paolo Boselli che si occuperà solo di storia, non abbandona l’attività cospirativa e, messo sotto sorveglianza, nel luglio 1929 viene nuovamente arrestato e mandato in carcere a Frosinone, quindi al confino a Ustica e poi a Ponza; in novembre viene rilasciato.

Negli anni Trenta i due fratelli, nonostante l’esilio di Carlo, mantengono sempre contatti stretti. Hanno temperamenti diversi: Carlo assume l’impegno di teorico del socialismo unendolo a quello di militante rivoluzionario come scopo della propria vita, divenendo uno dei leader dell’antifascismo europeo; Nello si dedica agli studi storici, ma non per questo diserta la prima linea nella battaglia per recuperare la libertà perduta. Viaggiando in Italia e all’estero per ragioni di studio incontra di frequente Carlo. Questi, tramite il giornale «Giustizia e libertà», cerca di superare i contrasti tra i vecchi partiti battuti dal fascismo e di costruire un piano di lotta comune e rivoluzionario contro il regime. Nel 1930 pubblica in francese il saggio Socialisme libéral, scritto a Lipari nel 1927-28, e nel 1932 fonda i «Quaderni di Giustizia e libertà». Allo scoppio della guerra di Spagna, nel luglio 1936, Carlo è tra i primi, alla testa di una colonna di volontari di cui fa parte anche Aldo Garosci, a recarsi a Barcellona per mettersi al servizio della Repubblica attaccata dai franchisti. Ottiene così risultati militari che hanno risonanza internazionale: la Spagna lo consacra come uno dei leader dell’antifascismo europeo, colui che Mussolini veramente teme. Rientrato in Francia nel marzo 1937 per curarsi i postumi di una flebite, si reca in Normandia, dove lo raggiunge Nello, riuscito a ottenere il passaporto che gli era stato bloccato; quando glielo riconsegnano, la sentenza è già stata emessa e il piano per eliminare i Rosselli già messo a punto. Viene portato a termine il 9 giugno 1937 dall’organizzazione di estrema destra francese Comité secret d’action révolutionnaire (meglio nota come Cagoule), su commissione del regime fascista italiano: i due fratelli sono assassinati a pugnalate a Bagnoles-de-l’Orne.

Accomunati dal motto di Giustizia e libertà, «insorgere per risorgere», così carico di sapore risorgimentale, Carlo e Nello Rosselli non sono stati solo due combattenti caduti nella lotta per la libertà del loro Paese. È riduttivo, infatti, ridurli al ruolo, seppure nobilissimo, di martiri: essi continuano a rappresentare l’ideale di un’Italia civile, giusta socialmente, democratica e moralmente consapevole. Secondo le parole che Calamandrei volle incise sulla lapide posta sulla loro casa fiorentina, richiamando proprio Giustizia e libertà: «Per questo vissero, per questo morirono».

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