Filippo Corridoni, venne avviato al lavoro di fornace dopo le elementari, ma, dotato di vivissima intelligenza, proseguì gli studi, anche grazie ad una borsa di studio presso l’Istituto superiore industriale di Fermo. Nel 1905 a Milano, metropoli in fermento per la nuova fase di rivoluzione industriale, trovò lavoro quale disegnatore tecnico presso l’industria metallurgica “Miani e Silvestri”. Divenne segratario della sezione giovanile del Partito socialista di Porta Venezia e fondò nel marzo 1907 con Maria Rygier, giovane anarchica, il giornale Rompete le Righe, avvicinandosi così sempre più alla corrente sindacalista rivoluzionaria. La natura espressamente antimilitarista del giornale, di cui uscirono circa una decina di numeri. L’intervento contro il giornale dell’onorevole Felice Santini gli fruttò quattro anni di detenzione e la chiusura del giornale. Uscì grazie ad un’amnistia riparando a Nizza dove fece amicizia con Edmondo Rossoni. Quando a Parma incominciarono gli scioperi dei braccianti, lasciò Nizza sotto il nome di Leo Celvisio, a ricordo della rocca di San Leo, fortezza papalina dove venivano rinchiusi soprattutto i detenuti politici. Scrisse sul giornale L’Internazionale, organo della Camera del Lavoro “sindacalista rivoluzionaria” di Parma, poi pubblicato anche a Milano e Bologna, insieme ad altri esponenti del sindacalismo rivoluzionario, che si ritroveranno, almeno in parte, nella nascita dei Fasci d’Azione Internazionalista. La polizia lo identificò a causa di un articolo pubblicato da un giornale socialista, e Corridoni dovette fuggire prima a Milano e poi a Zurigo in Svizzera.

Dopo un altro arresto (Corridoni fu arrestato circa trenta volta nella sua pur breve vita), fondò Bandiera Rossa, giornale poco fortunato, passò quindi a collaborare con due testate dirette da Edmondo Rossoni, l’una evoluzione dell’altra: Bandiera Proletaria e Bandiera del Popolo, la cui stessa nomenclatura indica uno spostamento dalle posizioni di lotta di classe a posizioni più mediate in riferimento alla lotta di classe. Sconfitto nel tentativo di innescare principi rivoluzionari nel sindacato, si trasferì a Milano e nel 1911-12 riprese la sua operazione con la classe operaia, tentando di introdurre nel sindacato il metodo organizzativo basato sull’unità produttiva e sul ruolo qualificato dell’addetto. Secondo il suo pensiero, questo metodo, avrebbe portato a nuovi tipi di relazioni industriali, ma nel contempo avrebbe introdotto un principio interclassista dal punto di vista politico. Nonostante tale metodo non avesse fatto proseliti, Corridoni fu riconosciuto come uno dei capi del sindacalismo rivoluzionario di Milano. Nel novembre 1912 Corridoni prese parte a Modena al congresso istitutivo dell’Unione Sindacale Italiana (USI), scissione della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), il sindacato confederale legato fortemente al partito socialista. Tutta una serie di personaggi di spicco passarono all’USI, dai fratelli De Ambris a Giuseppe Di Vittorio.

L’USI ebbe numerose adesioni a livello nazionale, in particolare a Genova, dove le camere del lavoro più importanti, come quella di Sestri Ponente, passarono in gran parte dai confederali all’USI. Nell’aprile 1913 nacque a Milano, su inspirazione di Corridoni, l’Unione Sindacale Milanese (USM), autonoma, ma associata all’USI, della quale divenne responsabile. Con la stretta collaborazione dei fratelli De Ambris, egli organizzò una serie di scioperi ed ottenne l’adesione al sindacato USM dei sindacati metallurgici, dei gassisti, dei lavoratori del vestiario, dei tappezzieri di carta e dei decoratori. Furono anni di intensa collaborazione coi De Ambris quelli fra il 1913-14, in cui venne appoggiato nella sua azione dall’allora direttore dell’Avanti, Benito Mussolini. A Milano dove tenne un comizio all’Arena davanti a circa 100.000 operai. Allo stesso comizio presero la parola Mussolini e Gibelli. Al termine della manifestazione, la folla intenzionata a raggiungere piazza del Duomo fu fronteggiata dalla polizia. Ne nacquero scontri nel corso dei quali furono feriti sia Corridoni che Mussolini. Quest’ultimo grazie all’intervento di altri partecipanti tra cui Amilcare De Ambris fu messo in salvo, mentre Corridoni fu nuovamente arrestato. Mentre scontava la pena in carcere nel frattempo in Europa scoppiò la Prima Guerra Mondiale. Intanto il 14 novembre 1914 uscì il primo numero del Popolo d’Italia fondato da Benito Mussolini.

Nel contempo, su iniziativa di Mussolini nacquero i Fasci d’Azione Rivoluzionaria, gruppo che rinserrò ed organizzò i ranghi dell’interventismo di sinistra ed evoluzione dei Fasci d’Azione Internazionalista: le personalità sindacaliste rivoluzionarie e di sinistra si accodavano così alla campagna sostenuta dalla borghesia italiana, e diretta dalle colonne del Corriere della Sera, volta ad orientare verso la partecipazione alla guerra le operaie e gli intellettuali. Allo scoppio della prima guerra mondiale Corridoni si presentò volontario per il fronte e poco prima della partenza mandò un saluto a Mussolini, fu inizialmente assegnato ai servizi di retrovia. Ciò nonostante insisté per essere inviato al fronte: ci riuscì e partecipò ai combattimenti sul Carso, dove trovò la morte per ferita d’arma da fuoco in seguito a un assalto alla trincea austriaca. Risultò così profetica la sua affermazione eroica: “Morirò in una buca, contro una roccia o nella corsa di un assalto ma, se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico, come per andare più avanti ancora!”. Venne decorato alla memoria con medaglia d’argento al valor militare, decorazione che Benito Mussolini fece convertire in medaglia d’oro nel 1925. Lo ricorda un monumento del 1933, opera dello scultore Francesco Ellero, sul Carso goriziano nel luogo dove cadde (Trincea delle Frasche). Nella piazza in stile fascista della sua città natale, Pausula (oggi rinominata Corridonia), si erge ancora la statua bronzea del Corridoni in punto di morte, opera dello scultore Oddo Aliventi, inaugurata da Mussolini durante il Ventennio. Dopo la morte la figura di Filippo Corridoni fu associata al nascente fascismo con il cui leader aveva condiviso nell’ultima fase della sua vita la scelta dell’Interventismo e l’arruolamento volontario in guerra e dai vecchi compagni socialisti coi quali aveva condiviso le battaglie giovanili. L’ascesa di Mussolini nel 1922 lo consegnò nell’immaginario collettivo al Fascismo.

Tanto che lo stesso Curzio Malaparte sull’opera svolta da Corridoni commentò: ” I precursori e gli iniziatori del fascismo sono quelli stessi, repubblicani e sindacalisti, che avevano per primi sollevato il popolo contro il socialismo deprimente e rinnegatore ed avevano voluto ed attuato, con Filippo Corridoni, gli scioperi generali del 1912 e del 1913 “. Ma la figura di Filippo Corridoni fu comunque poi rivendicata dagli ex compagni socialisti Giuseppe Di Vittorio e Alceste De Ambris. In particolare a sinistra Giuseppe Di Vittorio, capo storico del sindacato C.G.I.L., e proveniente dalle file del sindacalismo anarchico era uno dei pochi a ricordare l’importanza della figura di Corridoni per la formazione delle strutture sindacali in Italia, in quanto proprio a causa dell’avvicinamento della sua figura al regime fascista Corridoni risultava personaggio scomodo. Infatti secondo Giuseppe Di Vittorio la vicinanza di Corridoni al Fascismo: ” È un’infame invenzione di Mussolini, Corridoni non sarebbe mai stato fascista. Era troppo onesto, coraggioso, leale, per mettersi al servizio degli agrari! “.

Fonte: Raimondo Rodia