Epifanio Leonardo Li Puma nacque a Raffo, una frazione di Petralia Soprana il 06/01/1893. Ha sempre vissuto in questa borgata che per certi versi assomigliava a tutti i villaggi meridionali dove la gente nasceva e moriva senza lasciar traccia. A Raffo si poteva arrivare solamente a piedi sul basto di animali attraverso le “trazzere”, non c’era luce e l’acqua sgorgava da una fontanella posta al centro dell’abitato. Cominciò a lavorare giovanissimo. Chiamato dalle armi per 18 mesi, il suo servizio verso la patria continuò poi in guerra dove combattè al fronte per quattro anni.
Dal matrimonio con Michela ebbe 10 figli. Epifanio come tutti i padri di allora era severo e rigoroso, non faceva discriminazioni tra maschi e femmine, e per il fatto che nessuno dei suoi figli vagabondasse per strada, era stimato.
Infaticabile lavoratore usciva alle prime luci dell’alba e rientrava all’imbrunire, un ritorno dai campi sempre atteso dai figli che vedendolo arrivare si facevano trovare all’ingresso del centro abitato per toglierli di mano le redini della mula e quello che portava, grazie al quale si poteva vivere. Era molto religioso, non si consumavano pasti senza ringraziare il Signore con il segno della croce, non era d’accordo sul modo d’agire della chiesa sul piano politico ed economico, ma considerava la chiesa un punto di riferimento. Un carattere rigoroso, egli teneva molto alla forma: quando parlava con gli estranei non voleva essere disturbato dai figli, ai quali raccomandava come comportarsi in pubblico; non usava rimproverare, bastava una sola occhiata per far capire loro quello che in quel momento voleva dire. Uomo all’antica di grande discrezione.

IL SINDACALISTA – La prima lotta la intraprese al ritorno dalla prima guerra mondiale, rivendicando le terre che lo Stato aveva promesso ai combattenti.
Epifanio Li Puma era contro il fascismo e lo diceva apertamente, il suo coraggio e la sua determinazione erano a conoscenza di tutti. Non era un rivoluzionario, ma un pacifista che credeva nello stato e nella legge uguale per tutti. Un politico sindacalista, che in occasione del referendum sulla monarchia o repubblica si schierò, facendo votare, in favore di quest’ultima.
I suoi discorsi politici erano sempre a favore della sinistra e del PSI che lui indicava come il partito che dava pane perché credeva negli ideali politici del socialismo. Si adoperava per difendere e rivendicare i diritti del popolo e nonostante fosse sprovvisto di una base culturale operò una rivoluzione fra i contadini spingendoli a chiedere i propri diritti nei confronti degli agrari.
Per questo organizzò a Raffo nel 1946 la lega dei lavoratori della terra in quanto aveva capito che solo attraverso i sindacati le sorti dei contadini potevano risollevarsi. Questo suo impegno naturalmente lo portò a scontrarsi con il feudatario presso cui lavorava. Quest’uomo poteva diventare pericoloso, era una voce stonata nel silenzio delle campane, così egli cominciò a ricevere intimidazioni e minacce di sfratto dal feudo.

Epifanio non si preoccupò. Dirigeva la lotta secondo la legge bandendo soverchierie o oltraggi.
Iniziarono gli incontri fra i capi lega che a contatto con i dirigenti provinciali e delle locali camere del lavoro riuscivano ad avere notizia sull’esistenza di nuove leggi, sul riparto dei prodotti (decreti Gullo) o sull’assegnazione delle terre incolte alle cooperative.
Con la costruzione della lega iniziarono le prime riunioni e le prime rivendicazioni, infatti, le riunioni della lega non solo servivano ad organizzare la lotta ma anche a informare i cittadini di quanto stava avvenendo dal punto di vista politico, legislativo e sindacale. Le riunioni, in un primo tempo e fino a quando non diventarono segrete, venivano comunicate in vari modi, suonando la campana o a passaparola.
A tenere le riunioni era sempre lui, le cui parole, rappresentavano un “fastidio” per i proprietari terrieri. Chiamati con lo pseudonimo di “pescicani” o “parassiti”.
Nonostante il clima di intimidazione e schiavizzazione, le riunioni continuarono ma divennero segrete. L’argomento in discussione negli incontri era sempre lo stesso: decidere di non lavorare più il terreno del marchese per costringerlo a riconoscere le leggi vincenti.

Una scelta difficile da fare visto che quel pezzo di terra da coltivare era l’unica fonte di vita per molte famiglie. Di fronte a questo problema, in occasione delle ripartizioni del prodotto, per ottenere l’applicazione delle nuove percentuali, dettate dal “decreto Gullo”, Li Puma convocò i Capi-lega delle borgate vicine e protestò la necessità di chiedere all’organizzazione sindacale l’assistenza di un avvocato. Nel 1947, visto i primi successi, si diede l’avvio all’occupazione simbolica delle terre incolte e mal coltivate con l’obiettivo della “terra a chi lavora”.
Dall’attuazione del decreto Gullo si passa all’attuazione del decreto N°89 naturalmente non applicato in Sicilia per l’assegnazione delle terre incolte o mal coltivate a favore delle cooperativa contadine.
Con questa speranza Li Puma assieme agli altri capi-lega lanciò la proposta della costituzione di una cooperativa agricola che prese il nome di “Madreterra” e venne avanzata la richiesta per ottenere 5000 ettari di terra.
La richiesta venne respinta, ma questo non scoraggiò i contadini che decisero di non seminare e di non coltivare la terra dei padroni. Le riunioni si intensificarono e il movimento contadino stava prendendo piede. Epifanio veniva ripetutamente minacciato. A chi gli consigliava di denunciare coloro che lo minacciavano rispondeva “quattro anni di guerra, di prima linea e di trincea neanche una ferita e ora dovrei aver paura qua?…”

L’ UCCISIONE – Epifanio Li Puma fu ucciso il 2 marzo 1948, mentre lavorava il suo pezzo di terra, da due colpi di fucile provenienti da due uomini a cavallo davanti a due dei suoi figli. Un uccisione che nessuno ipotizzava, ma che per certi versi era annunciata visto che la lotta contro le famiglie feudali si era fatta aspra e la mafia era tutta mobilitata.
Un assassinio che arrivò perché Li Puma non si tirò mai indietro, un omicidio necessario perché per battere il movimento, in piena campagna elettorale per le elezioni del 18 Aprile ’48, bisognava dare un segnale forte eliminando fisicamente un capo-lega, un dirigente del movimento contadino.
Le soluzioni adottate dai feudatari e dalla mafia non riuscirono a sconfiggere il movimento contadino che, sorretto dalla FederTerra e dai tre partiti di massa: PCI, PSI e DC che, uniti nella CGIL con un patto di unità sindacale, avevano acquisito una coscienza e una tenacia diretta ad infrangere ogni tipo di sopraffazione dei baroni che non potendo nulla contro la massa, tentarono il tutto per tutto contro i dirigenti della lega.
Un nuovo martire si aggiungeva così ad altri combattenti.

Ma cosa aveva fatto quest’uomo per meritare questo? Niente o forse moltissimo. Epifanio aveva portato ai contadini del suo villaggio la speranza di una nuova condizione umana.

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