IL RICORDO DEL 30 GIUGNO 1960 E L’ANTIFASCISMO MILITANTE

di Franco Astengo | Il 30 Giugno 1960 dopo un grande comizio tenuto da Sandro Pertini in piazza della Vittoria (u brichettu, fu appellato in quell’occasione il futuro Presidente della Repubblica) e Genova scendeva nelle strade per respingere il tentativo fascista di svolgere il proprio congresso nella città medaglia d’oro della Resistenza. Seguirono giorni di grande tensione e mobilitazione popolare in tutto il Paese, con una forte repressione poliziesca: vi furono 5 morti a Reggio Emilia, a Roma i carabinieri a cavallo caricarono i partecipanti a una manifestazione antifascista a Porta San Paolo ferendo deputati comunisti e socialisti, vi furono altri morti a Licata, Palermo e Catania.   Alla fine di quei giorni convulsi la democrazia vinse e il governo Tambroni fondato sull’alleanza tra democristiani e fascisti fu costretto alle dimissioni e si aprì, per il nostro Paese, una pagina nuova. Non dobbiamo mai dimenticare quei fatti in particolare adesso, nella più stretta attualità: in Italia è in atto, ormai da molto tempo, ma ora in maniera molto più esplicita e diretta una vera e propria svolta autoritaria attaccando i capisaldi della Costituzione Repubblicana. Serve subito la messa in campo di una forte opposizione sociale e politica. Sotto questo aspetto non si può perdere altro tempo: siamo chiamati ritrovare subito una nostra identità e una nostra autonoma capacità d’iniziativa. L’esempio del Luglio ’60 non dovrà rappresentare un semplice riferimento al passato ma un modello cui richiamarsi. Occorre creare le condizioni per una forte tensione sociale sui grandi temi del lavoro, della sanità, del welfare, della qualità della democrazia, della pace cui collegare una altrettanto decisa prospettiva politica. Senza indulgere nella retorica serve un’opposizione consapevole del fatto che prima di tutto è in gioco l’idea di Repubblica nata dalla Resistenza ed espressa nella Costituzione. Mai come adesso il ricordo di quelle giornate dell’estate 1960 si deve collegare ad un’azione di indispensabile antifascismo militante. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIACOMO LEOPARDI

di Angelo Alberti | Oggi, all’inizio dell’estate, celebriamo la nascita di un grande poeta e filosofo italiano: Giacomo Leopardi. Nato il 29 giugno 1798, Leopardi è diventato una figura di riferimento nel panorama letterario mondiale e il suo pensiero ha continuato a esercitare una profonda influenza sulla cultura e sulla società contemporanea. L’importanza del pensiero leopardiano risiede nella sua capacità di esprimere e indagare le molteplici sfaccettature dell’esistenza umana. Leopardi era un osservatore acuto e implacabile della realtà, ma anche un pensatore profondamente riflessivo che ha affrontato temi fondamentali come il senso della vita, la condizione umana, la solitudine, l’amore, il dolore e la morte. Attraverso le sue opere poetiche, come il celebre “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, Leopardi ha trasceso i confini della propria epoca e ha toccato le corde più intime dell’animo umano. La sua poesia, intrisa di malinconia e struggimento, ha il potere di svelare la bellezza nascosta anche nelle situazioni più desolate e tristi. Ma Leopardi non è stato solo un grande poeta, è stato anche un filosofo illuminante. Le sue riflessioni sulla natura umana, sulla storia e sulla società, racchiuse nelle “Operette morali” e nei “Pensieri”, continuano a stimolare il pensiero critico e a fornire spunti di riflessione su tematiche ancora attuali. Una delle principali contribuzioni del pensiero leopardiano risiede nella sua visione lucida e disincantata della realtà. Leopardi ci ha mostrato che l’umanità è intrinsecamente segnata dalla sofferenza, dalla precarietà e dalla frustrazione, ma ha anche indicato la possibilità di trovare una sorta di consolazione nella bellezza dell’arte, nella contemplazione della natura e nell’intelletto umano. In un’epoca in cui il nichilismo e il pessimismo sembrano aleggiare, il pensiero di Leopardi assume un’importanza ancora maggiore. Egli ci invita a confrontarci con la realtà senza illuderci di trovare risposte definitive, ma senza neanche rinunciare alla ricerca di significato e di senso. Il suo scetticismo, invece di portare al disfattismo, ci spinge a sviluppare una consapevolezza critica e a cercare la bellezza e il piacere nella conoscenza e nell’arte. Il pensiero leopardiano ci ricorda che la vita è un’esperienza complessa e che il dolore e la sofferenza possono coesistere con la bellezza e la gioia. La sua opera è un invito a riflettere sulla condizione umana, ad abbracciare la nostra vulnerabilità e a cercare il significato nella nostra esistenza, nonostante le difficoltà e le contraddizioni che la vita ci presenta. L’importanza del pensiero leopardiano risiede nella sua capacità di connettere le emozioni e i dubbi che affliggono l’essere umano. Attraverso la sua poesia e la sua filosofia, Leopardi ci invita a guardare al mondo con occhi critici e ad abbracciare la complessità della vita. Il suo pensiero continua ad essere un faro nella notte dei nostri interrogativi, ispirandoci a perseguire la conoscenza, a contemplare la bellezza e a cercare il senso più profondo delle cose. Giacomo Leopardi, non può definirsi un socialista nel senso moderno del termine. È infatti importante ricordare che il concetto di socialismo come lo conosciamo oggi si è sviluppato successivamente, nel corso del XIX e del XX secolo, mentre Leopardi ha vissuto principalmente durante la prima metà del XIX secolo. Tuttavia, Leopardi è noto per la sua profonda introspezione e la sua visione pessimistica sulla vita umana. I suoi scritti sono caratterizzati da una profonda consapevolezza della miseria e della sofferenza dell’esistenza umana, delle disuguaglianze che la caratterizzano, specie nel suo tempo. Dalla lettura dei suoi testi scopriamo, infatti, come Leopardi si interessasse di questioni sociali e politiche, e come le sue opere si concentrino principalmente sulla condizione umana, sulle sue aspirazioni e sul confronto tra l’ideale e la realtà. Leopardi era un severo critico nei confronti delle ingiustizie sociali e dei privilegi delle classi dominanti. Tuttavia, non si può affermare che abbracciasse esplicitamente l’ideologia socialista come la intendiamo oggi. La sua opera più famosa, “L’infinito”, ad esempio, riflette una visione filosofica e romantica dell’universo, ma si apre anche ad un’analisi sociale e politica della sua epoca. Infatti, è importante evitare di proiettare retrospettivamente le ideologie politiche moderne sui pensatori del passato, poiché le loro idee erano influenzate da contesti storici e culturali differenti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL VOTO AI FUORISEDE

Per poter spiegare alcune considerazioni bisogna partire, purtroppo, dai freddi numeri. In Italia è sempre più in aumento il grave problema dell’astensione al voto, sembra ormai inarrestabile il calo dei votanti ad ogni tornata elettorale, questo si sta verificando in ogni elezione, sia Nazionale che territoriale. I Candidati  ormai vengono eletti con percentuali di votanti che rasenta il ridicolo, per poi rivendicare: “abbiamo il mandato degli elettori”. Allora mi chiedo: di quanti? Di quali? Analizziamo “ i freddi numeri”: ELEZIONI PER LA CAMERA DEI DEPUTATI DEL 4 marzo 2018: Elettori 46.505.350 Votanti 33.923.321 pari al 72,94% Bianche 389.441 Nulle 1.082.296. ELEZIONI PER LA CAMERA DEI DEPUTATI DEL 25 settembre 2022 Elettori 46.021.956 Votanti 29.385.111 pari al 63,85% Bianche 493.282 Nulle 1.286.915 (Dati ufficiali del Ministero dell’Interno). Il dato che balza più agli occhi è l’aumento dell’astensionismo dalle elezioni politiche del 2018 a quelle del 2022, in quattro anni altri quattro milioni di elettori non si sono presentati al seggio. Cosa fare per emarginare, almeno in parte, questo fenomeno? Qualcuno ha fatto un timido tentativo, ma sino ad ora non si è fatto niente di concreto, forse la classe politica non ritiene importante questo grave problema. Nella ricerca dei motivi che determinano l’aumento dell’astensionismo, uno su tutti è senz’altro quello dei fuori sede (studenti universitari, lavoratori e persone in case di cura), persone che sono “momentaneamente” domiciliate in luogo diverso da quello di residenza che non possono votare. La legge attuale prevede che il cittadino italiano, che vive in Italia, per poter esercitare il diritto di voto deve recarsi nel luogo di residenza, non è prevista alcuna alternativa di legge a tutto questo. Nei paesi UE ormai vige il voto a distanza, il voto telematico, anche quello postale. Siamo in buona compagnia con Malta e Cipro. Uno studio appropriato ha rilevato che il 10% del corpo elettorale, che non si reca a votare, è rappresentato dai fuori sede, parliamo potenzialmente di 5 milioni di elettori. Nella passata legislatura ci fu un timido tentativo di portare in aula una legge per dar modo ai fuori sede di votare nel loro domicilio, ma la legge rimase nei cassetti della Commissione Affari Costituzionali della Camera. Qualcuno ci ha riprovato ad ottobre scorso con una proposta di legge: Atto Camera 115, prima firmataria l’On. Madia:” Disposizioni per l’esercizio del diritto di voto in un comune diverso da quello di residenza in caso di impedimenti per motivi di studio, lavoro o cura” (Presentata e annunziata il 13 ottobre 2022). Sembrava che fosse arrivato il momento tanto atteso ma il relatore della maggioranza, il leghista Igor Lezzi, ha presentato un emendamento sostitutivo del testo, che manda all’aria il tutto con una delega al Governo per la disciplina della materia. Alessandro De Nicola, fuori sede marchigiano che vive a Roma, tra i fondatori del “Comitato voto dove vivo”, ha sottolineato “che tutto ciò è una delega in bianco che avrebbe avuto senso se corredata con dei principi e criteri direttivi”. Il 22 maggio la delega del Governo è arrivata in Aula, ma non è successo niente perché i tecnici della Camera hanno sottolineato l’incostituzionalità di un testo “privo di principi e criteri direttivi”. Fra gli obiettivi del Comitato c’era anche quello di dar la possibilità di votare ai fuori sede per le Elezioni Europee del 2024, ma lo scopo della maggioranza sembra quello di “prendere tempo”, anche perché nella delega non è specificato per  quale tipo di consultazione elettorale . Secondo il mio modesto punto di vista dovrebbero essere le consultazioni per le Elezioni di Camera, Senato, Europee e Referendum. C’è da dire che tutto ciò sarebbe non solo una legge a “costo zero” , ma ci sarebbe anche un risparmio in quanto chi decide di ritornare a votare nel proprio Comune ha diritto ad un “parziale”  rimborso spese (solo per chi utilizza il treno). Tecnicamente sarebbe semplicissimo. Il fuori sede, una volta che il Governo fissa la data della consultazione, almeno 30 giorni prima del voto, con una mail informa l’Ufficio Elettorale del suo Comune di residenza di voler esercitare il diritto di voto, indicando il Comune di domicilio, l’Ufficio Elettorale invia il nulla osta al Comune interessato, ovviamente bisogna rispettare  dei termini. E’ inconcepibile che un cittadino, con passaporto italiano, che vive a migliaia di chilometri dal luogo di nascita dei suoi avi, e che forse qualche volta è venuto in Italia, ha diritto al voto (legge “Voto per gli italiani residenti all’estero”) mentre  a un lavoratore, a uno  studente fuori sede , che pagano le tasse in Italia, gli si nega il diritto di votare. A questo punto spero che intervenga l’UE per sanare questa grave anomalia, anche perché, come scrivevo prima, quasi tutti i Paesi dell’Unione ormai applicano il voto a distanza. Questo problema mi è stato sempre a cuore sin da quando ero studente universitario, vedevo miei amici che non ritornavano a votare sia per motivi economici (il rimborso per chi utilizza il treno non copre tutta la spesa per il biglietto), ma soprattutto perché le consultazioni molte volte combaciavano, e combaciano tutt’ora, con gli appelli d’esame. Basta andare nei seggi, in quei giorni, e vedere che la stragrande maggioranza degli universitari e dei lavoratori fuori sede non ritorna nel Comune di residenza a votare, e per il disagio del viaggio ed anche per affrontare una ulteriore spesa. Perché uno studente universitario da Milano, un lavoratore da Torino, dovrebbe affrontare ore di viaggio, anche a proprie spese (in auto non sono previsti rimborsi ), per poter esercitare un  diritto: quello del voto? Ricordo che alcuni giorni dopo il voto di settembre 2022, in qualche trasmissione televisiva, fu posto il grave problema. Se ne parlò per qualche giorno poi tutti muti e zitti. Il voto negato a milioni di persone è molto grave, e va incontro anche a problemi democratici. Cerchiamo di portare avanti questa battaglia nelle sedi competenti. *Claudio Tramacere – (Già rappresentante degli studenti socialisti negli organismi studenteschi dell’Università di Siena). 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REDDITO D’IMPRESA, REDDITO DI CAPITALE

Quando si parla di equità orizzontale, in materia fiscale, si espone un principio generale che consiste nel tassare in modo uguale l’imponibile fiscale indipendentemente dalla fonte dalla quale l’imponibile deriva. In parole povere un importo di x euro, qualunque sia la sua provenienza, deve pagare lo stesso importo di imposte. Questo principio era osservato dalla riforma fiscale alla sua origine, ma nel tempo si è corporativizzato facendo di ogni reddito un regime a sé, in modo da trattare in modo separato le varie fonti di reddito, privilegiandone alcune e penalizzandone altre, e in ciò non è estranea la ricerca di consenso elettorale. Ricordo l’esempio di come è tassato, oggi in Italia, un reddito di 36.000€ a seconda della fonte del reddito: Rendita Lavoro Tipologia Titoli stato Capitale Fabbricati 1 Fabbricati 2 Forfettari 1 Forfettari 2 Lavoro Aliquota 12,50% 26,00% 21,00% 10,00% 15,00% 5,00% 26,39% Imposta 4.320 9.360 7.560 3.600 5.400 1.800 9.500 Addiz. Regione 0 0 0 0 0 0 586 Addiz.comune 0 0 0 0 0 0 229 Totale 4.320 9.360 7.560 3.600 5.400 1.800 10.315                                                                             decisamente inaccettabile una differenziazione che vede il lavoro dipendente e dei pensionati essere tassato in modo spropositatamente maggior delle altre fonti di reddito, ecco perché l’Italia è una repubblica “fondata sul lavoro”. Ma a parte questo argomento che ho già trattato altrove, vorrei fare un approfondimento sulla voce “reddito di capitale” che va affrontata tenendo in considerazione anche il “reddito d’impresa” i cui regimi si incrociano anche in funzione del tipo di impresa personale o societaria con cui il reddito è prodotto. In origine il reddito di impresa era tassato al momento del suo incasso con l’imposta progressiva applicata a tutti i redditi (ecco come funziona l’equità orizzontale),  con un gap temporale tra il momento della produzione del reddito e il momento della sua tassazione, momento che corrisponde alla distribuzione dei dividendi. Con tale sistema era possibile che un’impresa che producesse utili ma che mai li distribuisse se non alla fine della sua vita, non pagasse un euro di imposta se non allo scioglimento della società quando si fosse liquidato il conto con i soci. Per sopperire a questo sfasamento temporale si istituì l’IRPEG, l’imposta sulle società, concepita come un “acconto di imposta” da pagare nell’anno di produzione del reddito ma da dedurre al momento della distribuzione del dividendo. Al momento della distribuzione del dividendo si calcolava l’IRPEF sul reddito imponibile, senza tener conto dell’IRPEG pagata, assoggettando l’imponibile alle varie aliquote progressive uguali per tutti, quindi determinata l’imposta lorda si detraeva l’acconto già pagato mediante l’IRPEG. Il carico d’imposta era uguale a quello pagato sui redditi d’impresa personale che scontava l’IRPEF con la comune scala progressiva sull’utile dichiarato ma, a differenza delle società, pagava interamente come se l’utile fosse distribuito immediatamente. Per equiparare le due situazioni fu inventata l’IRI, ovvero una imposta per le imprese personali con un meccanismo simile a quello applicato alle imprese di capitale, tale legge non entrò mai in vigore e fu alfine abrogata. La situazione cambiò (credo con Tremonti) quando l’IRPEG ora denominata IRES cessò di essere un acconto ma diventò una imposta a sé stante. In tal modo l’imponibile per il percipiente, il dividendo non era calcolato sul reddito totale ma su una quota di esso, come da seguente prospetto: Anno     Aliquota IRES       Credito d’imposta          Imponibile 2000           37.0%                       58.73                            41.27 2001           36.0%                       56.25                            43.75 2003           34.0%                       51.51                            48.49 2004           33.0%                       60.00                            40.00 2008           27.5%                       50.28                             49.72 2017            24.0%                      41.86                             58.14 In tal modo si stabiliva una connessione tra aliquota del reddito d’impresa IRES e aliquota sul reddito da capitale, di modo che la somma delle due imposte fosse sempre costante. Se cioè l’aliquota IRES era del 37% l’imponibile per il dividendo diveniva 41.27, ma al diminuire dell’aliquota IRES (oggi al 24%) aumenta corrispondentemente l’imponibile per il dividendo al 58.14%. Oggi poi, la tassazione è ulteriormente mutata, ovvero si paga l’Ires al 24% e sul dividendo (dopo un periodo in cui si distingueva tra soci qualificati e non) si paga la tassa piatta del 26% Quindi fatto 100 l’utile pre-imposte tolta l’Ires di 24 e l’irap di 3, abbiamo un dividendo pari a 73 su cui applichiamo la flat tax del 26% determinando un imposta di 19. Il totale imposte è quindi di 27+19= 46%. Ovvio che con questa logica ad ogni mutamento dell’aliquota IRES deve corrispondere un mutamento inverso della flat tax; se l’IRES fosse eliminata allora la flat tax salirebbe al 46%. Ma come può il piccolo azionista investire in azioni quando il dividendo è tassato al 46% imposta che neppure con l’originario sistema progressivo si sarebbe mai raggiunto, neppure da parte dei paperon dei paperoni che guadagnano miliardi di € che con la progressività applicherebbero al massimo scaglione il 43%. Aiuta questa tassazione l’investimento in iniziative produttive?   E perché la speculazione, la rendita, il capital gain che non producono ricchezza sono tassati al 26% di flat tax mentre l’investimento in attività produttiva è tassata al  27+19=46% Ma la riflessione non è finita qui. Il gettito IRES annuale e di circa 32 miliardi di € (nei prossimi anni calerà perché quell’imposta sarà pagata non con soldi ma utilizzando i crediti d’imposta del superbonus 110%) ma a fianco di questi fondi incassati dallo stato dobbiamo considerare i sussidi, gli aiuti che lo stato riversa alle imprese. Un datato lavoro di Giavazzi sommarizzava lo status come segue: “I trasferimenti a imprese riportati nel Conto consolidato di cassa del settore pubblico ammontavano, nel 2011, a 36,322 miliardi di euro. Amministrazioni centrali e locali erogano una quantità di contributi più o meno simile. Queste cifre comprendono voci molto eterogenee. I dati pubblicati nella relazione del Ministero per lo Sviluppo Economico (MiSE) riguardano invece un sottoinsieme più ristretto, inquadrabile nella disciplina degli aiuti di Stato: circa 6 miliardi nel 2010. Nessuna di queste cifre …

26-27 GIUGNO 1983: LE ELEZIONI POLITICHE DI QUARANT’ANNI FA

di Franco Astengo | Il 26-27 giugno 1983 si svolse un turno di elezioni politiche anticipate, gestite da un governo Fanfani molto provvisorio dopo che nel corso della legislatura la presidenza Pertini che dopo i passaggi dei governi Cossiga e Forlani (durante il cui mandato erano stati scoperti gli elenchi della P2) aveva concretizzato, per la prima volta dalla fase-post resistenziale del gabinetto Parri, una presidenza del consiglio non democristiana affidata al segretario del PRI Giovanni Spadolini. Sono passati esattamente quarant’anni e vale la pena ricordare quel passaggio della storia politica del nostro Paese non tanto e non solo per la ritualità della scadenza. Andò alla prova, in quell’occasione, il PCI portato sulla linea dell’alternativa con la “seconda” svolta di Salerno annunciata da Berlinguer nel pieno del dramma del terremoto dell’Irpinia del 1980 e la nuova veste del PSI condotto sulla linea dell’autonomia anche ideologica (il saggio di Pellicani su Proudhon) dalla segreteria Craxi. Nel dopo XVI congresso del PCI vi furono contatti e un famoso incontro alla Frattocchie che sembrò in una qualche misura come un passaggio di avvicinamento, mentre De Mita aveva lanciato la DC sulla strada di un rinnovamento di stampo tecnocratico, in linea con le tendenze dell’epoca dominate dall’avvento della reaganomics negli USA e della presidenza Thatcher in Gran Bretagna. L’esito elettorale fece registrare un punto di novità che poteva essere giudicato in quel momento sostanziale, da vera e propria “elezione critica”: quello del calo della DC nella misura più consistente dalla nascita della Repubblica. In un quadro complessivo che vedeva per la prima volta la percentuale dei partecipanti al voto scendere sotto il 90% fermandosi all’88,3% (il timore della crescita delle astensioni aveva pervaso tutta la campagna elettorale) la DC perse quasi due milioni di voti (da 14.046.290 a 12.153.081) oltre 5 punti percentuali (da 38,30% a 32,93%). Il PCI (che nelle sue liste aveva incluso oltre alla Sinistra Indipendente anche il PdUP e la Lega dei Socialisti, frutto di una scissione del PSI avvenuta nel 1981) tenne a fatica le posizioni scendendo da 11.139,231 voti (30,38%) nel 1979, a 11.032.218 (29,89%) nel 1983. Il divario tra le due forze protagoniste del “bipartitismo imperfetto” si ridusse considerevolmente (“in discesa” per via del calo democristiano) da 2.907.059 voti a 1.121.763 (nella notte tra il 27 e il 28 giugno un affluire di dati parziali aveva perfino fatto pensare qualcuno al “sorpasso”). La nuova linea del PSI portata avanti fin dallo schierarsi sulla “linea della trattativa” durante il rapimento Moro pagò con circa 650.000 voti in più(1,63% in percentuale) passando da 3.596.802 a 4.223.362 ma l’incremento maggiore, nell’ambito del quadro governativo uscente fu ottenuto dal PRI qualificatosi come campione della “questione morale” e passato da 1.110.209 voti (3,03%) a 1.874. 512 voti (5,08% con il passaggio della soglia psicologica del 5%). “Questione morale” che nel corso della campagna elettorale si era imposta all’attenzione dell’opinione pubblica con i fatti di Torino (caso Zampini- Biffi Gentili) e della Liguria (Caso Teardo, con l’arresto dell’ex-presidente della Regione e candidato alla Camera dei Deputati, anche lui iscritto alla P2). L’esito politico della tornata elettorale fu però quello di rendere ancora più netto il divario a sinistra: il PCI dimostrò l’insufficienza della sua proposta di alternativa; il PSI considerò la posizione di governo come punto d’appoggio per la ricerca di un “riequilibrio” a sinistra. Il 21 luglio il presidente Pertini conferì a Craxi l’incarico di formare il governo: il 4 agosto il governo giurò e il 12 dello stesso mese ricevette la fiducia della Camera. Un governo di penta-partito guidato per la prima volta nella storia da un socialista. Si avvicinava la bufera degli anni’80, del decreto di San Valentino, dell’installazione degli euromissili (ma anche di Sigonella), della “Milano da bere” e della “grande riforma”. Questa improvvisata ricostruzione intendeva soltanto affrontare un passaggio elettorale che non può essere dimenticato quando si intende misurarsi sul complesso e tormentato cammino percorso dalla sinistra nel sistema politico italiano. Si stava avviando la fase del disincanto che presto si sarebbe trasformata in “antipolitica” nel corso della cui fase di espansione si svilupparono, favoriti dalla concezione maggioritaria della “governabilità” via via i fenomeni della personalizzazione, della crescita esponenziale della volatilità elettorale, della perdita di peso del voto di appartenenza, della crisi dei partiti a integrazione di massa trasformati dapprima in “partiti pigliatutto” poi in partiti “azienda” o “personali” fino all’approdo alla democrazia recitativa all’interno delle cui coordinate ci stiamo trovando in una fase di superamento del concetto di rappresentanza politica e di costante slittamento del potere istituzionale dal Parlamento (inopinatamente ridotto anche nel numero dei suoi componenti) all’esecutivo e al condizionamento del peso delle lobbies. Al frantumarsi della società in isole corporative e nell’egemonia assunta dal fenomeno dell’individualismo competitivo i nuovi partiti usciti dallo scioglimento delle vecchie soggettività politiche hanno risposto con un adeguamento di tipo populista esaltando operazioni pericolose per la democrazia come quelle rappresentate dalla costruzione di una “Costituzione materiale” di stampo presidenzialista che si sta cercando di torcere in una modifica effettiva della Costituzione del ’48. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA A SOCIALISMO XXI

Care compagne, cari compagni, L’iniziativa del 23 Giugno u.s. è stata l’opportunita’ per affrontare un tema di grande attualita’ quale appunto è l’Autonomia Differenziata e il suo impatto nelle nostre vite . L’incontro promosso a Roma dalla nostra Associazione si è caratterizzato per partecipazione, senza retorica, e per la pregievolezza degli interventi. Come da locandina, sono intervenuti Spini, PSI, SD, Area Costituente verso il Partito del Lavoro e Domani Socialista, firmatari del comunicato stampa congiunto. Ma anche il prof. Scanni, il prof. Terracciano, Aldo Potenza, Sandro Natalini, i quali hanno fornito alla discussione un notevole contributo critico e prospettico. Anche il segretario nazionale della FGS Pedrelli, con una lettera, ha ben rappresentato tutta la sua contrarieta’ nei confronti del disegno di legge Calderoli. Durante il dibattito, sincero, franco, schietto, ricco di spunti politici e culturali, aperto dal relatore Mauro Scarpellini, e concluso dal sottoscritto, realisticamente sono state affrontate le criticita’ di una legge che annichilisce in un sol colpo valori e principi posti a fondamento delle nostre norme costituzionali: unita’ del Paese, solidarieta’, pari opportunita’, equita’, coesione sociale. Si e’ evidenziato altresì che l’Autonomia Differenziata è solo l’inizio di una nuova stagione di “riforme” tendenti alla trasformazione delle istituzioni democratiche del nostro Paese per porle sotto il controllo di un premier con ampi poteri: la riforma presidenziale annunciata dal Governo in carica. Tutti coloro che sono intervenuti hanno convenuto sulla necessita’ di una mobilitazione contro questa legge, in primis sostenendo l’iniziativa popolare legislativa finalmente al Senato (Socialismo XXI si era preventivamente mosso sottoscrivendone il proclama), che emenda sui punti contenuti nel comunicato stampa lo scellerato disegno di legge Calderoli, che spacca il Paese in due. Mi corre doverosamente l’obbligo di comunicarvi le notevoli attestazioni di stima ricevute stamani da tutti i soggetti politici che ieri sono intervenuti, i quali hanno ringraziato la nostra Associazione per il lavoro svolto, per l’organizzazione, per la partecipazione e per l’ autorevolezza di tutti gli interventi. La nostra iniziativa nazionale ha raggiunto l’obiettivo: confronto e discussione sui grandi temi sociali. E lo è anche la legge sulla autonomia regionale , che mette in pericolo i principi di equita’ e di pari opportunita’, di solidarieta’ , senza i quali una societa’ non puo’ definirsi veramente inclusiva, giusta e libera. E’ una battaglia ascrivibile esclusivamente al mondo socialista. Nel contempo, l’iniziativa ha avuto un peso politico notevole per la partecipazione dei soggetti politici che siedono intorno al Tavolo Nazionale di Concertazione, costituitosi il 21 gennaio 2023, rappresentandone la naturale estrinsecazione. Dalle parole finalmente ai fatti. La mobilitazione, la partecipazione, il confronto dialettico arricchiscono tutti noi e consentono di costruire il futuro. Di guardare al futuro con occhi gonfi di speranza. Per costruire insieme un mondo migliore. Insieme, tutti insieme, nel nome dei valori del socialismo possiamo raggiungere ogni risultato: in primis costruire un nuovo soggetto politico di ispirazione socialista, forte, autonomo, moderno, europeo. La vera alternativa alla destra oggi al Governo. La vera ed unica alternativa per gli italiani che non si riconoscono in questa maggioranza o che hanno deciso di rinunciare al voto per mancanza di una forza che tuteli e rappresenti i piu’ deboli. Questo è il progetto del Tavolo di Concertazione che vogliamo conseguire. Venerdì ho potuto riscontrare una grande disponibilita e convergenza di ciascuno che auspichiamo possa continuare per traguardare l’obiettivo. I presupposti ci sono, se pero’ accompagnati da buona volonta’ e senso di responsabilita’. Compagne, Compagni, Voglio sinceramente esprimere i miei ringraziamenti alla nostra Associazione: ai Coordinatori Regionali, a Voi Tutti, per l’impegno , l’appartenenza , l’abnegazione, il sacrificio, profusi, per la riuscita della nostra bella iniziativa. A tutti Voi, grazie! Un caro saluto SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PIZZO DI STATO

Se c’è un elemento culturale sul quale l’egemonia berlusconiana ha decisamente stravintosgominando ogni diversa visione è l’approccio alla fiscalità. Lo slogan “meno tasse per tutti” vienesbandierato da tutte le parti politiche e rimane un approccio al tema condiviso da tutti senza differenza diclasse o di livello intellettuale. Ultimamente poi, le parole della nostra presidente del consiglio, con la sua definizione di “pizzo distato”, seguita dal ministro della giustizia sull’impossibilità di un imprenditore di essere in regola con leleggi fiscali, hanno portato la discussione a livello di battute da avanspettacolo fatte solo per strapparel’applauso e possibilmente anche il voto di chi ancora non li appoggia. Non si punta a denunciare aspettierrati della legislazione per controproporre proposte di soluzione al problema, si punta invece a sollevarenon solo un atteggiamento di protesta e di autocommiserazione in chi sa di evadere le imposte e cerca unaapprovazione al suo comportamento, ma anche di solleticare l’idea di un possibile e legittimo minor rigorenegli adempimenti fiscali. Come documentato dall’agenzia delle entrate, rapportando il valore del gettito con il valorepotenziale, si rileva che l’evasione più alta riguarda l’Irpef del lavoro autonomo e d’impresa, dove il 68,3 percento delle tasse dovute non viene pagato. Al contrario la propensione all’evasione del lavoro dipendente èdel 2.8 per cento. La propensione all’evasione dell’Ires è del 23.1 per cento e quella dell’iva del 20.3 percento e quella dell’Irap del 18.2 per cento.C’è da chiedersi allora che senso abbiano le parole della presidente del consiglio quando affermache la grande evasione riguarda le banche e le big companies. Fa impressione veder accusate le banchesenza una motivazione dimostrata e fa impressione pure il silenzio del governatore della Banca d’Italia. Perquel che riguarda le big companies può essere vero che esse hanno trovato il sistema (grazie all’Irlanda) dipagare pochissime imposte, ma qui non si tratta di evasione, ma di un mancato adeguamento deipresupposti fiscali alle nuove realtà imprenditoriali. Infatti le imprese del web non sono tassabili perchénon hanno una stabile organizzazione nel nostro paese, e ciò rende legalmente intassabili i profitti generatinel nostro paese. Quindi non è evasione, ma carenza legislativa cui dovrebbe pensare proprio il governo.(Esiste ora una norma, credo europea, che stabilisce un criterio fiscale per correggere questa anomalia).Ma questa cultura anti-imposte tace sul fatto che meno tasse significa meno servizi collettivi che lostato può erogare, e i primi servizi che vengono tagliati sono quelli del welfare, quelli sanitari. Sono statitagliati i redditi di cittadinanza, si finanzia sempre meno la sanità. Diminuendo le imposte il cittadino saràcostretto a pagare direttamente la sanità privata o forse più probabilmente ad accendere polizzeassicurative scimiottando il sistema statunitense. Quando Padoa Schioppa affermava che le tasse sono una cosa bellissima, evidenziava il fatto checon le imposte si finanziano progetti o servizi che da soli non saremmo in grado di fare o realizzare, Si dàcioè prevalenza all’iniziativa sociale per realizzare ciò che il singolo cittadino o l’iniziativa privata non è ingrado di realizzare. Quante pagine ha scritto Mariana Mazzucato sul ruolo fondamentale dello stato e delsuo intervento per affrontare i problemi dell’economia odierna, laddove primeggia la necessità diinvestimenti in ricerca di notevoli dimensioni e con un ritorno, oltre che incerto, con tempi impossibili perlo shortismo privato. Facciamo un computer quantistico! E’ un progetto che si possono permettere solo glistati e le multinazionali con bilanci pari a quelli di alcuni stati; da noi, io penserei ad un progetto europeo.Ma come non vedere che per la fabbrica della STelectronics di Catania lo stato regala, con aiuti di stato consentiti dalla commissione europea, ben 300 milioni di €, e che la Germania ne regala ben un miliardoper uno stabilimento Intel? Ma quei fondi provengono dalla comunità, sono soldi delle tasse dei lavoratori e pensionati per lapiù gran parte, e non si capisce perché, invece di essere regalati non siano erogati sotto forma di capitaleazionario o societario, come il buon senso suggerirebbe. Ma il buon senso cozza con l’eredità culturale delberlusconismo, e nessun partito ha mai sollevato questa riflessione le cui conseguenze sono alla base di unapolitica che si confronti con l’economia della robotistica e dell’intelligenza artificiale. Ma secondo questo governo le imposte sono solo una vessazione, un pizzo di stato denunciandouna arretratezza culturale purtroppo ben radicata nel senso comune del nostro paese. Non accuso questogoverno di fascismo, ma rivendico l’ambizione di poter contribuire alla formazione di un modello culturaleegemonico capace di portare alla guida del paese la razionalità illuminista rappresentata dal socialismo. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

AUTONOMIA DIFFERENZIATA: QUALI PROSPETTIVE PER L’ITALIA

Si è svolto a Roma il 23 giugno 2023, presso la sezione “De Angelis” sede nazionale di Socialismo XXI alla Garbatella, l’iniziativa nazionale “AUTONOMIA DIFFERENZIATA: quali prospettive per l’Italia” con l’intervento di PSI, SD, on. Valdo Spini, Area Costituente verso il Partito del Lavoro, Domani Socialista e Socialismo XXI, i quali all’esito del dibattito pubblico, invitano il Governo attualmente in carica a riflettere su taluni punti della legge, ed in particolare: 1 – l’autonomia regionale mette in crisi l’unità politica, sociale, economica e culturale dell’Italia; 2 – sono in pericolo i principi costituzionali di eguaglianza, perequazione e solidarietà nazionale e la coesione sociale; 3 – la legge riduce le risorse finanziarie per alcune regioni; 4 – determinate materie non possono essere concesse in autonomia (rapporti internazionali, commercio con l’estero e, soprattutto, scuola e sanità); 5 – i L.E.P. (livelli essenziali delle prestazioni) vanno meglio definiti e devono essere prerogativa del Parlamento, garantendo le necessarie coperture finanziarie; 6 – rischio di un aumento esponenziale dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regione e tra le singole Regioni; 7 – il metodo della legge rinforzata indebolisce il ruolo e il controllo del Parlamento; 8 – infine, si delinea una Costituzione materiale che prelude all’elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio, in un quadro costituzionale già indebolito nelle garanzie e nei controlli. Nell’interesse del Paese e nel rispetto del dettame costituzionale, la legge sull’autonomia differenziata può e deve essere migliorata, dando il pieno sostegno alla legge di iniziativa popolare in discussione al Senato, dove sono stati proposti emendamenti al disegno di legge Calderoli, che recepiscono le criticità emerse nel corso della discussione, in difesa dell’Unità del Paese, bene irrinunciabile. Per una società giusta e libera. P.S.I. SD On. VALDO SPINI DOMANI SOCIALISTA AREA COSTITUENTE VERSO IL PARTITO DEL LAVORO SOCIALISMO XXI GALLERIA IMMAGINI EVENTO SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ALLARME COSTITUZIONALE

La Meloni ha la maggioranza assoluta per cambiare la Costituzione, per eleggere un PRESIDENTE della Repubblica alla IV votazione, le mancano 12 voti per eleggere 4 giudici della Corte COSTITUZIONALE , tutto grazie a una legge elettorale incostituzionale, contro la quale chi si lamenta di Presidenzialismo, lutto nazionale e Autonomia differenziata non ha fatto assolutamente nulla tranne qualcuno qualche decina di persone in Calabria, in Friuli Venezia Giulia, in Lombardia,  in Piemonte, nel Lazio e in Emilia Romagna e a Messina. Chi ha fatto approvare la legge con 8 voti di fiducia contro l’art. 72 c. 4 Cost e chi ha aggravato gli effetti della legge con un demenziale taglio dei parlamentari sono in competizione per la leadership della difesa passiva della Costituzione antifascista. Una Costituzione la si difende solo attuandola. Se vogliamo salvare la forma di governo Parlamentare la legge elettorale è fondamentale. Tutto il resto son chiacchere, bla-bla, una specialità a sinistra. La legge elettorale è una condizione necessaria, ma non sufficiente, ma se la legge elettorale non è costituzionale viene meno la rappresentatività del Parlamento. Senza rappresentanza non c’è democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare, quella scelta dai nostri costituenti. Tutto il resto sono chiacchiere per perdere tempo e non fare quello che è necessario. I difensori passivi della Costituzione sono disposti a tutto, pur di avere, piccoli o grandi che siano, le liste bloccate. Certo il costume politico la vince sulla forma, come dimostra l’esempio austriaco. L’Austria è uno stato in cui gli organi supremi del potere esecutivo sono il Presidente Federale, i ministri federali e i segretari di Stato (art. 19 BV), non è NOMINATO il Bundeskanzler, il Cancelliere federale. Il Presidente Federale è eletto dai cittadini con ballottaggio se non ha la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno. E’ eletto per 6 anni e può essere riconfermato per un secondo periodo consecutivo, perciò per 12 anni, mentre il Consiglio Nazionale, corrispondente alla nostra Camera dei deputati per 4 anni. Sulla carta è un sistema semipresidenziale prima che lo inventassero i francesi. Eppure finché è continuato il condominio alternativo socialdemocratico-popolare il Presidente Federale politicamente contava come il 2 di picche con la briscola a cuori, perché gli uomini politicamente forti preferivano candidarsi a Kanzler che a Presidenti Federali. Lo stesso è successo in Finlandia con la scomparsa di Kekkonen, che moderato era quello che garantiva l’imbarazzante e intrigante vicino sovietico, che era anche russo, del cui Impero zarista la Finlandia faceva parte, come Granducato. Dopo di lui il Presidente eletto dal popolo non ha contato più nulla. Tuttavia, gli austriaci e i finlandesi eleggevano un parlamento rappresentativo del loro popolo, non dei partiti al potere, che non sanno nemmeno fare le leggi elettorali. Lo sapete che si può fare il Premierato con solo la legge elettorale, basta riformulare l’art. 14 bis del T.U. Elezione Camera nel testo originario, quello del Porcellum, la legge n. 270/2005,e che rendere il Presidente della Repubblica una marionetta o un ricattato dal premier basta una sola norma costituzionale.  Con la modifica dell’art. 85 c.1 Cost., riducendo la durata del suo mandato da 7 a 4 anni, senza levargli nessun potere, compreso quello di nominare il Governo ex art. 92 Cost., abbiamo un Premierato di fatto, che altera per sempre i rapporti tra Premier e Presidente della Repubblica, rafforzando il primo e indebolendo. Due piccioni con una fava, avere un potere assoluto, ma facendo felici e soddisfatti i nemici del Presidenzialismo, che si accontentano delle parole, come dimostra la loro inerzia nella lotta al cambiamento della legge elettorale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PER IL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO DI UNITA’ PROLETARIA IL DUCE NON PUO’ DETTARE LE CONDIZIONI

Tra le figure più controverse del panorama giornalistico italiano, durante il ventennio fascista, vi è quella di Carlo Silvestri. Editorialista del Corriere della Sera e militante socialista ai tempi del delitto Matteotti, Silvestri venne perseguitato dal regime, mandato al confino ed infine liberato personalmente da Mussolini, il quale si servì del giornalista, durante il periodo di Salò, per trattare la resa con gli alleati ed i partigiani. Fu Silvestri, infatti, il 22 aprile 1945, ad inviare all’esecutivo del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria la lettera contenente l’ultima proposta di resa del Duce. LA PROPOSTA “Compagni socialisti, Benito Mussolini mi ha chiamato e mi ha dettato questa dichiarazione che mi ha autorizzato a ripetervi. Poiché la successione è aperta, in conseguenza dell’invasione anglo-americana, Mussolini desidera consegnare la Repubblica sociale ai repubblicani e non ai monarchici; la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai borghesi. Della sua persona non fa questione. Come contropartita chiede che l’esodo dei fascisti possa svolgersi tranquillamente: né una reazione legale, né una reazione illegale che sarebbero controproducenti. Nel proporre questa trasmissione di poteri, egli si rivolge al partito socialista, ma sarebbe lieto se l’offerta fosse considerata ed accettata anche dal Partito d’Azione nel quale, del resto, prevalgono le correnti socialiste. Non estende l’offerta al Partito Comunista solo perché la tattica di questo partito esclude che nell’attuale situazione internazionale esso possa assumere in Italia atteggiamenti che sarebbero in contrasto col riconoscimento dell’Italia come zona d’influenza inglese. La consegna si potrebbe concretare nei seguenti punti: 1) Per ragioni di organizzazione e di tempo, il trapasso dei poteri ai socialisti ed ai partiti di sinistra potrebbe essere effettuato solo a Milano ed eventualmente in alcuna delle città vicine (Varese, Como, Legnano, Gallarate, Saronno, Magenta, ecc., nelle quali primeggia l’elemento operaio industriale). 2) Affinché il Partito Socialista, il Partito d’Azione o la sua frazione anticapitalista, i Repubblicani ed eventualmente altre forze di sinistra che sono fuori dal CLNAI possano accettare l’offerta, è necessario che abbiano per il domani una giustificazione di carattere contingente, ma di essenziale importanza, come la difesa e la salvaguardia degli impianti industriali ed idroelettrici e la dichiarazione di Milano città aperta. La salvaguardia di questi impianti, premessa della ricostruzione italiana, è sempre stata in cima ai pensieri e alle preoccupazioni di Mussolini. 3) Il Partito Socialista di Unità Proletaria, d’accordo eventualmente con il Partito d’Azione e col consenso tacito del Partito Comunista, prenderebbe in consegna la città da Mussolini con un’aliquota delle forze armate della “Repubblica Sociale” che sarebbero lasciate a Milano ai fini dell’ordine pubblico e che ubbidirebbero unicamente al Governo provvisorio. 4) Le autorità germaniche sarebbero, poi, subito interpellate dal Governo provvisorio circa la precisa conferma dell’integrità della città e dei suoi impianti industriali. Di fronte alla dichiarazione che esse accedono alla richiesta e all’annunzio dell’evacuazione della città, il Governo provvisorio dovrebbe dare la garanzia che esse, come le forze armate della Repubblica, non saranno molestate dai partigiani o da altri fino ad un confine da stabilirsi”. LA CONTROPARTITA “A quanto sopra sono autorizzato a precisare che, come contropartita, Mussolini chiede: A) Garanzia per l’incolumità delle famiglie dei fascisti e dei fascisti isolati che resteranno nei luoghi di loro abituale domicilio con l’obbligo di consegna delle armi nei termini stabiliti. B) Indisturbato esodo delle formazioni militari fasciste, così come di quelle germaniche nell’intento di evitare conflitti e disordini fra italiani, distruzioni di impianti da parte dei tedeschi e nuove rovine e lutti nelle città e nelle campagne. C) Le formazioni volontarie fasciste potrebbero impegnarsi a non assumere iniziative operative contro formazioni italiane dipendenti dal CLNAI o dal governo di Roma, essendo però decisi a continuare la lotta in Italia o altrove contro gli invasori. Qualora non fosse possibile la consegna rivoluzionaria dei poteri al Partito Socialista di Unità Proletaria e alle altre forze di sinistra del CLNAI, i punti A) e B) avrebbero pieno valore anche per una trasmissione di poteri che avvenisse tra il Governo della “Repubblica Sociale” e il CLNAI. In ogni caso, non è Mussolini ora che detta queste proposizioni, ma sono io che riassumo il suo pensiero, egli preferisce rendere responsabile il CLNAI piuttosto che il governo di Roma dell’eredità “Repubblicana Sociale” rivoluzionaria anticapitalista antimonarchica della Repubblica, in quanto nel CLNAI, presto o tardi, dovranno prevalere ed imporsi le forze della sinistra rivoluzionaria le quali non potranno non difendere la socializzazione e le altre radicali riforme di Mussolini, quali l’abolizione del commercio privato e la cooperativizzazione della produzione, come sacro patrimonio dei lavoratori italiani. Compagni, chi vi scrive, è socialista nell’animo e nelle opere da quando all’età di dieci anni cominciò ad avere dimestichezza di vita con Anna Kuliscioff, con Filippo Turati, con Claudio Treves, con Andrea Costa, con Camillo Prampolini, con Leonida Bissolati, socialista che ebbe la tessera del partito concessa come attestazione d’onore nel 1924 su proposta di Filippo Turati, di Claudio Treves, di Camillo Prampolini e di Luigi Basso ‘per il suo indomito coraggio nel combattimento’, chiede di conferire d’urgenza con voi per illustravi le proposte di Mussolini”. Ottenuto il colloquio con la dirigenza socialista, il tentativo diplomatico di Silvestri naufragò immediatamente davanti alla irremovibile chiusura del Psiup riguardo qualsiasi condizione avanzata dal Duce. Fonte: Il Velino.it Chi è Carlo Silvestri SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it