ANNA KULISCIOFF, LA MADRE DEL FEMMINISMO E DEL SOCIALISMO RIFORMISTA IN ITALIA

di Christian Vannozzi |

Probabilmente fu la migliore mente del socialismo italiano, questo perché è riuscita a unire socialismo, femminismo e lotta per i diritti civili in un’unica azione politica, parliamo di Anna Kuliscioff, nome rivoluzionario di  Moiseevna Rozenštejn, giornalista e medico russa, nata in Crimea nel 1857, trasferitasi ben presto in Svizzera per motivi di studio, in quanto la Russia zarista non permetteva alle donne di studiare, mentre la passione di Anna era quella di diventare medico.

Mente eccelsa nello studio, scaltra e bellissima, la Kuliscioff attirò fin da subito l’attenzione in Europa, che seppur più liberare della Russia, non era abituata di certo a vedere tanta caparbietà in una donna.

Mentre studiava a Berna iniziò a interessarsi di politica e fece un breve ritorno in Russia per avvicinarsi ai movimenti di emancipazione democratica, terribilmente repressi dalla polizia zarista. Per questa ragione tornò in Svizzera, dove conobbe il socialista Andrea Costa, di cui si innamorò e da cui ebbe una figlia, Andreina.

Assieme al rivoluzionario italiano condivise l’amore per il socialismo e per la politica. Con Andrea Costa si trasferì in Italia negli anni ’70 dell’800, dove conobbe il rigido regime monarchico dell’epoca, che dava poco spazio ai movimenti operai, arrivando spesso a usare la forza e i cannoni sulla folla e sui manifestanti, periodo che spesso, chi ama i Savoia e la monarchia, tendono a dimenticare.

Nel 1882 decide di tornare in Svizzera per dedicarsi all’attività medica, sua grande passione che poteva unire le aspirazioni sociali con il benessere di coloro che non avevano soldi per curarsi (cosa che esiste ancora in diversi luoghi oggigiorno).

Avendo contratto la tubercolosi nel suo primo periodo in Italia, il clima svizzero era ormai troppo rigido per lei, tanto che decise di tornare in Italia, all’Università di Napoli, per continuare i suoi studi universitari sulle malattie infettive.

L’ambiente maschilista italiano la relegò subito ai margini del mondo accademico, ma la giovane rivoluzionaria, con la figlia Andreina al seguito, pur vivendo in abitazioni squallide non si arrese e iniziò a dedicarsi alla cura delle donne e dei bambini che venivano decimati dal colera.

A Napoli la  Kuliscioff divenne la prima donna a laurearsi in medicina, tanto da superare le diffidenze maschiliste diventando una delle menti più grandi della realtà medica italiana, suscitando l’invidia di diversi colleghi maschi. La sua carriera medica, e i continui spostamenti, minarono i rapporti con Costa, da cui si allontanò per seguire la sua strada professionale e di ascesa sociale.

All’apice della sua carriera medica, fu chiamata all’Università di Padova, come ricercatrice onoraria, non pagata, un posto senza dubbio prestigioso per una donna ebrea, non sposata e con una figlia a carico, condizione altamente discutibile nell’Italia dell’epoca.

Nella città più famosa per la medicina italiana, Anna allestì anche un ospedale da campo, per curare i più poveri e gli emarginati, mostrando la volontà di non fare della medicina solo una carriera professionale ma anche una missione per migliorare la società della città. Nel frattempo è tra i fondatori del Partito Socialista Italiano, primo partito di massa in Italia, e conosce Filippo Turati, giovane socialista del quale si innamorò.

L’attività di medico era particolarmente amata dalla Kuliscioff, ma la passione politica, alimentata anche dal nuovo compagno, non trovava il giusto sbocco nella sua vita attuale. Per Anna aiutare solo gli emarginati non era sufficiente, occorrevano delle leggi che li tutelassero, e per avere delle normative occorreva un’azione politica.

Nel 1888 lascia l’Università di Padova per trasferirsi a Milano, base generale del socialismo italiano, allestendo anche lì un ospedale e divenendo la ‘dottora’ dei poveri.

Visitava regolarmente la povera gente, specialmente le donne e i bambini, delle case popolari di Milano, portando avanti quello che passerà alla storia come socialismo medico, ovvero offrire assistenza gratuita a coloro che non potevano permettersi un medico.

A Milano il movimento medico maschilista rifece però la sua comparsa, tanto da precludere il suo ingresso all’Ospedale Maggiore di quella che all’epoca era la capitale lombarda.

Con l’aggravarsi dei suoi problemi fisici decise di dedicarsi principalmente al giornalismo politico, tramite la rivista Critica Sociale, assieme a Filippo Turati. Sulle pagine di Critica Sociale iniziò una vera e propria battaglia mediatica per i diritti lavorativi delle donne e per il diritto di voto femminile, tanto da essere malvista sia dai compagni socialisti che, addirittura, dal movimento femminista italiano che la riteneva rea di togliere alle donne la loro importante funzione domestica.

Contro tutto e tutti Anna Kuliscioff continuò la sua battaglia, iniziando a tutelare anche il lavoro minorile, e arrivando alla stipula della Legge Carcano, che limitava il lavoro dei ragazzi sotto i 12 anni e dava ben 4 settimane di congedo alle donne che dovevano partorire.

Spesso in contratto anche son lo stesso compagno, di vita e di partito, Turati, giudicato troppo moderato e attendista, Anna continuò la sua politica femminista, liberale e socialista, passando attraverso la scissione di Livorno del partito, il fascismo e l’omicidio di uno dei suoi pupilli, il giovane Matteotti, che poteva rappresentare una svolta nel mondo socialista riformista.

Il 29 dicembre 1925 terminò l’avventura di una delle più grandi politiche della storia italiana, colei che può essere considerata la madre del socialismo riformista e del femminismo nella nostra Penisola. Forse troppo avanti per i tempi in cui viveva, ma sicuramente protagonista di un cambiamento radicale nelle mente degli italiani e delle italiane.