Circolo “Bruno Buozzi” Vicenza Aderente a “SOCIALISMO XXI”
Considerazioni e proposte
Esiste una povertà “strutturale” legata a patologie stabili che impediscono il lavoro e quindi l’autonomia economica o al degrado culturale e sociale, molto difficile da aggredire ,e destinata ad essere “assistita” per tutta la vita.
Esiste, poi, una povertà “temporanea”, legata a scarsità di reddito per assenza o insufficienza di redditi da lavoro a causa assenza di lavoro o perché precario o temporaneo, che riguarda persone in età attiva senza problemi di salute.
Diversi, pertanto, sono gli strumenti con cui sostenere le due tipologie di povertà. Ed esiste, spesso collegata alle due, una povertà educativa che colpisce i ragazzi privati delle opportunità di apprendimento e di partecipazione ad eventi necessari a capire la realtà in cui vivono e che spesso si manifesta inizialmente nell’abbandono scolastico.
Alla prima serve certamente un assegno di “inclusione”/sostegno (l’assegno di invalidità civile, di accompagnamento già in essere ad esempio) che ne garantisca la dignità, sapendo che durerà tutta la vita.
Alla seconda servono azioni di inserimento guidato lavorativo, sostenuto economicamente nelle fasi di formazione e di ricerca attiva dai parte dei Centri per l’impiego, pubblici e privati.
Alla terza serve un “patto educativo” tra chi si occupa di ragazzi (scuola,comuni,associazioni) per un supporto educativo concreto, al ragazzo e alla famiglia.
QUANTO SPENDIAMO PER LA PROTEZIONE SOCIALE E LA POVERTA’
Già oggi, noi spendiamo almeno 124 miliardi di euro per l’assistenza (dato del 2022, al di sopra della media europea, rispetto sia al Pil che alla spesa pubblica complessiva.
In Italia (dato 2022) le pensioni liquidate dall’Inps sono state 17.749.278 di cui il 77,6% di tipo previdenziale, mentre il 22,4% pari a 3.982.674 assegni sono stati di tipo assistenziale (pensioni sociali, invalidità civile, assegni di accompagnamento).
Si va dagli assegni sociali (808 mila assegni sociali pari a 534 euro mensili nel 2022) erogati dall’Inps a persone con più di 65 anni, senza redditi propri, agli assegni di invalidità ed accompagnamento erogati su base universale ai quasi 3,3 milioni di persone non autosufficienti del nostro Paese aventi diritto (23 miliardi le risorse dedicate nel 2022). A questo si aggiungono le pensioni integrate al minimo, in costante riduzione negli ultimi anni: si tratta di pensioni “assistite”, non coperte da contributi sufficienti che lo Stato integra, ancora dagli anni 70, per arrivare al minimo pensionistico.
Una pensione su quattro , in Italia, è sostanzialmente assistita dallo Stato per contrastare il rischio povertà . E ci sono pensioni che non hanno goduto di una contribuzione sufficiente e quindi, pur non al minimo, sono di entità modesta e tale da creare problemi seri di sussistenza in chi le percepisce.
Spendiamo invece meno della media Ue in educazione e politiche giovanili (miliardi) . E a sostegno del lavoro, pur con innegabili passi avanti, predominano tuttora gli interventi assistenziali. Si va, attualmente, dal sostegno al reddito a chi ha perso, temporaneamente o definitivamente il lavoro, alla Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria (ed ai relativi contributi figurativi), al Naspi (assegno di disoccupazione), a chi è in malattia, al fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto. L’Italia spende molto per le politiche del lavoro: il 2,6% del Pil, ma solo lo 0,22% è destinato alle politiche attive. Sono quasi 50 i miliardi stanziati complessivamente. Il dato è relativo al 2022.
Nel 2022 i Comuni italiani sui 10 miliardi di spesa sociale a loro carico, hanno speso per povertà, disagio e adulti senza fissa dimora, poco più di un miliardo e mezzo.
In poco meno di 10 anni, tra il 2014 ed il 2023, ben quattro misure di sostegno al reddito si sono succedute: dal Sostegno di Inclusione Attiva, al Reddito di inclusione, al Reddito di Cittadinanza e dal 2023 l’Assegno di Inclusione Sociale (5,5 miliardi nel 2024) che, assieme al Sostegno alla Formazione ha sostituito il Reddito di cittadinanza. Nel 2024 i due istituti assorbono 6,35 miliardi miliardi di euro. Per averlo si deve avere un Isee sotto i 9360 euro annui ,particolari condizioni di fragilità personale e familiare ,sottoscrizione di di un Patto per l’inclusione Sociale. Può ammontare fino ad un massimo di 7.800 euro annui (compreso contributo affitto) e comunque non può essere inferiore a 480 euro mensili. La durata è di 18 mesi rinnovabili (con sospensione di un mese).
Una misura di sostegno al reddito è assolutamente necessaria in un Paese civile.
IL RIORDINO DELLA SPESA ASSISTENZIALE E LE MISURE PER RIDURRE LA POVERTA’ 5 IDEE-PROPOSTE
1 – Questo è il punto centrale. In uno scenario così complesso, è giunto il momento di riordinare tutta la spesa assistenziale oggi molto frammentata e non sempre ben distribuita : una Commissione parlamentare, al massimo livello, con 6 mesi di tempo potrebbe farlo. Lo ripeto: parliamo di 124 miliardi di spesa.
E parliamo anche di sostenibilità dei costi delle misure in una Comunità nazionale dove, a fine 2021, avevamo 23 milioni di lavoratori attivi su 60 milioni di abitanti, con una demografia molto preoccupante (nel 2023 siamo andato sotto le 400 mila nascite contro i 647 mila decessi). Risulta, in questo senso del tutto evidente, la necessità di una vera riforma fiscale; di una vera lotta alla evasione ed elusione fiscale che sottraggono oggi almeno 100 miliardi di euro annui alla Comunità nazionale. E di aggredire anche il diffuso fenomeno delle false povertà connesso a mendaci dichiarazioni di redditi e di Isee.
2 – Si valorizzino, pertanto, tutte le ingenti risorse investite, riutilizzando bene le misure che già ci sono (oltre 60) e possibilmente fondendone alcune, semplificando le procedure, separando in modo definitivo, previdenza ed assistenza nei bilanci Inps.
3 – Una scelta essenziale è che la gran parte delle risorse attuali vada nel Fondo per le politiche attive del lavoro a finanziare assegni di partecipazione a corsi formativi e di riqualificazione professionale per favorire la ricerca di un lavoro o la ricollocazione in seguito a crisi aziendali irreversibili soprattutto alla luce della rivoluzione tecnologica in atto. Si dovranno rimandare a scuola i tanti senza titoli ,con pochi contenuti professionali, per acquisire una professionalità: il 72% di chi incassa l’Assegno di Inclusione ha al massimo la licenza media, mentre si mantiene molto bassa la percentuale di diplomati e laureati.
La formazione è la grande sfida sia per aumentare l’occupazione giovanile (con incentivi mirati soprattutto al Sud per favorire l’occupazione a tempo indeterminato), sia per avere più risorse per il Welfare,sia per uscire dalla povertà non legata a condizioni di salute e alla partecipazione ai corsi va legata l’erogazione dell’assegno mensile. Deve essere, professionalizzante e sopratutto mirata alle reali necessità della produzione per non alimentare “investimenti “per fughe all’ estero. Si trovino,nell’ambito dei contratti di lavoro nazionali e aziendali e/o territoriali, le modalità più efficaci e sostenibili per superare il “lavoro povero” ed anche quello part time obbligatorio.
4 – Si ripensino bene e si rafforzino le misure di tutela della non autosufficienza, che può diventare causa di povertà per migliaia di famiglie che prima povere non erano, attraverso un Fondo Nazionale (o Regionale) alimentato dalla Mutualità che va ad integrare i fondi già in essere per il settore. Su questo si potrebbe anche pensare a un fondo residuale regionale che copra tutti i lavoratori che non hanno una polizza sanitaria ltc (artigianato è già coperto da ebav, ma molti fondi sanitari non la hanno ancora attivata e potrebbe essere uno stimolo per questi).
5 – A livello territoriale si promuovano, infine, reti territoriali per il sostegno della persona e della famiglia povera: saranno queste “reti” (Centri per l’Impiego, Comuni, Asl, OO.SS. sindacali, Terzo Settore, Inps, Prefetture) il vero motore delle misure per una vera inclusione sociale.
La storia di questi ultimi trenta anni, infatti, ha insegnato che il solo intervento finanziario non è efficace per uscire dalla povertà.

E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.