COSTITUENTE NAZIONALE PSE, ‘RIPENSARE LA POLITICA PER VINCERE RASSEGNAZIONE E ASTENSIONISMO’

Intervista a Daniele Delbene |

Intervista a Daniele Delbene, già presidente della Costituente nazionale PSE e tra i promotori del Manifesto XGLU.IT (www.xglu.it), sottoscritto da oltre settecento persone impegnate sul territorio e condiviso da oltre 15mila giovanissimi sui social.

– Proprio dalle pagine di Notizie Geopolitiche, in occasione delle scorse elezioni europee, pur ribadendo la mancanza di formazioni politiche all’altezza aveva comunque invitato al voto prevedendo però la forte astensione. “Astensione che è andata ulteriormente a confermarsi nelle recedenti elezioni regionali liguri, in quelle umbre ed emiliano romagnole. Quali sono le ragioni di questa tendenza? E’ bene ribadire che la partecipazione al voto è l’elemento su cui si fondano le nostre democrazie. L’astensione può essere di tre di tipologie: fisiologica, di protesta e di rassegnazione”.

– Si spieghi meglio.

“Beh, fisiologica perché c’è sempre e naturalmente una percentuale di persone che provano disinteresse alle dinamiche della società. Di protesta quando non viene riconosciuta credibilità o rappresentanza alle formazioni politiche esistenti, nella politica e nelle Istituzioni. Di rassegnazione quando si ritiene che nulla può essere cambiato con le regole democratiche. Lo stato di rassegnazione è pericoloso perché è il presupposto di vere e proprie rivolte sociali e di gesti estremi dei singoli. Lo stato di rassegnazione può essere ulteriormente indotto quando alcune élite minoritarie, pur di mantenere le proprie posizioni di rendita, propendono per il voto di una minoranza controllabile piuttosto che di quello di una maggioranza incontrollabile.

– Ritiene che vi possano essere delle forze che tendono volutamente ad allontanare il popolo dalla partecipazione e dal voto?

“E’ doveroso precisare che le cause dall’astensione sono molto profonde e non riguardano solo il nostro paese. Senza entrare in approfondite analisi che non potremmo sviluppare in questa intervista, possiamo limitarci a considerarle una risposta ad un modello che non è più in grado di essere rappresentativo delle istanze delle maggioranze e quindi credibile. La protesta ha lasciato il posto al disinteresse e alla rassegnazione, che può essere identificata nel concetto che “votare non serve a nulla”.

– Ritornando alla rassegnazione indotta?

“Limitiamoci a porre alcune domande. Questo bipolarismo “forzato per legge”, che obbliga le forze politiche ad uniformarsi su una contrapposizione tra “buoni e cattivi”, “fascisti e comunisti”, non è un ulteriore elemento che contribuisce significativamente all’allontanamento dei cittadini dalla politica?
Il sistema elettorale di tipo maggioritario ad esempio nei Comuni sotto i 15mila abitanti non ha contribuito anch’esso alla riduzione del coinvolgimento dei cittadini dal basso? Prima ogni partito presentava la propria lista e in questo modo si coinvolgevano direttamente e indirettamente tanti cittadini. Oggi si presentano generalmente due liste contrapposte. Non parliamo poi della riduzione dei consiglieri comunali: non costavano nulla (ricevono un gettone che non è sufficiente neppure per le spese telefoniche) ma contribuivano al coinvolgimento, al presidio del territorio, alla rappresentanza delle istanze dal basso. Ecc.. Perchè negli ultimi decenni si è voluto ridurre ulteriormente la partecipazione, che già era una tendenza sociale, anche per “per legge”? Si tratta di ingenuità o di cos’altro?”
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– Le elezioni europee hanno un sistema proporzionale, però.

“Certo, ma quando ci sono tendenze sociali, risultato di decenni di “scollamento” tra sistema e società, e quando queste tendenze sono anche volutamente o indirettamente indotte, non si può pretendere che il tutto si esaurisca o si attenui in un istante. Guardando ad esempio al nostro Paese, come possono i cittadini trovare credibili forze politiche che si presentano autonomamente alle elezioni Europee, quando in tutte le altre competizioni sono di fatto uniformate su due contrapposizioni spesso fondate sul nulla?”.

– E’ una tendenza pericolosa…

“Certamente. Alla lunga gli interessi rappresentati da poche élite non sono più in grado di contenere il malessere crescente. Le regole non sono più riconosciute, le istituzioni divengono impotenti e si ritorna al caos e alla legge del più forte. E’ la fine della democrazia e della libertà. Il presupposto per il successivo ritorno, dopo il caos, a totalitarismi che, a differenza del passato, sarebbero di portata globale”.

– Sempre nell’intervista del maggio scorso faceva riferimento al fatto che le forze sociali, sindacati in primis, si sarebbero fatte parte attiva nel sollecitare “il superamento e la rivisitazione delle forze politiche esistenti perché non più all’altezza delle grandi sfide che ci attendono“. Già negli anni scorsi abbiamo assistito ad imponenti manifestazioni in altri paesi Europei, mentre nel nostro Paese nelle scorse settimane CGIL e UIL hanno proclamato lo sciopero generale per il 29 novembre. Il leader della CGIL ha parlato addirittura di “rivolta sociale”.

“I sindacati sono tra gli ultimi presidi organizzati di democrazia e rappresentanza delle istanze sociali diffuse. Lo spirito profondo che animerà del 29 novembre non sarà da ricercare nella sola protesta contro una manovra finanziaria che riguarda il prossimo anno e che pure sarà ovviamente rappresentata dai promotori in primo piano. Dovrà essere interpretato il malessere profondo e diffuso come l’estremo tentativo di lanciare un segnale nella speranza che venga colto dalla politica e dalle istituzioni prima che sia troppo tardi”.

– Troppo tardi per cosa?

“Troppo tardi per porre rimedio alla mancanza di una visione entro cui gettare le basi per la costruzione di un modello sociale alternativo a quello esistente, che è fondato su una concezione “localistica e nazionale” che appartiene ad una società di fatto superata. Un modello che andava bene nel secolo scorso, ma che oggi genera indirettamente ingiustizie. Se non si interviene tempestivamente, si rischiano grandi conflitti e scontri sociali ingovernabili ed internazionali in un momento storico nel quale, contestualmente, vengono meno anche gli equilibri mondiali che, seppure non democraticamente rappresentativi, avevano garantito più di mezzo secolo di stabilità.
Bombardieri e Landini hanno consapevolezza della situazione e chiederanno forti segnali da parte della politica, delle forze politiche e delle istituzioni. Laddove il sistema dei partiti sarà sordo ed incapace, il sindacato si farà di fatto politica”
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– Quindi che cosa deve fare la politica?

“Deve rinnovarsi nel pensiero, deve riacquisire ragione d’esistenza nel perseguire una visione che vada oltre i confini nazionali e ponga una grande questione sociale che può essere affrontata almeno temporaneamente in un contesto quantomeno europeo, ma parte di un più ambizioso disegno da perseguire a livello mondiale”.

Prima faceva rifermento agli equilibri globali che, seppur non democratici, hanno garantito stabilità. Si riferisce al ruolo degli Stati Uniti?

“Certo. Gli Stati Uniti, pur non avendone una titolarità democraticamente acquisita, nel bene e nel male, condivisibile o meno, giusto o sbagliato, hanno di fatto garantito un equilibrio mondiale. L’elezione di Trump, non tanto nella persona ma nella tendenza sociale degli americani, segna un punto di svolta che non deve essere necessariamente vista come negativa. Al contrario deve essere colto un ulteriore sprone per accelerare nella costruzione di un nuovo equilibrio mondiale, del quale possono e devono essere protagonisti gli Stati Uniti d’Europa”.

– Guardando al nostro Paese, cosa ne pensa dell’esito delle recenti consultazioni regionali

“Il vero dato rilevante è la conferma della crescente e pericola astensione. Come accennavo in precedenza, la tendenza delle forze politiche ad uniformarsi in ragione dell’attuale “bipolarismo forzato” induce gli elettori che ancora non sono rassegnati a scegliere tra i due schieramenti principali e all’interno di questi a premiare la formazione che nel momento elettorale viene ritenuta quella prevalente. Tutto il resto è considerato ininfluente e la maggioranza degli aventi diritto anche a causa del sistema che rende utili di fatto solo i voti alle forze maggiori, che evidentemente non riconosce, rinuncia per rassegnazione”.

– Sempre nella precedente intervista, auspicava la nascita di una grande forza di ispirazione socialdemocratica per contribuire alla costruzione di “un mondo sempre più giusto, libero ed umano”. Ne è ancora convinto?

“Non era un auspicio, ma una certezza di realizzazione prossima frutto della necessità. Solo la giustizia sociale e l’emancipazione socio-economica e culturale sono i presupposti per una vera libertà degli uomini e quindi per una vera democrazia. Progredire significa proprio creare i presupposti affinché tutti gli uomini siano messi nelle condizioni di emanciparsi in base al proprio impegno e ai propri meriti, senza però lasciare indietro chi, pur volendo rendersi parte attiva, per disparate ragioni ne è impedito. Serve però una bussola per non correre il rischio di perseguire un concetto di progresso superato, puramente ideologico o che si discosta dai nostri intendimenti. C’è bisogno ovviamente di buon senso e di uso della ragione, ma più di ogni altra cosa c’è bisogno di una “luce” che illumini il giusto percorso da perseguire. Quella luce è un profondo e consapevole umanesimo socialista. Oggi progresso non può più significare ricerca de primum vivere, ma creare le condizioni affinché, in un domani prossimo, tutti gli uomini possano vivere dignitosamente e soprattutto liberi e con il tempo a disposizione per poter godere come meglio credono dei piaceri che la vita ci offre”.

– A suo parere, quali caratteristiche generali dovrebbe avere una formazione politica per essere ritenuta credile?

“Come accennavo in precedenza, dovrebbe presentarsi con un chiaro progetto da perseguire e non con la mera ricerca di un consenso fine a se stesso o contro qualcun altro. Dovrebbe possedere una chiara visione sovranazionale da perseguire anche con la costruzione di un movimento o partito che superi i confini dei singoli stati da subito, perlomeno a livello europeo. Una forza politica che sappia “battere i pugni” quando serve ma anche sedersi al tavolo, dialogare e trovare momenti di confronto e di incontro sulla base di ciò ritiene più proficuo per la realizzazione del proprio progetto politico e per il governo del presente. Non possono essere il vincolo di una legge elettorale o l’appartenenza ad uno schieramento “virtuale” e spesso fondato sul nulla ad impedire ad una forza politica di incontrarsi con un’altra perché su una determinata questione più o meno rilevante si può avere una posizione comune”.

– Se volessimo fare degli esempi pratici?

“Ad esempio sull’immigrazione non si possono proporre “muri” che prima poi cadrebbero, ma al contempo non si può chiedere che tutto d’un tratto i paesi ospitanti cambino le loro regole, i loro usi e i loro costumi. Non ci si può limitare a definire “comunista” chi vuole affrontare in modo serio il tema dell’immigrazione riconoscendo rispetto e diritti a chi vuole integrarsi ma non si può neppure accettare che tutti coloro che pongono dubbi e perplessità vengano etichettati come razzisti. C’è bisogno di buon senso, rispetto e confronto anche sulle posizioni differenti. Diversamente si rischia sull’immigrazione, ma anche su tanti altri temi che riguardano ad esempio i nuovi diritti civili, di trasformare chi oggi rappresenta una minoranza ed è discriminato e che al contrario deve essere rispettato in colui che discrimina la maggioranza perché non la pensa come vorrebbe”.

– Per essere pratici, ritiene che questi presupposti siano individuabili in una della attuali formazioni politiche?

“Come dicevo prima, non in quelle esistite negli ultimi decenni. Ma già nei prossimi mesi potrebbero esserci delle sorprese: nuove formazioni politiche e vecchie formazioni che provano a mettersi in discussione e a rimettersi in gioco. In quel contesto, potranno essere spese le energie di chi vuole contribuire al vero progresso e al cambiamento in meglio per il futuro. Lì potranno trovare rappresentanza le ragioni del manifesto XGLU.IT e di tutti coloro che ne hanno condiviso il merito”.

– Il primo segnale significativo?

“E’ quello che si percepirà in occasione e del 29 novembre, non come risposta alla manovra di bilancio quanto alla profonda e diffusa percezione di assenza della Politica, di formazioni politiche e di istituzioni all’altezza delle grandi sfide che ci attendono.
Per vincere la sfida c’è bisogno di saper immaginare e proporre il futuro: un nuovo sogno realizzabile che sconfigga la rassegnazione”
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FONTE: www.notiziegeopolitiche.net